martedì 21 aprile 2009

RASSEGNA STAMPA: MESSAGGERO VENETO


Dopo Tremonti, pure gli industriali sono fiduciosi sul futuro dell’economia e invitano il governo a sostenere chi investe con sgravi fiscali
Un altro lunedì nero sui mercati le Borse Ue bruciano 133 miliardi
Pesante calo a Piazza Affari: -3,8%
Rilevata l’inversione di tendenza per fatturato e ordini.
Emma Marcegaglia prevede la ripresa già da luglio
Segnali positivi anche dall’Ocse: ma il vero cambiamento avverrà solo nel 2010
CREMONA. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha l’impressione che il peggio della crisi sia alle spalle e ritiene che, sulla base dei dati del centro studi di Viale dell’Astronomia, a luglio dovrebbe esserci un’inversione di tendenza. «L’impressione – ha detto la Marcegaglia a margine dell’assemblea degli industriali di Cremona – è che sia a livello mondiale sia italiano ci siano alcuni segnali che il peggio l’abbiamo visto: non c’è più la caduta continua degli ordini e del fatturato».
Per il presidente di Confindustria «il problema adesso è capire in quanto tempo torneremo alla crescita e probabilmente avremo ancora qualche mese difficile. Il nostro centro studi ritiene che nella seconda parte dell’anno, da luglio, ci possa essere qualche inversione di tendenza».Concetti che Marcegaglia ha ripreso più tardi parlando a Vicenza, a margine dell’assemblea degli industriali berici. «Dalla crisi non siamo ancora fuori - ha detto -, ma abbiamo la sensazione che il peggio si sia visto». «Ci Sono alcuni dati che lo indicano - ha aggiunto - per esempio in Cina è ripresa la produzione industriale. Ci sono alcuni indici di fiducia negli Stati Uniti che stanno migliorando. Anche il dato sulle esportazioni in Italia a febbraio ha fatto il 3,5%». Per l’imprenditrice «qualche segnale debole c’è, ma - ha proseguito - non possiamo certo dire che siamo fuori da questa enorme e fortissima recessione. Abbiamo la sensazione che il peggio si sia visto e che a partire dalla seconda metà dell’anno ci possa essere qualche miglioramento. Sono ancora segnali deboli che stiamo cercando di valutare».Nell’ottica del superamento della crisi il problema, secondo Emma Marcegaglia, «non è comunque dire se riprenderemo tra qualche mese o un anno. Serve piuttosto fare in modo - ha detto - che il credito arrivi assolutamente alle piccole e medie imprese, e supportare con gli ammortizzatori sociali chi rischia il posto di lavoro. Chiederò uno sgravio fiscale per chi decide di aumentare il capitale delle proprie imprese e per chi vuole continuare a investire». «Chiederemo inoltre - ha concluso - che si vada veramente a tagliare la spesa pubblica improduttiva, gli enti inutili, e tutti i balzelli che fanno sì che per i lavoratori, i cittadini, e le imprese, i costi siano troppo alti».Ottimismo arriva anche dall’Ocse: «Il 2009 sarà un anno duro, l’economia mondiale non ha ancora toccato il fondo e la ripresa si comincerà a vedere solo alla fine del 2010». Lo sostiene il numero uno dell’Ocse, Angel Gurria, secondo il quale i pacchetti di stimolo dei governi cominciano a mostrare i loro frutti, anche se potrebbero essere necessari altri aiuti per far ripartire l’economia globale.

La crisi 800 posti a rischio tra Martignacco e Precenicco
Respinta l’ipotesi di ricorrere alla Cig solo per i friulani Ciriani in missione a Roma
Chi pensava che lo strappo tra le rappresentanze sindacali friulane e venete avrebbe “costretto” i lavoratori ad accettare la Cig per salvare lo stabilimento di Precenicco dove l’azienda è disposta a mantenere un’ottantina di persone, si sbagliava. Ieri, infastiditi, ma determinati, gli operai hanno ribadito che la crisi non può ricadere solo sui friulani. Ecco perché hanno preferito attendere l’esito del tavolo nazionale per definire la contromossa da sottoporre, il 29 aprile, al vertice aziendale. Domani, infatti, l’assessore alle Attività produttive, Luca Ciriani, volerà a Roma per incontrare il capo di gabinetto del ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola. In quell’occasione potrebbe essere fissata la convocazione del tavolo per i prossimi giorni, prima del 29 aprile. Giovedì, invece, l’interrogazione presentata dai senatori friulani sulla tutela del made in Italy e sullo stato di crisi della Safilo riceverà una risposta a palazzo Madama.Parallelamente, al suo interno la Cgil porterà avanti il tentativo di ricucire lo strappo con i colleghi veneti. Non a caso venerdì un rappresentante nazionale della Filtea-Cgil sarà a Mestre per incontrare entrambe le delegazioni.L’obiettivo è sollecitare l’impegno della politica regionale e nazionale per chiedere al gruppo Safilo di non chiudere gli stabilimenti in Friuli. Questa la linea comune emersa dalle assemblee riunite a Martignacco e Precenicco nel corso delle quali Roberto Di Lenardo (Cgil), Augusto Salvador (Cisl) e Luigi Oddo (Uil) hanno ribadito che «le rassicurazioni giunte sugli ammortizzatori sociali sono importanti, ma ora serve un piano industriale per garantire l’occupazione quando inizierà la ripresa economica. E questo piano – hanno aggiunto – ancora non si vede».I presìdi, quindi, davanti alle fabbriche Safilo proseguiranno anche nei prossimi giorni. Sia a Martignacco che a Precenicco resta la preoccupazione. Sotto quelle tende qualcuno, per mantenere alta l’attenzione, vorrebbe attuare azioni di protesta più forti, altri sono più rassegnati e pensano come affrontare un futuro alquanto incerto. Tutti vogliono salvare i circa 800 posti di lavoro messi a rischio da un piano di ristrutturazione che prevede la chiusura dello stabilimento di Precenicco e il ridimensionamento di quello di Martignacco.

Commissionato lo studio all’università di Udine Il riferimento sarà l’Austria

TRIESTE. Sarà presto l’Austria, e non più la Slovenia, il riferimento per lo sconto sul prezzo dei carburanti in Friuli Venezia Giulia. Lo ha annunciato l’assessore regionale alle Finanze, Sandra Savino, alla quarta commissione del consiglio regionale. La modifica comporterà una revisione della fasce: in prima linea ci sarà Tarvisio e non più Trieste. Inoltre, potrebbe essere in arrivo anche la “gas card”.
Novità anche sul fronte dei rimborsi: la Giunta Tondo valuterà l’istituzione di una “gas card” per evitare il rimborso della Regione ai gestori a favore di un’erogazione diretta agli automobilisti. Le novità sono state annunciate ieri in quarta commissione consiliare, impegnata nell’esame della disegno di legge che recepisce le norme comunitarie.Soddisfatto il consigliere Roberto Asquini (Misto), “padre” della legge sulla benzina regionale scontata, che ha sollecitato l’assessore sull’argomento: «La revisione delle fasce è un’obbligo di legge. Si prende atto di proposte da me avanzate da tempo». La modifica del sistema delle fasce risponde, infatti, a una precisa disposizione della legge regionale. Il meccanismo della riduzione del prezzo alla pompa assicura che il prezzo non sia inferiore a quello dello Stato confinante in cui è praticato il prezzo minore.Inoltre, la legge prevede che il prezzo sia ridotto al diminuire della distanza chilometrica, calcolata lungo la rete viaria pubblica, della sede municipale del Comune di residenza dei cittadini dal valico confinario praticabile più prossimo rispetto allo stesso Stato confinante. Poiché il prezzo di benzina e gasolio in Slovenia è quasi uguale a quello in Italia, lo sconto si azzera. E visto che in Austria i carburanti si acquistano a un prezzo inferiore rispetto alla Slovenia (Verde 0,96 circa e gasolio 0,92 contro 0,99 e 0,99), c’è la necessità di rivedere il sistema.Ecco allora che l’assessore ha annunciato l’intenzione «di portare a breve all’attenzione della Giunta regionale una delibera per la realizzazione di uno studio di fattibilità, da affidare con ogni probabilità all’Università di Udine, finalizzato alla riparametrazione delle fasce, prendendo come riferimento l’Austria».Savino ha anche annunciato l’interesse, d’accordo con l’assessore regionale alle Attività produttive, Luca Ciriani, competente per materia, all’ipotesi della realizzazione di una “gas card” che consenta di evitare il rimborso della Regione ai gestori – oggi sotto la lente d’ingrandimento dell’Unione europea - e lo eroghi direttamente agli automobilisti.Secondo Asquini, «passando a un sistema basato sul co-pagamento dei carburanti acquistati in regione, sarebbe possibile alzare leggermente il contributo per i residenti in certe aree della regione, ottenendo il risultato atteso da tutti, senza particolari problemi e alcuna autorizzazione». Complessivamente, per Asquini si tratta di due indirizzi – la revisione delle fasce e la “gas card” – «giusta e condivisibili». «Così si ottempera a una disposizione di legge ma non solo – ha detto – ma si risponde a una platea di centinaia di migliaia di utenti che usufruiscono della tessere di sconto».Sonia Sicco
di BIJAN ZARMANDILI
GINEVRA. Dopo la seconda guerra mondiale furono inviati «migranti dall’Europa e dagli Usa per creare un governo razzista nella Palestina occupata, il regime più crudele e razzista del mondo». La Conferenza ginevrina su razzismo e xenofobia (Durban 2), promossa dall’Onu, si è gelata ieri quando il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha chiamato in causa lo Stato d’Israele, pur senza nominarlo.
Mahmud Ahmadinejad ha aggiunto che gli alleati sono ricorsi «all’aggressione militare per privare della terra un’intera nazione con il pretesto della sofferenza degli ebrei».Alle parole di Ahmadinejad c’è stato un istante di silenzio agoscioso e subito dopo è scattata la indignata reazione degli europei che hanno lasciato la sala. Anche il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon è apparso turbato e più tardi in una nota ha deplorato gli attacchi del presidente iraniano contro Israele. Che Ahmadinejad avesse ripreso in occasione di Durban 2 le sue invettive contro Israele era cosa risaputa, anche perchè al suo arrivo a Ginevra e nel corso di un colloquio con il presidente elvetico Rudolf Merz aveva già definito Israele «la più orribile manifestazione del razzismo». Ma il segretario dell’Onu Ban Ki-moon aveva sperato in un linguaggio più moderato dal palco dopo che all’apertura dei lavori aveva inserito l’islamofobia nell’elenco delle nuove forme di razzismo: «Il razzismo non è scomparso, può essere istituzionalizzato, come l’Olocausto. Ma può anche esprimersi in modo meno ufficiale, sotto forma di odio verso alcune classi o persone particolari come l’antisemitismo, o per esempio, la nuova islamofobia».Il segretario dell’Onu ha anche espresso «profondo dispiacere per la decisione di alcuni paesi di rimanere fuori», riferendosi agli Usa, a Israele, all’Italia, alla Germania, alla Polonia, all’Austria, al Canada, all’Olanda e alla Nuova Zelanda che hanno disertato la Conferenza nel timore che potesse trasformarsi in un processo a Israele. Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha annunciato delle misure «estremamente ferme» contro «gli appelli all’odio» lanciati dall’Iran. Israele, dopo l’incontro tra il presidente iraniano e quello elvetico ha richiamto il suo ambasciatore per "l’atteggiamento lassista della Svizzera nei confronti dell’Iran». Ahmadinejad a Durban 2 ha ricevuto dure critiche dai paesi occidentali e contestazioni da un gruppo di tre ragazzi ebrei francesi vestiti da clown che gli hanno gridato «razzista» e hanno lanciato contro di lui un finto naso rosso. Ma ha avuto anche manifestazioni di consenso da parte dei paesi non occidentali. In particolare quando ha accusato «gli stati occidentali di essere rimasti in silenzio di fronte ai crimini commessi da Israele a Gaza». Applausi anche quando Ahmadinejad ha sottolineato le resposabilità degli Stati Uniti nello scatenare la crisi economica mondiale. Una posizione diversa anche da parte della Santa sede con monsignor Silvano Tomasi, che pur definendo le parole di Ahmadinejad «estremiste e inaccettabili» ha però detto che la libertà d’espressione deve essere garantita ed ha notato che il presidente iraniano non si è espresso contro l’Olocausto. Più tardi, Ahmadinejad si è recato in un’altra sala per incontrare i giornalisti e ha usato altri toni: «Accolgo il nuovo approccio dell’Amministrazione americana nei confronti dell’Iran». Ora l’Iran attende «segnali concreti» da parte di Obama, a cui ha indirizzato un messaggio: «Con tutta franchezza dico no all’arma nucleare, s’ all’energia nucleare», ha poi precisato il presidente iraniano sulla controversa questione dell’armamento nucleare iraniano. Per l’Iran «la questione del nucleare è un dossier chiuso... Noi abbiamo firmato la convenzione dell’Aja e intendiamo ricavarne dei vantaggi». Per Ahamadinejad la «giustizia deve essere uguale per tutti: se l’energia nucleare è utilizzata bene che sia a disposizione di tutti, quando è cattiva che sia proibita a tutti».
ROMA. La Juventus dovrà giocare una partita a porte chiuse. Il giudice sportivo Giampaolo Tosel ha punito severamente il comportamento da censura dei tifosi juventini che sabato sera, nel corso della partita tra bianconeri e Inter, hanno preso di mira l’attaccante nerazzurro Balotelli con insulti razzisti. La Juventus, quindi, sarà costretta a giocare senza pubblico la partita di domenica 3 maggio contro il Lecce. Nel dispositivo della sentenza, si legge che Balotelli è stato fischiato e insultato «in molteplici occasioni» e ai cori razzisti hanno partecipato «vari settori dello stadio». Quindi non soltanto le curve e gli ultras più accesi, ma un atto al quale ha partecipato più o meno la maggioranza dello stadio. Ma il club bianconero non ci sta e ha già annunciato che presenterà ricorso.
L’episodio dell’Olimpico con molta probabilità porterà la Federcalcio, già nel prossimo consiglio federale, a rivedere l’articolo 62 delle norme del regolamento interno che al momento prevede che il responsabile dell’ordine pubblico, d’accordo con l’arbitro possa interrompere la partita solo se vengono esposti striscioni offensivi. La modifica a cui starebbe pensando la Figc è relativa all’inserimento di una clausola che prevede la possibilità di interrompere un incontro anche nel caso in cui dagli spalti provenissero cori razzisti.A spiegarlo è stato il presidente della Figc, Giancarlo Abete, nel corso di una conferenza stampa incentrata proprio per fare chiarezza sul caso Balotelli. «Il nostro regolamento non è più morbido di altri, ma è in linea con l’indirizzo politico di Fifa e Uefa di forte contrasto ai fenomeni di discriminazione razziale».Sull’episodio di sabato e la decisione del giudice sportivo è intervenuto anche il presidente della Lega Calcio Antonio Matarrese. «C’è stata una fortissima reazione da parte di media e opinione pubblica. Stavolta la cosa non passerà inosservata. Dobbiamo vergognarci tutti di quanto accaduto», ha detto Matarrese secondo cui quanto accaduto a Torino «non è stato un atto di civiltà e nemmeno un buon segnale. Negli stadi si scimmiotta: c’è chi vuol fare del male e chi invece si adegua». Secondo il presidente della Lega quando avvengono questi episodi, forze dell’ordine e giocatori «devono dare una mano all’arbitro». A livello di istituzioni, ha aggiunto, «siamo d’accordo che ci si fermi per decidere il da farsi». Infine, una parola su Moratti che, ha spiegato Matarrese, «voleva le scuse della Figc e le scuse ci sono, comprese quelle della Juve che è toccata da questo episodio, nessuno ha goduto».Gli altri provvedimenti. Il giudice sportivo ha squalificato per un turno: Ariatti (Lecce), Tiago (Juventus), Volpi (Bologna), Amoruso (Siena), Barreto e Costa (Reggina), Cannavaro (Napoli), Mascara (Catania) e Mauri (Lazio). La Procura Federale ha segnalato il comportamento di Vargas (Fiorentina) nei confronti dell’udinese Obodo ma il giudice ha deciso di non prendere provvedimenti, dato che il quarto uomo aveva visto quanto accaduto e ha segnalato all’arbitro di non prendere provvedimenti. Nessuna segnalazione dalla Procura federale, invece, per quanto riguarda Baptista (Roma), dato che quella del brasiliano non è stata considerata una «simulazione evidente», punibile quindi con la prova televisiva.

GIUSTIZIA SPORTIVA
EDUCARE ALLA CIVILTA’ di MINO FUCCILLO
Calcio e razzismo
«Negro di m...», choc da stadio. Gridato e cantato in corale e partecipata convinzione da curva e tribuna, «negro di m...» allo stadio ha scosso i giornali il giorno dopo, un po’ meno le tv in diretta. Come non mai ha scosso la giustizia sportiva.Squalifica immediata per una giornata dello stadio della Juventus. E perfino ha scosso il governo del calcio: studieranno come sospendere le partite dove il grido di massa si leva. Finora si levavano, in teoria e non sempre, solo gli striscioni con sopra vergata l’offesa. Tutti scossi dunque, a partire dal presidente dell’Inter, Massimo Moratti: «È come se ci fossimo abituati al razzismo». Una scoperta choc, appunto, nella sera di Juve-Inter. Che scoperta però non è. E anche lo shock è solo epidermico e tutt’altro che profondo. «Negro di m...», ora finalmente punito allo stadio, si può invece sibilare, pensare, pronunciare liberamente in strada, sul bus, nei quartieri, al mercato. Senza che nessuno squalifichi questi “campi” o sospenda queste “relazioni” sociali. Ci siamo abituati al razzismo e da tempo. Balotelli, il giocatore interista verbalmente linciato, è in fondo una vittima privilegiata: qualcuno qualcosa pagherà nel suo caso. Negli altri dieci, cento, mille quotidiani «negro di m...» che il paese pronuncia, fischietta, intona ogni giorno non c’è né sanzione né riprovazione di massa. Il tragicomico della storia è il pretendere che lo stadio, luogo da tempo abbandonato alle subculture dominanti, sia razzismo-free, mentre ogni altro luogo sociale ne è intriso e colonizzato.Non solo gli ultras, la gente perbene della tribuna e del portafoglio lo cantavano. E i giocatori e l’arbitro e l’addetto alla sicurezza non erano sordi. Non approvavano, ma lo sentono cantare, il motivo senza le parole, nella politica. Strillato nella cronaca, sillabato al bar. Quindi non hanno sospeso un bel niente, pensando: si sospende la vita normale anche se brutta? Per sospendere davvero serve smetterla di dire che non è razzismo ma... Serve smetterla di giustificare (comprendere è altro dal giustificare) il razzismo con la violenza urbana degli immigrati. Vasto programma, ci vorrebbero un’idea e un’abitudine di civiltà cui però, appena si muovono, viene perennemente fischiato il fuorigioco. Non allo stadio, magari fosse solo lì.

Udine Sono assistite dai servizi di neuropsichiatria del Gervasutta
Cresce il numero delle giovani affette da disturbi alimentari
di PAOLA LENARDUZZI
Cresce il numero delle giovanissime in cura per disturbi del comportamento alimentare, anoressia in primis. Un’ottantina vengono seguite dai servizi di neuropsichiatria infantile del Gervasutta. E di fronte a situazioni particolarmente angoscianti che costringono a rivolgersi a strutture specifiche per il ricovero, i genitori rilanciano un accorato appello alle istituzioni perchè si apra anche nella nostra regione un centro residenziale ad hoc.
A ribadire la richiesta, già avanzata in maniera circostanziata nel corso di un incontro con l’assessore alla sanità Vladimir Kosic, è l’associazione Adolescenti senza zucchero.«Abbiamo incontrato l’assessore già qualche mese fa – spiega il presidente del sodalizio, Alessandro Guglielmotti – prospettandogli la drammatica situazione di tante famiglie con i figli affetti da disturbi del comportamento alimentare costretti a farli ricoverare lontano da casa: oltre a strutture private del Veneto, di recente diverse friulane hanno dovuto essere ricoverate in strutture sanitarie dell’Umbria e dell’Emilia Romagna. Un ricovero che significa disagi non da poco per tutta la famiglia, non soltanto sotto il profilo economico».Kosic avrebbe dovuto incontrare i genitori interessati lo scorso febbraio, «e in quell’occasione – precisa Guglielmotti – si sarebbe potuto ragionare sulla trasformazione in residenziale del centro ambulatoriale di San Vito al Tagliamento. Ma nonostante le pressioni, non c’è stato alcun nuovo appuntamento e la nostra preoccupazione comprensibilmente cresce».Come accennato, al Gervasutta, al servizio di Neuropsichiatria per l’infanzia e l’adolescenza, fanno riferimento attualmente ottanta minorenni per problemi legati a disordini alimentari. «Tra queste i maschi sono soltanto due e l’età di incidenza della patologia si abbassa progressivamente», fa sapere la responsabile del servizio, Silvana Cremaschi. Anche le psicologhe che seguono le giovani in terapia concordano con la necessità di un punto di riferimento residenziale o semiresidenziale. Nel frattempo, al primo piano della palazzina dell’istituto di medicina riabilitativa è stata attrezzata una stanza apposita per poter seguire le giovani pazienti nei pasti assistiti da psicologa e dietologa. La presa in carico è gestita con il reparto di nutrizione clinica dell’ospedale, oppure con la Pediatria (dove si effettuano alcuni ricoveri per i casi più critici) per le pazienti al di sotto dei 16 anni. Al Gervasutta la patologia viene affrontata attraverso un duplice programma di interventi: somatici e psicologici. oltre che colloqui individuali, sono previsti incontri di gruppo con le interessate e, contemporaneamente con i genitori. «Si effettua una rielaborazione degli stili di vita delle ragazze – spiega la Cremaschi – per capire le loro scelte e al termine di ogni incontro ciascuno ha il compito di scrivere una frase che sintetizzi la propria idea di corpo, di famiglia, di fragilità, di sofferenza, di cibo». Il tutto viene poi messo a confronto ed elaborato in un incontro finale tra le due generazioni.

LE ACCUSE DI TEHERAN
La conferenza Onu sul razzismo, la cosiddetta Durban 2, si apre, prevedibilmente, tra le polemiche. Il discorso di Ahmadinejad, che occupa la scena e definisce, sia pure non nominandolo, quello di Israele come un «governo razzista», esacerba il clima già teso del summit ginevrino. Consapevoli che la tribuna svizzera avrebbe offerto occasione al presidente iraniano di ribadire le sue tesi revisioniste sull’Olocausto e sull’equiparazione del sionismo al razzismo, Stati Uniti, Italia e Germania avevano già preventivamente abbandonato la scena. Temevano, com’è accaduto, che Ginevra diventasse occasione per l’Iran di stigmatizzare pesantemente Israele.Stato di Israele già messo sotto accusa per razzismo e violazione dei diritti umani nei confronti dei palestinesi al summit sudafricano del 2001 di Durban.Pur essendo riusciti a modificare il documento finale della conferenza su punti assai delicati, come il tentativo dei paesi islamici di relativizzare la Shoah o di impedire, di fatto, la critica alle religione, i “boicottatori” non avevano gradito però il riferimento del testo alla passata conferenza. Rinvio che, seppure implicitamente, ribadiva le accuse a Israele.Gran Bretagna e Francia, particolarmente sensibili alla messa al bando di forme di razzismo, come la crescente islamofobia, che rischiano di incendiare le loro società multietniche, hanno comunque deciso di partecipare alla conferenza. Così come il Vaticano, che nel summit vede l’occasione per ribadire il suo ruolo di ponte tra Occidente e mondo islamico e di tutore delle minoranze cristiane al suo interno; oltre che di affermare la necessità di far fronte, assieme alle altre religioni, a quella che Papa Ratzinger avverte sempre più come l’aggressione del mondo secolare nei loro confronti. Dopo il duro attacco di Ahmadinejad, i delegati dei paesi europei hanno lasciato la sala, ricomponendo momentaneamente la frattura che ha spaccato l’Unione. Mostrando, però, quella tra Occidente e mondo islamico, e non solo, su Israele. Non è un caso che le parole del presidente iraniano siano state salutate dagli applausi della platea quando ha accusato gli Stati occidentali di essere rimasti in silenzio di fronte ai «crimini commessi da Israele a Gaza».Ahmadinejad, che da tempo persegue l’unità con le «forze antimperialiste», vedi l’intesa con il venezuelano Chavez, ha suscitato consenso anche quando ha sollevato il problema del metodo di lavoro delle organizzazioni internazionali e quando ha parlato della crisi economica mondiale come un prodotto essenzialmente americano. Anche se il presidente ex pasdaran, ai margini del vertice, ha cercato di non chiudere la porta in faccia all’amministrazione Obama: in particolare sulla questione del nucleare. Tema sul quale ha polemicamente ribadito che la giustizia deve essere uguale per tutti. Sottolineando implicitamente in tal modo il doppio standard occidentale, che penalizza un paese come l’Iran, che pure ha aderito al Trattato di non proliferazione, mentre tace su Israele, che pure quel trattato non ha sottoscritto e ufficialmente non risulta come potenza nucleare militare.Un atteggiamento, quello del leader iraniano, che amplifica la storica posizione del regime degli ayatollah su Israele. E che mira insieme a sottrarre legittimità ai paesi arabi sunniti filoccidentali, alleati dell’America protettrice dello Stato ebraico, e a mobilitare all’interno, tanto più in prospettiva della campagna elettorale di giugno, i settori della società iraniana più ostili al “Piccolo Satana”. Anche se il tenore delle ultime mosse di Ahmadinejad, dure polemiche e caute aperture, rivela come nel caso di rielezione egli si candidi a gestire lo scenario lasciato intravedere da Obama con la sua politica della mano tesa verso Teheran. Attaccando duramente Israele, Ahmadinejad sembra presentarsi a quanti in Iran temono un cedimento del regime nei confronti dell’Occidente come l’autentico baluardo della Rivoluzione islamica, l’unico leader in grado di gestire, senza abdicare, un simile compromesso.
NEPAL
Nives Meroi cambia obiettivo
TARVISIO. Prima lo sciopero che bloccava la strada verso il Kangchenjunga, poi il maltempo e i crolli di seracchi all'Annapurna. È sempre più complessa la nuova spedizione alpinistica di Nives Meroi, la scalatrice tarvisiana che punta a diventare la prima donna al mondo ad aver scalato tutti i 14 Ottomila della Terra.Giunta a marzo con il marito - compagno di cordata Romano Benet in Nepal, ha prima cercato di dirigersi verso il Kangchenjunga, una delle tre montagne che le mancano per completare l'ambita collezione, ma uno sciopero dei maoisti che bloccavano tutte le strade di accesso alla montagna le ha impedito di trasferire i materiali al campo base. Da questo contrattempo imprevisto la decisione di spostarsi all'Annapurna dove, però, la coppia di alpinisti friulani ha trovato una montagna in pessime condizioni, con continui crolli di seracchi e crepacci ovunque. E, dopo giorni in attesa di condizioni meteo migliori che non arrivavano, è maturata la scelta di ritornare sui propri passi e di spostarsi verso il campo base del Kangchenjunga per puntare alla vetta di 8.586 metri.Una scalata che, però, inizierà non prima di due settimane, quindi, a maggio.Per il Kangchenjunga Nives Meroi e Romano Benet partiranno questa mattina, fa sapere Leila Meroi, la sorella di Nives che tiene i collegamenti telefonici con gli alpinisti. «Purtroppo - dice Leila Meroi - le condizioni della parete sud dell'Annapurna si sono rivelate troppo pericolose. I continui crolli di seracchi e i crepacci che si stanno aprendo a vista d'occhio hanno messo in condizione i due forti alpinisti di darsela letteralmente a gambe: il 18 aprile hanno raggiunto il deposito di materiale a 5600 metri di quota, trovandolo a stento in un paesaggio che nel giro di pochi giorni si era completamente trasformato. Non hanno neppure trascorso lì la notte, alto com'era il rischio di crolli, tornando immediatamente alla base della seraccata. La decisione di desistere è stata dunque, stata immediata. Inutile infastidire ulteriormente l'Annapurna, la Dea dell'Abbondanza». Così Nives e Romano hanno deciso di cambiare nuovamente meta e ritornare all'obiettivo originario, al Kangchenjunga, ove dovrebbero arrivare - dopo il trekking di avvicinamento a piedi - fra circa una quindicina di giorni. Giancarlo Martina

Udine L’ira di Giacomini: altro che proteste, rispettino i divieti.
L’idea di Di Sopra: mandiamoli in castello
Il vicesindaco Martines: nuova bozza di regolamento entro questa settimana
di LUANA DE FRANCISCO
Stop alle proteste di residenti, baristi e giovani. A riportare la pace, nelle notti musicali udinesi, ci penserà il Comune, con il regolamento sull’allietamento nei locali che entro la fine della settimana l’assessore alle Attività economiche Vincenzo Martines presenterà al sindaco Furio Honsell. «Una formula – promette – in grado di fare della nostra città un modello esportabile nel resto d’Italia».
Dei contenuti della bozza, che regolerà la gestione della musica dentro e fuori i locali e nelle zone residenziali e non, Martines preferisce non parlare ancora. Ma della sua efficacia pare non avere dubbi. «Ho studiato una formula in grado di accontentare tutti – dice l’assessore –: proporremo una sorta di patto tra esercenti e residenti del centro storico. Oggigiorno, si sa, un locale senza musica è meno attraente di quelli dotati invece di casse acustiche e magari anche di dj. Ma l’intrattenimento non deve trasformarsi in disturbo per chi, vicino a questo o a quel bar, ci abita. Inoltre – aggiunge – la giurisprudenza degli ultimi anni si sta dimostrando sempre più attenta alle esigenze dei residenti».Come dire che, con le nuove regole in arrivo, palazzo D’Aronco intende porre fine alle lamentele dei cittadini che da tempo si lamentano per il disturbo arrecato da toni musicali troppo elevati. «Dopo averla presentata al sindaco e averne raccolto le proposte – afferma ancora Martines –, la bozza di regolamento dovrà passare il vaglio delle categorie economiche e, infine, approdare in Consiglio comunale. Una volta adottato, poi, non è detto che non si possa partire con un periodo di prova». In città, al momento, i locali sono tenuti a interrompere la musica all’una e i limiti di rumore consentiti sono stabiliti da parametri dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. «A Udine – conclude Martines – la stragrande maggioranza degli esercenti si è sempre comportata bene. Se uno o due locali vengono chiusi, evidentemente esistevano gli estremi per farlo. Nel caso del Barcollo, la colpa non mi pare sia dell’ultimo gestore, visto che le proteste risalgono a molto tempo prima. Comunque sia, sarà la magistratura a dire se e quando riaprirlo». Nè, secondo il vicesindaco, è il Barcollo il vero oggetto della manifestazione di protesta organizzata da numerosi giovani sabato scorso, in via Mercatovecchio. «Mi sembra – osserva Martines – che l’occasione sia valsa per sollevare anche le questioni dell’allietamento nei locali, che appunto sarà presto regolamentato, e del bisogno di spazi di aggregazione, che non necessariamente devono essere i bar e di cui dovremo occuparci quanto prima». Qualcosa, per la verità, il Comune ha già cominciato a farla.«Il problema esiste – afferma Kristian Franzil, assessore alle Politiche giovanili – e, proprio per questo, già la precedente Giunta aveva predisposto un piano per la gestione dell’ex macello. Un piano – aggiunge – che non è escluso possa essere rivisto e modificato». In attesa di disporre delle sale che saranno ricavate nella struttura di via Sabbadini (la conclusione dei lavori è prevista per il 2012), palazzo D’Aronco ha comunque dato forma a tutta una serie di iniziative indirizzate ai giovani. Tra quelle in cantiere, Franzil ricorda la richiesta inoltrata al ministero degli Interni per organizzare a settembre una Notte bianca per i giovani e l’integrazione, la serata di musica dedicata alla creatività e alle lingue minoritarie in programma il mese prossimo e l’invito rivolto a uno dei dj più famosi di Ibiza a partecipare a un evento che, quest’estate, si terrà in piscina. «Oltre a promuovere iniziative a favore dei ragazzi – spiega Franzil –, la nostra ambizione è di favorire la libera espressione dei giovani e di stimolarne anche l’imprenditorialità. Proprio come successo già con l’affidamento della gestione del bar universitario “Pecora gialla” e del “Parco di cemento” ai giovani».Tutt’altra l’opinione dei residenti di via Mercatovecchio che da tempo accusano il Barcollo di arrecare disturbo alla quiete pubblica e che, all’indomani della manifestazione di sabato, non hanno tardato a esprimere il proprio disappunto. «Anche questa volta – ha affermato Mario Codognato –, la musica era così alta da costringerci a chiamare i carabinieri».
di VALERIO MORELLI
UDINE. Retrocessa in Legadue con 3 turni d’anticipo su fine serie A, perdendo domenica a Biella, la Snaidero basket si prende una pausa di riflessione prima di rendere noti i «possibili scenari futuri». È comprensibile la pausa che si concede la società arancione, anche per smaltire l’amarezza della prima caduta dopo 10 anni d’attività, ma il popolo di cestofili soprattutto friulani morde il freno in attesa di conoscere il destino della squadra di Udine. Tre sono le strade che si profilano all’orizzonte: richiesta d’aiuto, esaudita in questa stagione solo dall’Arfin portata in dote da Alibegovic; cessione dei diritti sportivi, con Verona del friulano Fadini principale indiziata; consegna della società nelle mani del sindaco udinese Honsell, chiuso a riccio.
Il primo a scendere in campo, come da capitano arancione nelle prime tre stagioni dal ritorno al basket del gruppo cuciniero di Majano tra fine anni Novanta e inizio Duemila, è Teo Alibegovic, giubilato poi dopo due annate da coach - manager della Snaidero dal 2003 al 2005, appena appese le scarpette al chiodo in Grecia.«Non so perché ora – diceva ieri di rientro in Italia dalla Serbia, dov’era per impegni d’affari – io sia “chiacchierato” bene dopo il calcio nel sedere che ho preso per un lavoro che non era poi tanto cattivo».«Penso che si chiuda baracca, non vedo futuro qua a Udine – prosegue esprimendo una sua preoccupazione – ed è un’ottima distrazione parlare di me e non del vero problema. Il nodo è che non ci sarà più la società. La proprietà ha problemi a tenerla in mano. Ci sono anche problemi tecnici: ad Antonutti, l’unico udinese della squadra, non è stato rinnovato il contratto; a metà del suo sviluppo, è libero di andarsene. È un terremoto cestistico. Gli stranieri hanno contratti annuali, italiani non ce ne sono: uno (D’Ercole, ndr) è in prestito da Siena e due sono juniores. Ripeto: quello di parlare di me è un abile diversivo rispetto al bersaglio vero».Insomma, Alibegovic rifiuta il ruolo di favorito per la successione: «Se avessi voluto, avrei potuto farmi dare un ruolo in società in cambio dei soldi dell’Arfin che ho portato. Anche quando, dopo la gara con la Scavolini, Edi Snaidero mi ha chiesto di fare il presidente gli ho detto che non ne avevo il tempo, perché ho anch’io un posto di lavoro da difendere con i tempi che corrono. Tutt’al più in futuro potrei rimpiazzare Gabriele Drigo (già vicepresidente assieme ad Alessandro Zakelj, ndr) per dare una mano e non per prendere in mano la società. Finora la baracca è stata salvata con soldi della Regione Fvg, invece qua ci vuole non un imprenditore solo al comando, ma uno zoccolo duro di 7 od 8 finanziatori per una Legadue che costa dai 2 milioni e mezzo di euro in su. Poi, sarà da ricostruire la società che non ha un futuro anche perché non ha giovani. Solo Contento vale davvero. Non la vedo bene, ma spero che Snaidero rimanga e che, dopo dieci anni d’attività a un certo livello, si riparta da una società che non vincerà mai lo scudetto, ma dignitosa e competitiva grazie ai giovani svolgendo così una funzione anche sociale. Realtà quali Cbu, Ubc e Laipacco soffrono e il Progetto Snaidero diminuisce ogni anno. Io, se potrò, per parte mia farò rimanere il cosponsor Arfin». Che, senza allargarsi, ha già corrisposto il dovuto (300 mila euro si dice) a tempo debito.Anche l’udinese di Verona, Andrea Fadini – confuso ieri tra il pubblico dell’Incontro con il personaggio Pozzecco, appuntamento che finora aveva onorato solo due anni fa quand’era stato invitato quale relatore assieme all’allora direttore di Superbasket, Franco Montorro –, declina responsabilità. Non vuole rilasciare dichiarazioni, anche perché trovrebbe banale dire che gli dispiace della retrocessione di Udine, ma qualcosa dice: «Ribadisco, a ulteriore smentita, che Verona non ha mai trattato di diritti sportivi della Snaidero». Anche perché pare che dalla Legadue abbia 3 offerte appetibili e una quarta un po’ meno. Da addetto ai lavori, comunque, si spinge a prevedere che la questione Snaidero, tra chiusura dei conti stagionali e previsioni economiche per il futuro, avrà tempi lunghi. Pur se c’è chi prevede un annuncio del presidente Snaidero a giorni, magari non definitivo.È probabile possa essere l’annuncio che la squadra sarà consegnata nelle mani del sindaco di Udine, Furio Honsell, come peraltro già fece il cavalier Rino Snaidero regalando la squadra alla città a fine anni Settanta - inizio Ottanta.
UDINE. Gian Luigi Gigli, professore straordinario di Clinica neurologica nella facoltà di medicina e chirurgia dell’università di Udine, in prima fila durante il caso Englaro a difesa della vita di Eluana, sarà candidato alle elezioni europee per l’Udc. Lo ha deciso l’altra sera all’unanimità il direttivo regionale del partito. Il professor Gigli, che ha un ricco curriculum professionale, si dichiara «onorato della proposta», ma «preoccupato per quello che determina per me e comunque quando si dice di sì a un’avventura come questa bisogna mettercela tutta per dare senso, significato ed espressione». Già, ma cosa porterebbe a Strasburgo uno come il professor Gigli? «Penso di portare – è la replica – un valore aggiunto e di continuare in ambito europeo la testimonianza di una vita personale sui valori che mi stanno più a cuore: famiglia, libertà della vita, solidarietà». E a chi gli chiede se mette in conto che qualcuno potrebbe accusarlo di “sfruttare” la notorietà conseguente al caso Eluana, Gigli ribatte così. «Me l’aspetto ed è stato questo uno dei motivi per cui ho esitato a candidarmi. Ritengo che su questi temi e quello che riguarda in particolare lo stato vegetativo ci siano sufficienti documenti agli atti che testimoniano il mio impegno fin da epoche remote. Già nel 2004, a Roma, organizzai un convegno internazionale sullo stato vegetativo, convegno al quale parlò anche papa Paolo Giovanni II. E in una note dell’Udc si sottolinea che Gigli «ci è sempre stato vicino come ispirazione e come cattolico, non si è mai iscritto al partito ma è stato perlomeno un “fiancheggiatore”, vicinanza che si è manifestata ulteriormente durante la vicenda di Eluana in quanto le posizioni da lui sostenute erano per buona parte quelle dell’Udc e cioè la difesa a oltranza della vita dal concepimento fino alla morte e la condivisone dei valori della dottrina sociale della Chiesa». Si è trattato, come detto, di una decisione presa all’unanimità dal partito regionale. Da tempo si vociferava di una sua candidatura. In precedenza ci sono stati alcuni incontri personali tra lo stesso Gigli e il presidente del partito, Pieferdinando Casini. «Il successo della scelta – conclude la nota – è che rispetto all’unanime appoggio dell’Udc ci dovrebbe essere anche quello di vasta parte del mondo cattolico e anche da fuori regione». (d.pe.)
di DOMENICO PECILE
UDINE. Debora Serracchiani, 38 anni, avvocato del lavoro, romana. È arrivata a Udine il 3 gennaio 1995 «per colpa del mio compagno Riccardo, che si era trasferito qui». S’imbatte nella via di Damasco della politica nel 2002, nel quartiere dei Rizzi. Poi l’escalation: nel 2003 consigliera circoscrizionale in Sinistra per il Friuli, nel 2006 consigliera provinciale dei Ds, nomina confermata nel 2008 con il Pd. La Serracchiani è coordinatrice udinese del Pd.Dunque, ora sogna Strasburgo?«Penso semplicemente che, se sarò eletta, dovrò lavorare sodo e bene perché le aspettative sono molto alte».Quanti voti le servirebbero?«Non me ne sono interessata, ma ritengo tra i 90 e i 100 mila».Sa che Sonego non si candida?«L’ho appena saputo».Strasburgo è una scommessa possibile?«Le scommesse non sono possibili; le sfide sì».Sfida possibile anche perché lei ha un grande alleato: la “rete”, che l’ha scoperta e lanciata su Youtube.«Andiamo con ordine. In regione ho l’appoggio di tantissimi circoli. Ciò non toglie che la mia campagna elettorale sia collegata con gli strumenti che mi hanno resa nota».È vero che conta su diversi gruppi di sostegno su Internet?«Sì, ce ne sono tanti. Per esempio, su Facebook c’è una pagina aperta da me dove ho già raggiunto il limite massimo di 5 mila sostenitori e la pagina dei fan è attorno agli 8 mila. Ma ci sono altri gruppi collegati con me».Che cosa può fare un europarlamentare per il Fvg?«Ho preparato una bozza di quelli che possono essere gli interventi e le azioni europee per la nostra regione anche perché il Fvg da periferico è diventato cuore dell’Europa».In sintesi, qualche elemento.«Corridoio: ma non soltanto il 5, ma anche quello a nord che si lega alla Pontebbana; la regione come zona di libero scambio anche in senso culturale, creando occasioni per le università per favorire la libera circolazione della conoscenza; possibilità di dare configurazione giuridica all’Euroregione per favorire la collaborazione transfrontaliera».Da giorni è assediata dai media: quanti “passaggi” finora?«Diversi: un po’ di tv, molta radio, parecchie interviste».Ebbrezza da quota?«Per quanto mi riguarda, tengo i piedi saldamente per terra».La nomenklatura regionale ha subìto la sua candidatura?«Non credo. A Zvech ho chiesto di verificarla sul territorio, cosa che lui aveva già deciso di fare. Insomma, è candidatura nata dalla base».Oggi a Udine arriva Veltroni. Che cosa si aspetta da lui?«Che venga e che la serata sia proficua».È ancora rammaricata per le sue dimissioni?«Credo che nessuno abbia gioito per una decisione così coraggiosa».Ha sofferto anche D’Alema?«Bisognerebbe chiederlo a lui».Secondo lei?«Credo che abbia sofferto come qualunque iscritto al Pd».Perché, come augurio per i 60 anni di D’Alema, gli ha detto che diventi più buono?«Perché spero che persone come Massimo D’Alema si assumano la responsabilità di fare crescere una classe dirigente che fra quattro anni mandi a casa il vecchio Berlusconi. Per fare questo gli chiedo allora di diventare più buono».Troppi galli nel Pd. Che fare?«Non direi che ci sono troppi galli. Piuttosto che abbiamo paura di trovare un leader, paura infondata perché la nostra unica preoccupazione dovrebbe essere quella di creare una classe dirigente in grado di guidare il partito dando risposte a domande nuove come la globalizzazione, i flussi migratori, le variazioni climatiche, una società cambiata».Chi la sostiene di più?«In Fvg?».In generale.«Mi sento di avere il sostegno di buona parte del partito regionale, del segretario Franceschini e soprattutto dei tantissimi circoli che mi contattano per andarli a trovare in tutta Italia, senza contare che mi continuano a inviare e-mail».Quante ne riceve ogni giorno, adesso?«Non sono in grado di quantificarle».Avrebbe bisogno di una segretaria?«Direi di un paio».E il lavoro di avvocato?«Continuo a lavorare, ma naturalmente fatico di più perché il tempo si è ridotto».Nessuna ubbia da parte del suo compagno per questa sua avventura?«Penso che sia contento: appoggia la mia scelta».Un giudizio sulla giunta Tondo?«Credo che non si siano riavuti dalla vittoria e che fatichino a dare sostanza alle loro iniziative».E l’attacco del presidente nei confronti della sua candidatura?«Ripeto che è una caduta di stile che poteva evitarsi; è un chiaro segno di nervosismo e di paura».Honsell: luci e ombre?«Direi che sono in misura maggiore le luci. Ciò nonostante, il sindaco deve impegnarsi a condividere maggiormente le proprie scelte con il partito di maggioranza relativa».Un passo indietro. All’indomani delle dimissioni di Veltroni, il segretario regionale Zvech ha convocato pochi amici e tutti degli ex diesse. C’era all’incontro?«Non ne so nulla, o, meglio: non sono stata invitata».Il suo partito in Fvg è unito?«È sano, crede nel suo futuro, è vitale».C’è chi, anche dentro il Pd, teme il tonfo elettorale alle europee. Lei?«Credo che Franceschini stia facendo bene e che il Pd, se riesce a metter al centro della battaglia elettorale i valori di cui è portatore, avrà i risultati positivi che noi tutti speriamo».

HINTERLAND
di FEDERICA BARELLA
UDINE. Un forte, anzi fortissimo, gesto di tipo politico. Il documento che i 12 Comuni udinesi, più gli altri due goriziani (oltre alle due amministrazioni provinciali, si preparano a votare e a presentare in Regione contro il futuro elettrodotto Terna non avrà soltanto un significato tecnico. Il tracciato non convince e l’opera potrebbe non essere necessaria. Ma non solo.
Per ora infatti le spiegazioni e le analisi di impatto ambientale sono state tutte valutate “insufficienti” dai vari enti locali. E così tutte le amministrazioni comunali interessate dal possibile futuro passaggio dell’elettrodotto (che Terna vorrebbe realizzare tra Udine Ovest e Redipuglia per un percorso totale di 39 chilometri) hanno deciso infatti di dare corpo, in modo formale e inequivocabile, alla loro contrarietà al progetto. Per questo dopo l’avvio della discussione del progetto all’interno della fase partecipativa di Agenda 21, ecco che negli uffici della Regione e poi del ministero per le attività produttive inizieranno a “piovere” entro il 13 maggio (data ultima per le osservazioni da presentare in Regione e praticamente anche a Roma) i documenti di “dissenso”. La bozza comune è stata scritta ieri in Provincia di Udine in un incontro tra i rappresentanti dei 14 comuni e delle due amministrazioni provinciali, incontro coordinato dall’assessore dell’ente intermedio friulano Stefano Teghil. Ed ecco il tratto saliente del documento: «...la scrivente amministrazione chiede che vengano valutate soluzioni progettuali alternative che prevedano l’utilizzo di corridoi tecnologici esistenti, in concertazione con i singoli territori comunali, e soluzioni tecnologiche che prediligano il progetto di elettrodotto interrato. Inoltre, la scrivente amministrazione chiede l’esplicitazione completa ed esaustiva di quali siano realmente gli scenari nazionali e internazionali attualizzati in cui l’opera viene a collocarsi. In aggiunta, la dimostrazione dell’effettiva necessità dell’opera all’interno dei suddetti scenari e la proposizione delle eventuali alternative progettuali con la reale e oggettiva ricerca, tra quelle possibili, della meno impattante per il territorio regionale».«Lo studio che abbiamo esaminato - ha spiegato Teghil - è a senso unico mentre le procedure di valutazione dell’impatto ambientale (Via) dovrebbero valutare diverse opzioni per giungere ad una valutazione obiettiva. E questo noi vogliamo fare, magari sentendo anche direttamente Terna, durante uno degli incontri Agenda 21, visto che finora gli addetti della società non si sono mai presentati alle nostre riunioni malgrado anche l’ultimo invito all’incontro di venerdì. In questo riusciremo anche a coordinare l’attività dei comuni cosa che, in un primo tempo, la Regione stessa non aveva fatto». Gli amministratori presenti, tra cui il senatore Flavio Pertoldi e il sindaco e consigliere provinciale Francesco Martines, hanno chiesto di valutare anche l’opzione zero ovvero la vera necessità di realizzare l’opera, che interessa il territorio della provincia di Udine per una lunghezza di 34 chilometri, su un totale di 39.

TORVISCOSA
TORVISCOSA. Uno sconto complessivo di circa il 40% sul prezzo della bolletta dell’energia elettrica, per le circa 1.100 famiglie di Torviscosa, grazie all’accordo Comune di Torviscosa- Edison, per il quale l’amministrazione comunale metterà a disposizione ogni anno 170 mila euro dei proventi derivanti dalla convenzione stipulata alcuni anni fa con la Società energetica.
L’accordo, che sarà in via sperimentale, avrà la durata di un anno, «per correttezza-, afferma il sindaco, Roberto Duz-, nei confronti di chi amministrerà il paese nei prossimi anni, convinto che questo tipo di scelta a favore dei cittadini avrà sicuramente continuità». Il comune di Torviscosa, alcuni anni fa, aveva sottoscritto un accordo all’atto delle autorizzazione alla centrale, nella quale Edison si impegnava a erogare energia elettrica a costi di produzione (riduzione limitata) e dava soldi per un certo quantitativo di metano. Le due cose assieme davano una certa somma che entrava nelle casse comunali. Lo scorso anno, essendo entrata in vigore la legge che liberalizzava il mercato dell’energia, si dava la possibilità a qualsiasi cittadino di stipulare il proprio contratto con tutte le società erogatrici di fornire energia elettrica. «A fronte dell’attuale situazione di recessione economica generale (ma nello specifico Caffaro)- evidenzia Duz-, come amministrazione comunale, per venire incontro alle famiglie, abbiamo pensato di mettere a disposizione una parte dei proventi della convenzione stipulata con Edison, per ridurre il costo dell’energia elettrica ai cittadini, mettendo a disposizione una somma pari a 170 mila euro l’anno. Tale scelta comporta, secondo i calcoli attuali, uno sconto lordo complessivo del 68% (tenendo conto della variabilità delle altre componenti il prezzo): Edison con il suo contratto “Edisoncasa”, riservato alle utenze domestiche, prevede uno sconto del 20% sulla componente energia, al quale andiamo ad aggiungere un ulteriore sconto del 48% per l’accordo comune- Edison che interessa tutte le utenze del comune di Torviscosa: pertanto, al netto, la riduzione media complessiva del costo dell’energia sarà del 40 % circa».«La seconda proposta - continua l’amministratore- riguarda i possessori di partita Iva che usano energia elettrica a bassa e media potenza. A loro stiamo chiedendo i dati sul consumo per trasferirli a Edison, al fine di ottenere, anche per questa categoria, delle proposte di riduzione dei costi energetici eccezionali per Torviscosa, che dovranno essere valutate in modo diverso rispetto all’offerta famiglia perché non c’è una spesa di riferimento, in modo da dare un sostegno tangibile a queste attività in un momento così difficile».Francesca Artico

TRICESIMO
di ANTONIO SIMEOLI
TRICESIMO. Se n’è andato in un baleno. Nemmeno il tempo di accorgersi di quella malattia che lo stava battendo. Giulio De Agostini è morto domenica sera all’ospedale di Udine. Aveva 54 anni. Le avvisaglie di quel male si erano presentate qualche mese fa mentre era in bici. La sua grande passione.
Non l’unica però. Perchè Giulio De Agostini era padre di famiglia esemplare, commercialista di successo, dirigente sportivo affermato. Un amico per decine e decine di persone, che non ce l’ha fatta a vincere quel brutto male, sconosciuto anche per i medici. De Agostini è morto gettando nel dolore la moglie Fulvia e i due figli Cesare e Federica, entrambi studenti universitari; e lasciando un vuoto tra tutte le persone che hanno avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo. Per una di queste Giulio non era solo un cugino. «Era un fratello», spiega in lacrime Gigi De Agostini, gloria del calcio friulano. «Per la mia vita, per la mia famiglia era un punto di riferimento. Quando giocavo non avevo un procuratore: bastava lui. Ed è solo un esempio di quanto contasse per me. Una persona incredibile, basti pensare a quanto ha fatto per il calcio a Tricesimo in questi anni». I De Agostini a Tricesimo sono il calcio. Gigi ha portato il nome del centro morenico in giro per il mondo, Giulio (assieme a Gigi) ha fatto la storia della società di calcio, catapultata dai “cugini terribili” negli ultimi anni a suon di record dalla Prima categoria all’Eccellenza. «Ha dato a una squadra di dilettanti - spiega l’ex azzurro - una gestione manageriale da squadra professionistica». Mago dei conti, ma anche re delle barzellette e della griglia, con quella passione per il ciclismo trasmessa anche al cugino. «Sarai sempre e ovunque presente nelle nostre gioiose pedalate»: così lo ricordano gli “Amiis di Zeà”, quel gruppo di innamorati delle due ruote e del Friuli che, trascinati da Enzo Cainero, esportano la friulanità e la passione per lo sport in giro per il mondo. «Era di una preparazione professionale, di una cordialità, di un amore per la famiglia, per lo sport, per il Friuli incredibili - spiega Cainero -. Ricordo tutti i momenti passati insieme, le gite al Giro d’Italia... penso al viaggio che stavamo programmando in Australia nel settembre 2010 per i Mondiali di ciclismo». Ricordi, che forse aiuteranno a superare il dolore. Per tutto questo saranno in tanti domani alle 15 in duomo a Tricesimo a dare l’ultimo saluto a Giulio De Agostini, l’amico di tutti.

TOLMEZZO
di CLEMENTE BORANDO
TOLMEZZO. «Abbiamo saputo che alla Spaccamela a Udine sono al lavoro per mettere a posto l’impianto elettrico della caserma. In un momento scarse risorse finanziarie significa che l’intervento deve servire a qualcosa di concreto in tempi brevi. E così il timore che sia quella la destinazione del nostro 3° gruppo artiglieria da montagna diventa più che fondato». Si esprime così il sindaco del capoluogo carnico Sergio Cuzzi alle notizie sul trasferimento degli ultimi alpini “tolmezzini” a Udine. Dopo le prese di posizione a cominciare dal consigliere comunale Adriano Rainis del Pd che ha sollecitato il senatore del suo partito Pegorer a rivolgersi al governo e gli impegni a scongiurare la partenza (Collino Pdl e Pittoni Lega in prima fila) adesso sarà il Consiglio comunale a dire la sua. L’assemblea civica è infatti convocata per domani e Cuzzi si augura che a livello di capigruppo si trovi un’intesa per elaborare un documento con il quale far valere le ragioni della Carnia e denunciare il pericolo di un impoverimento, non solo economico.Il sindaco non nasconde un certo sconforto nel dover constatare che si tratta di vicende che vengono da lontano nel tempo e che indicano puntualmente che quando si ha a che fare con i ministeri romani ci si trova puntualmente davanti a muri di gomma e i problemi non si risolvono mai.Tolmezzo, spiega ancora il sindaco, oggi ha due fronti su quali deve assolutamente difendersi, magari con l’aiuto di Regione e Provincia: uno è quello degli Alpini e soprattutto dell’annesso patrimonio immobiliare che è in mano al degrado; l’altro è il Tribunale sul quale già spirano venti di chiusura. La partenza del 3° artiglieria (350 uomini) rischia di segnare la fine di una presenza delle penne nere nel capoluogo carnico dove fino a 20 anni fa c’erano almeno 1.500 uomini in divisa. E’ curioso, ironizza Cuzzi, che si lascino le Alpi senza alpini per trasferirli in pianura.Il vero nodo da sciogliere è quello delle caserme. Edifici di pregio ormai decadenti. La Del Din per esempio che è stata praticamente chiusa dopo il terremoto. Quattro anni fa nelle intenzioni del Tribunale doveva diventare la sede della Procura. C’era tutta la convenienza, lo dicevano le perizie, ma finora la proposta non ha avuto risposta alcuna. La Cantore, con la sua ex villa Linussio che ricorda Palazzo Belgrado a Udine, sede del 3° gruppo ha bisogno di interventi urgenti, ma le ripetute sollecitazioni, spiega sconsolato Cuzzi, non hanno trovato la minima attenzione. Adesso ci sono le amministrative e tutti promettono e assicurano, ma c’è chi prevede che dopo il voto in silenzio con gli alpini parta anche il Tribunale.

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