Loro l'hanno vista così
(Messaggero Veneto, 22 aprile 2009, pag. 14)
UDINE. Pubblico variegato e numerosissimo, l’altra sera al Teatro Nuovo per l’attesissimo concerto di Barbara Hendricks, soprano di matrice classica, qui però in veste di vocalist e del Magnus Lindgren Quartet, con Magnus Lindgren al sassofono, flauto e clarinetto, Mathias Algotsson al pianoforte, Fredrik Jonsson al contrabbasso e Jonas Holgersson alla batteria. Il programma della serata, Billie’s Blue s, è un omaggio alla mitica e sfortunata, cantante jazz Billie Holiday. Dopo la consueta richiesta di spegnere i cellulari, nella sala cala il buio, rotto, a un certo punto, dal suono del sassofono di Lindgren. Pian piano il palco s’illumina e si aggiungono al sassofono, via via, il contrabbasso, la batteria e il pianoforte. Contemporaneamente, le luci salgono illuminando gli strumentisti in scena fra i fumi e il rosso-verde del fondale. Molto suggestivo. Dopo questa applaudita introduzione strumentale, entra in scena Barbara Hendricks, che presenta uno ad uno i componenti del quartetto che l’accompagna e attacca con la celebre Lady sing the blues . La voce della Hendricks è levigata, liscia, abbagliante nella sua magnificenza, perfetta. Il Magnus Lindgren Quartet è formato da strumentisti di prim’ordine. Magnus duetta con Barbara con grandissima intensità espressiva, ma tutto il complesso, comunque, appare fin dalle prime battute come un meccanismo perfettamente oliato, tanto che basta solo un’occhiata fra i suoi componenti per modulare diversamente l’intenzione musicale. Il concerto prosegue con brani celebri e meno celebri, con un pubblico in ogni momento partecipe dell’evento che in più di un’occasione tiene il tempo battendo le mani. La voce della Hendricks è la grande protagonista della serata e, anche se a volte manca l’estro improvvisativo di un’autentica cantante jazz, si integra alla perfezione con gli ammirevoli strumentisti che si alternano al suo fianco. Lindgren è un polistrumentista di grande tecnica al sax, al clarinetto (applauditissima la sua performance in Down the Blues ) ed al flauto (splendido in God bless the child ), e dotato di una capacità improvvisativa assolutamente unica. Parimenti, non si può fare a meno di ammirare Mathias Algotsson, pianista di grande caratura tecnica, musicale ed espressiva. Grande reggitore armonico delle evoluzioni solistiche dei suoi colleghi, Algotsson c’è sempre, senza farsi notare, ma quando è il momento di fare la propria parte come solista, non può che suscitare ammirazione come in Almond blues per piano solo o in I love my man in coppia con la Hendricks. Il bassista Fredrik Jonsson è dotato di mezzi tecnici fuori dalla norma, i suoi soli suscitano stupore e ammirazione nel pubblico udinese, che lo applaude ripetutamente, e il batterista Jonas Holgersson, vero motore ritmico della compagine svedese, è capace di numeri di alta classe che esaltano gli ascoltatori. Una bellissima esecuzione di un’aria tratta dal’opera Porgy and Bess di Gershwin conclude il concerto e l’entusiasmo del pubblico è tale che gli strumentisti devono concedere ben due bis con Summertime e Les feulles mortes di Prévert musicato da Joseph Cosma. Sergio Zolli

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