L’assessore Rosolen illustra i dati dell’agenzia del lavoro: se la Cig dovesse andare avanti così si toccherebbero livelli mai raggiunti prima
Le previsioni Fmi: segnali di ripresa soltanto nel 2010, ma l’Italia è destinata a rimanere indietro
Le province più colpite sono Pordenone e Udine, con picchi nei settori della meccanica e del legno Ciriani a Roma: da maggio tavolo nazionale sulla Safilo. La Cgil: bisognava farlo prima
L’ASSESSORE. «Andamento particolarmente elevato: se dovesse essere omogeneo nel 2009, finirebbe per attestare le ore della cassa integrazione su 8 milioni».
TRIMESTRE. Da gennaio a marzo la cassa integrazione ha raggiunto le 2.112.167 ore e la mobilità ha segnato 2.026 ingressi. A essere colpiti sono stati meccanica e legno.
TRIESTE. Sale vertiginosamente la cassa integrazione in Friuli Venezia Giulia: nei primi tre mesi del 2009 è aumentata del 134,2% rispetto allo stesso periodo del 2008. Dall’inizio dell’anno sono state concesse oltre 2,1 milioni di ore, la metà di quelle erogate nel 2008. Una situazione «preoccupante», per l’assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen, anche per lo spettro disoccupazione.Ad essere interessata è tutta la regione ma con un’eccezione, Trieste, dove il ricorso alla Cig scende grazie al calo della cassa straordinaria. La Rosolen, insieme al direttore dell’Agenzia regionale del lavoro, Domenico Tranquilli, ha analizzato ieri a Trieste i dati degli indicatori di crisi (Cassa integrazione guadagni ed ingresso in liste di mobilità) relativi ai primi mesi del 2009, il bilancio del 2008 delle forze lavoro e l’andamento del mercato del lavoro nel quarto trimestre 2008.Da gennaio a marzo la cassa integrazione ha raggiunto le 2.112.167 ore e la mobilità ha segnato 2.026 ingressi. A essere maggiormente colpiti sono stati i settori della meccanica e del legno. Il ricorso alla Cig ha interessato principalmente le province di Pordenone (1.015.633 ore autorizzate, il 48,1%) e di Udine (522.914 ore, il 24,8%), seguite da Gorizia (450.409 ore, il 21,3%) e Trieste 123.211 ore, il 5,8%). «Si tratta - ha affermato la Rosolen - di un andamento particolarmente elevato che, se dovesse essere omogeneo nel 2009, finirebbe per attestare le ore della cassa integrazione su 8 milioni di ore concesse, un dato mai raggiunto in passato».La crescita maggiore - ha sottolineato l’assessore - è sostenuta dalla cassa integrazione ordinaria, attestata su 1.200.000 ore. «Un dato - ha evidenziato la Rosolen - 13 volte superiore al corrispondente andamento 2008». Il 2009 regala però un timido segnale positivo che, per la Rosolen, «fa però ben sperare»: nel marzo 2009 la cassa integrazione è diminuita rispetto a febbraio. Nel primo trimestre 2009 i nuovi ingressi nelle liste di mobilità sono pari a 2.026 unità, in aumento sia rispetto allo stesso trimestre 2008 (+37,1% pari a +548 nuovi ingressi in termini assoluti), sia rispetto al trimestre precedente (+21,4% pari a +357 nuovi ingressi in termini assoluti). La maggior parte dei nuovi ingressi, il 33% del totale, è nella fascia d’età compresa tra i 30 e i 39 anni, seguita da quella 40-49 anni con un’incidenza pari a 31%. Cala l’incidenza delle donne, passata dal 50% del primo trimestre 2008 al 41% del primo trimestre 2009. Tiene l’occupazione: nel quarto trimestre 2008 è diminuita di 3.000 unità, «un dato - ha detto Alessia Rosolen - molto inferiore alle stesse aspettative. A diminuire, di 3.000 unità rispetto allo stesso trimestre del 2007, sono anche le persone in cerca di occupazione». Sul piano del bilancio annuale 2008 il mercato del lavoro, ha detto la Rosolen, «si conferma piuttosto stabile con 522.000 occupati, come l’anno precedente». «Preoccupa, invece - ha concluso - l’incremento di 5.000 unità che si registra tra i disoccupati, che passano da 18.000 a 23.000, influenzando la dinamica del tasso di disoccupazione regionale che passa dal 3,4% al 4,3% con un incremento piuttosto significativo».Sonia Sicco
TRIMESTRE. Da gennaio a marzo la cassa integrazione ha raggiunto le 2.112.167 ore e la mobilità ha segnato 2.026 ingressi. A essere colpiti sono stati meccanica e legno.
TRIESTE. Sale vertiginosamente la cassa integrazione in Friuli Venezia Giulia: nei primi tre mesi del 2009 è aumentata del 134,2% rispetto allo stesso periodo del 2008. Dall’inizio dell’anno sono state concesse oltre 2,1 milioni di ore, la metà di quelle erogate nel 2008. Una situazione «preoccupante», per l’assessore regionale al Lavoro, Alessia Rosolen, anche per lo spettro disoccupazione.Ad essere interessata è tutta la regione ma con un’eccezione, Trieste, dove il ricorso alla Cig scende grazie al calo della cassa straordinaria. La Rosolen, insieme al direttore dell’Agenzia regionale del lavoro, Domenico Tranquilli, ha analizzato ieri a Trieste i dati degli indicatori di crisi (Cassa integrazione guadagni ed ingresso in liste di mobilità) relativi ai primi mesi del 2009, il bilancio del 2008 delle forze lavoro e l’andamento del mercato del lavoro nel quarto trimestre 2008.Da gennaio a marzo la cassa integrazione ha raggiunto le 2.112.167 ore e la mobilità ha segnato 2.026 ingressi. A essere maggiormente colpiti sono stati i settori della meccanica e del legno. Il ricorso alla Cig ha interessato principalmente le province di Pordenone (1.015.633 ore autorizzate, il 48,1%) e di Udine (522.914 ore, il 24,8%), seguite da Gorizia (450.409 ore, il 21,3%) e Trieste 123.211 ore, il 5,8%). «Si tratta - ha affermato la Rosolen - di un andamento particolarmente elevato che, se dovesse essere omogeneo nel 2009, finirebbe per attestare le ore della cassa integrazione su 8 milioni di ore concesse, un dato mai raggiunto in passato».La crescita maggiore - ha sottolineato l’assessore - è sostenuta dalla cassa integrazione ordinaria, attestata su 1.200.000 ore. «Un dato - ha evidenziato la Rosolen - 13 volte superiore al corrispondente andamento 2008». Il 2009 regala però un timido segnale positivo che, per la Rosolen, «fa però ben sperare»: nel marzo 2009 la cassa integrazione è diminuita rispetto a febbraio. Nel primo trimestre 2009 i nuovi ingressi nelle liste di mobilità sono pari a 2.026 unità, in aumento sia rispetto allo stesso trimestre 2008 (+37,1% pari a +548 nuovi ingressi in termini assoluti), sia rispetto al trimestre precedente (+21,4% pari a +357 nuovi ingressi in termini assoluti). La maggior parte dei nuovi ingressi, il 33% del totale, è nella fascia d’età compresa tra i 30 e i 39 anni, seguita da quella 40-49 anni con un’incidenza pari a 31%. Cala l’incidenza delle donne, passata dal 50% del primo trimestre 2008 al 41% del primo trimestre 2009. Tiene l’occupazione: nel quarto trimestre 2008 è diminuita di 3.000 unità, «un dato - ha detto Alessia Rosolen - molto inferiore alle stesse aspettative. A diminuire, di 3.000 unità rispetto allo stesso trimestre del 2007, sono anche le persone in cerca di occupazione». Sul piano del bilancio annuale 2008 il mercato del lavoro, ha detto la Rosolen, «si conferma piuttosto stabile con 522.000 occupati, come l’anno precedente». «Preoccupa, invece - ha concluso - l’incremento di 5.000 unità che si registra tra i disoccupati, che passano da 18.000 a 23.000, influenzando la dinamica del tasso di disoccupazione regionale che passa dal 3,4% al 4,3% con un incremento piuttosto significativo».Sonia Sicco
San Daniele Dovevano fornire le apparecchiature al Comune
Sono i titolari di una società e il direttore dei lavori: ipotizzata una tangente di 16 mila euro
UDINE. L’appalto per i sistemi di videosorveglianza del palazzo comunale a San Daniele è stato oggetto d’inchiesta e ieri tre persone sono state rinviate a giudizio perché accusate di corruzione, frode nelle pubbliche forniture e falsità ideologica nei certificati amministrativi. Sono i contitolari della società che vinse l’appalto e l’ingegnere direttore dei lavori. Parte offesa, il Comune non s’è costituito.
Il 6 ottobre comincerà il processo nei confronti di Giancarlo Aviano, 45 anni, di Tavagnacco, del coetaneo Dario Ambrosio residente a Cordovado e dell’ingegner Gianmatteo Bordignon, 46 anni, di Rosà in provincia di Vicenza. Quest’ultimo era progettista e direttore dei lavori, gli altri compaiono imputati nella veste di contitolari della St srl che aveva stipulato l’appalto col Comune.La tesi d’accusa formulata dal Pm Lorenzo Del Giudice si fonda sul presupposto che nella sede comunale di Villa Serravallo sia stata installata apparecchiatura di qualità deteriore rispetto al progetto, contabilizzando lavori non eseguiti per 56 mila euro su un importo richiesto al Comune di 180 mila. Maggio 2006 è il periodo di riferimento relativo a questa ipotesi di frode nelle pubbliche forniture. Di conseguenza si ipotizza la falsità di certificati come lo stato d’avanzamento e l’ultimazione dei lavori, oltre a quello di regolare svolgimento degli stessi.C’è poi il capitolo corruzione: il cosiddetto prezzo della tangente è individuato in una fattura di circa 16 mila euro, cifra pagata dagli imprenditori all’ingegnere nel dicembre 2003 a titolo d’acconto per spese tecniche di collaudo funzionale. Per l’accusa, questa attività sarebbe stata incompatibile con il ruolo poi assunto dal direttore dei lavori.Ieri gli avvocati difensori Antonio Mezzomo e Paolo Coseano hanno chiesto il proscioglimento su tutta la linea sostenendo, in sintesi, l’assoluta totale certezza della completezza della fornitura, la corrispondenza sia sulla quantità sia sulla qualità dei materiali. Questo perché all’inizio la direzione lavori emise un ordine di servizio sulla sostituzione, per problemi contingenti di parti di questa fornitura. Una sostituzione di cui fu informato il Comune con un progetto di variante depositato e protocollato. Quanto all’ipotizzata tangente, la fattura sul noleggio dell’attrezzatura necessaria al collaudo fu pagata e soprattutto regolarmente registrata.Per la difesa, quindi, non poteva sussistere l’ipotesi di corruzione se il “prezzo” della stessa fu addirittura contabilizzato. (g.s.)
Il 6 ottobre comincerà il processo nei confronti di Giancarlo Aviano, 45 anni, di Tavagnacco, del coetaneo Dario Ambrosio residente a Cordovado e dell’ingegner Gianmatteo Bordignon, 46 anni, di Rosà in provincia di Vicenza. Quest’ultimo era progettista e direttore dei lavori, gli altri compaiono imputati nella veste di contitolari della St srl che aveva stipulato l’appalto col Comune.La tesi d’accusa formulata dal Pm Lorenzo Del Giudice si fonda sul presupposto che nella sede comunale di Villa Serravallo sia stata installata apparecchiatura di qualità deteriore rispetto al progetto, contabilizzando lavori non eseguiti per 56 mila euro su un importo richiesto al Comune di 180 mila. Maggio 2006 è il periodo di riferimento relativo a questa ipotesi di frode nelle pubbliche forniture. Di conseguenza si ipotizza la falsità di certificati come lo stato d’avanzamento e l’ultimazione dei lavori, oltre a quello di regolare svolgimento degli stessi.C’è poi il capitolo corruzione: il cosiddetto prezzo della tangente è individuato in una fattura di circa 16 mila euro, cifra pagata dagli imprenditori all’ingegnere nel dicembre 2003 a titolo d’acconto per spese tecniche di collaudo funzionale. Per l’accusa, questa attività sarebbe stata incompatibile con il ruolo poi assunto dal direttore dei lavori.Ieri gli avvocati difensori Antonio Mezzomo e Paolo Coseano hanno chiesto il proscioglimento su tutta la linea sostenendo, in sintesi, l’assoluta totale certezza della completezza della fornitura, la corrispondenza sia sulla quantità sia sulla qualità dei materiali. Questo perché all’inizio la direzione lavori emise un ordine di servizio sulla sostituzione, per problemi contingenti di parti di questa fornitura. Una sostituzione di cui fu informato il Comune con un progetto di variante depositato e protocollato. Quanto all’ipotizzata tangente, la fattura sul noleggio dell’attrezzatura necessaria al collaudo fu pagata e soprattutto regolarmente registrata.Per la difesa, quindi, non poteva sussistere l’ipotesi di corruzione se il “prezzo” della stessa fu addirittura contabilizzato. (g.s.)
Sbloccate le tariffe, come richiesto da Autovie.
I ritocchi da maggio: varieranno da 10 a 30 centesimi
Incidente fra camion poco prima del passante coda di 12 chilometri
In un anno i pedaggi autostradali sono aumentati di un euro
di PAOLO MOSANGHINI
UDINE. Dal 1º maggio aumenteranno i pedaggi autostradali sulla rete gestita da Autovie Venete, ma anche sulle altre autostrade italiane. Congelati all’inizio dell’anno dal ministro per le Infrastrutture, Altero Matteoli, i ritocchi scatteranno tra un mese e varieranno (per esempio, nella tratta Venezia-Trieste) da 10 centesimi per le auto a 30 per i Tir.
L’aumento dell’1,45%, chiesto da Autovie Venete nel 2008, riguarda il “price cap”, ovvero il meccanismo che comprende il recupero dell’inflazione programmata, piú le variabili legate alla qualità della pavimentazione e al tasso di incidentalità. Non è, dunque, un aumento richiesto per coprire i costi della terza corsia dell’autostrada A4 Venezia-Trieste. Ma in un anno gli aumenti sono stati di un minimo di un euro a un massimo di due (sempre da Venezia a Trieste) dovuti a due “una tantum” per la costruzione del Passante di Mestre. Lo sblocco del congelamento tariffario annunciato dal ministro Matteoli, dunque, dovrebbe - anche per Autovie - fare scattare l’aumento a partire dal 1º maggio.Nel 2008, Autovie Venete aveva chiesto al Governo un incremento tariffario pari all’1,45%, (ogni Concessionaria ha chiesto una percentuale diversa) incremento che è stato però congelato fino alla fine di aprile 2009 (e rientra in un più generale congelamento delle tariffe di una serie di servizi ritenuti di pubblica utilità).La Regione, inoltre, ha rinnovato fino al 2010 l’accordo Guida sicura la fine settimana che prevede il rafforzamento della presenza di Polstrada, Carabinieri e 118 sulle strade nel weekend; lo ha comunicato l’assessore regionale alla Viabilità Riccardo Riccardi. La convenzione tra Regione e Csc-Centro servizi condivisi dispone nei prossimi mesi la presenza sulle strade del Friuli Venezia Giulia di almeno 130 pattuglie miste forze dell’ordine-118 per l’accertamento immediato dell’eventuale abuso di alcol o droghe. Il servizio sarà attivo nelle notti tra sabato e domenica, dalla mezzanotte alle 6 del mattino.«Contro le stragi del sabato sera - prosegue Riccardi - abbiamo ritenuto fondamentale rinnovare questo accordo dopo la positiva esperienza maturata lo scorso anno, con l’effettuazione di 21 controlli. Ora ampliamo tali controlli nella consapevolezza di dover puntare sempre di più alla sicurezza sulla strada ed alla tutela dei nostri giovani».Le pattuglie di Polstrada e Carabinieri, affiancate da personale medico e infermieristico del 118, sono in grado di sottoporre sul posto i guidatori ai test per verificare la presenza e l’entità della tossicità o dell’abuso alcolico.
L’aumento dell’1,45%, chiesto da Autovie Venete nel 2008, riguarda il “price cap”, ovvero il meccanismo che comprende il recupero dell’inflazione programmata, piú le variabili legate alla qualità della pavimentazione e al tasso di incidentalità. Non è, dunque, un aumento richiesto per coprire i costi della terza corsia dell’autostrada A4 Venezia-Trieste. Ma in un anno gli aumenti sono stati di un minimo di un euro a un massimo di due (sempre da Venezia a Trieste) dovuti a due “una tantum” per la costruzione del Passante di Mestre. Lo sblocco del congelamento tariffario annunciato dal ministro Matteoli, dunque, dovrebbe - anche per Autovie - fare scattare l’aumento a partire dal 1º maggio.Nel 2008, Autovie Venete aveva chiesto al Governo un incremento tariffario pari all’1,45%, (ogni Concessionaria ha chiesto una percentuale diversa) incremento che è stato però congelato fino alla fine di aprile 2009 (e rientra in un più generale congelamento delle tariffe di una serie di servizi ritenuti di pubblica utilità).La Regione, inoltre, ha rinnovato fino al 2010 l’accordo Guida sicura la fine settimana che prevede il rafforzamento della presenza di Polstrada, Carabinieri e 118 sulle strade nel weekend; lo ha comunicato l’assessore regionale alla Viabilità Riccardo Riccardi. La convenzione tra Regione e Csc-Centro servizi condivisi dispone nei prossimi mesi la presenza sulle strade del Friuli Venezia Giulia di almeno 130 pattuglie miste forze dell’ordine-118 per l’accertamento immediato dell’eventuale abuso di alcol o droghe. Il servizio sarà attivo nelle notti tra sabato e domenica, dalla mezzanotte alle 6 del mattino.«Contro le stragi del sabato sera - prosegue Riccardi - abbiamo ritenuto fondamentale rinnovare questo accordo dopo la positiva esperienza maturata lo scorso anno, con l’effettuazione di 21 controlli. Ora ampliamo tali controlli nella consapevolezza di dover puntare sempre di più alla sicurezza sulla strada ed alla tutela dei nostri giovani».Le pattuglie di Polstrada e Carabinieri, affiancate da personale medico e infermieristico del 118, sono in grado di sottoporre sul posto i guidatori ai test per verificare la presenza e l’entità della tossicità o dell’abuso alcolico.
IL PEGGIO E’ PASSATO?
SPERANZE E NUMERI di ALFREDO RECANATESI
Appartiene alla natura umana spingere lo sguardo oltre il presente per cogliere quanto più possibile nel futuro elementi, fattori, indizi che possano guidare i comportamenti nella direzione più conveniente. E’ naturale, quindi, che nel pieno di una crisi finanziaria ed economica tanto densa di aspetti mai sperimentati chiunque ritenga in grado di farlo si impegni nello scrutarne l’evoluzione, accompagnato dall’ansia di individuarne lo sperato barlume che possa indicare la fine del tunnel. In questo esercizio è facile confondere la situazione nella quale tuttora ci troviamo con quella che alcuni indicatori consentono di prospettare. Proprio in queste settimane accesi dibattiti si accendono tra chi, appunto, ragiona su indizi e chi si basa su rilevazioni statistiche; tra chi, come i primi, traggono conforto da qualche sintomo colto qua e là, magari spingendosi ad annunciare che il peggio è passato, e chi al contrario, con dati statistici alla mano, denuncia il rischio di sottovalutare la gravità della crisi che quei dati quantificano con inoppugnabile nettezza. È un po’ un dialogo tra sordi che confonde le idee di chi – informandosi attraverso i giornali, le radio e le televisioni – ricava la comprensibile impressione di una babele di messaggi e notizie contraddittorie. E tuttavia, per risolvere questa babele e ricondurre questa ridda di dati, valutazioni, stime e pronostici a una qualche coerenza, basta tenere in maggiore considerazione quanto si riferisce al passato, quanto al presente e quanto al futuro.Il passato è quello del quale tutti ormai abbiamo una qualche cognizione: politica monetaria permissiva (soprattutto negli Stati Uniti) nell’illusione di perpetuare elevati tassi di crescita economica, scoppio delle bolle speculative così alimentate (finanza e immobili in primis), dissesti bancari, crisi del credito, coinvolgimento dell’economia reale con caduta dei commerci mondiali e recessione. Il presente è fatto dalle statistiche che descrivono questo passato con dati che ci possono apparire un po’ astratti, come le variazioni negative del Pil o gli stratosferici interventi pubblici per salvare le banche ed evitare così un infarto di tutte le attività economiche, e quelli che mordono più direttamente sulle popolazioni, come la caduta dei consumi e, soprattutto, l’aumento della disoccupazione. In questo presente siamo ancora immersi con tutte le conseguenze sociali che esso comporta e, di conseguenza, con tutta la persistente urgenza di alleviare la condizione delle categorie più colpite. Ma non c’è contraddizione tra la constatazione di questa realtà attuale, con il suo corredo di drammatici aspetti sociali, e la constatazione di qualche segnale che può fornire appiglio a una visione meno cupa, se non addirittura più rosea, del futuro. Ecco: il futuro. Già poter affermare che il peggio è passato non è affatto poco quando si poteva temere – ed era realmente nell’orizzonte del possibile – che la crisi volgesse in una depressione, in un crollo dei prezzi, in una prolungata stagnazione delle attività produttive e dei commerci, insomma in qualcosa di simile a quel che avvenne ottant’anni fa. Lo si può affermare sulla base del buon esito non solo degli interventi per stabilizzare le banche (e con esse, di fatto, l’intero sistema finanziario mondiale), ma anche di indicatori reali, come il ritorno del segno positivo nell’andamento dei prezzi degli immobili negli Stati Uniti, nella ripresa della domanda di beni intermedi come i prodotti chimici, in un recupero nel traffico di container che denota una tonificazione degli scambi internazionali. Sintomi, indizi, segnali più o meno definiti, certo, ma che consentono, appunto, di considerare superato il picco più acuto della crisi. Le Borse di tutto il mondo hanno puntualmente avvertito, quasi certificandolo, questo mutamento di clima: il valore degli indici dei prezzi si era più che dimezzato, ma almeno un quarto di quella caduta è già stato recuperato.Ci vorrà tempo perché il Pil dei maggiori paesi torni a crescere; anzi, nelle statistiche ufficiali probabilmente vedremo ancora dati sconfortanti. E tuttavia, se ci rifacciamo a due o tre mesi fa, è già molto poter dire che l’economia mondiale ha evitato di cadere in quel baratro che improvvisamente le si era aperto davanti. Davvero poteva andare peggio. Per chi ha perso il lavoro o per chi ha visto decurtato il valore dei propri risparmi è una consolazione ancora magra, ma è la premessa perché la ripresa possa cominciare. E forse è già cominciata.
REPLICA ALL’EX SEGRETARIO
IO, VELTRONI E RODOLFO SONEGO di LODOVICO SONEGO*
«Per me Sonego è Rodolfo, lo sceneggiatore». Traduco in chiaro il significato delle dichiarazioni virgolettate che l’onorevole Veltroni ha reso ai giornalisti i quali, a margine di una manifestazione elettorale del Partito democratico, chiedevano il suo commento sulla mia decisione di rinunciare alla candidatura alle europee: Sonego, quello che la direzione regionale del Pd aveva indicato come candidato alle europee assieme a Debora Serracchiani, è un nulla. Una manifestazione di dileggio della persona e del candidato del Pd. Debbo dire che in effetti le dichiarazioni di Veltroni, uomo di cinema, hanno un fondamento, perché Rodolfo è stato un pilastro della produzione cinematografica italiana e, da sceneggiatore di molti film di Alberto Sordi, ha lasciato un segno profondo nella nostra cultura. Ho il rammarico di non averlo mai incontrato, benché un comune amico avesse più volte organizzato l’incontro, poi la visita non fu più possibile perché Rodolfo mancò. Colgo l’occasione per ricordare anche che lasciò Vittorio Veneto per Roma subito dopo la guerra, che trascorse da partigiano in Cansiglio, e che tornò da vecchio nel Vittoriese, nella sua casa di San Giacomo di Veglia. Lì era frequente trovare la Wertmuller, Age, Scarpelli e altri ancora. Ma torniamo al nostro problema politico. Do per scontato che Veltroni conosce più Rodolfo che Lodovico perché il primo è più famoso del secondo; tutti sanno inoltre che non ho mai fatto nulla per avere rapporti con Veltroni perché non ho mai condiviso la sua concezione della politica. Fatta la tara di questi due elementi, rimane comunque l’interrogativo del perché dileggiare la persona e il candidato scelto dal Pd del Friuli Venezia Giulia. Non è bello e non vedo il costrutto. Veltroni è venuto a Udine e ha parlato di grandi questioni planetarie, ma mi colpisce che abbia evitato temi francamente ineludibili come per esempio il caso Englaro, che proprio a Udine ha vissuto un momento cruciale. Nemmeno una parola sul coraggio e sull’intelligenza dimostrati da Furio Honsell e Ines Domenicali, proprio continuità totale con l’ignavia manifestata quando era segretario generale del Pd e che tanto risentimento ha suscitato tra gli elettori democratici. Tra loro anche Debora Serracchiani, che poi fece il famoso intervento all’assemblea dei segretari di circolo. La cosa che mi preme dire è che Veltroni continua a proporci un approccio planetario, per carità anche ricco di suggestioni, ma poi non è capace di mettere nulla di commestibile in tavola per mezzogiorno. Il capofamiglia alla fine deve fare anche quella cosa lì, perché se il tutto si riduce a un approccio onirico, per quanto il sogno sia accattivante, alla fine si muore di fame. E a proposito di fame mi limiterò a rammentare l’imbarazzante gestione della presidenza della commissione di vigilanza sulla Rai e la sparizione di un terzo degli elettori del Pd in un anno di gestione Veltroni. È evidente a tutti che mentre parte la campagna elettorale delle europee sta decollando anche il dibattito del congresso nazionale del Pd che si svolgerà in autunno per la scelta del nuovo segretario. Uno dei temi del congresso sarà quello del rinnovamento e vorrei che tutti facessimo uno sforzo per far sì che il rinnovamento della politica dei democratici fosse rinvenibile nei contenuti e non nelle apparenze, vorrei che ciascuno di noi fosse chiamato a misurarsi con coerenza proprio sul tema dei contenuti. Fare il Pd non è semplice. Cerchiamo di evitare la banale caricatura dello scontro fra vecchie oligarchie di partito. Le nostre difficoltà sono di due tipi: individuare i contenuti del riformismo del XXI secolo e in tale contesto fare la sintesi tra due riformismi gloriosi, ma datati. Quello dei Ds e quello della Margherita. Veltroni ha fallito perché non è stato all’altezza di questo compito e anche a Udine ha dimostrato di essere inadeguato; ora bisogna che lavoriamo tutti per cercare di farcela, insieme. Se la sfida è quella che ho appena descritto, quella dei contenuti, è del tutto evidente che non sarà di per sé l’impeto giovanilistico a salvarci. Fosse così semplice metteremmo in pista i bambini delle elementari, sul terreno del giovanilismo è sempre possibile fare più uno. Propongo invece un approccio più colto. Dovremo metterci di buzzo buono tutti e con la partecipazione di tutti al dibattito democratico, vecchi e nuovi di ogni provenienza, cercare di individuare i contenuti di una politica credibile e utile al paese. Sarà duro e faticoso. Tutto il resto sono solo scorciatoie pericolose e dannose.*già assessore regionale Pd
di ANNA ROSSO
Un’intera famiglia abruzzese, riuscita a scampare al terremoto, si è rifugiata a Udine, a casa del generale in pensione Giuseppe Caporale e, da ieri, sulla loro porta di via Istria, c’è anche un fiocco rosa perchè è nata Beatrice, figlia di una sfollata. «Qui in Friuli – racconta Donatella, sorella della neomamma – abbiamo trovato un’accoglienza e una solidarietà straordinarie che di certo smentiscono la “fama” dei friulani di essere persone un po’ freddine. Qui con voi abbiamo ritrovato la serenità». La piccola Beatrice, tre chili e 340 grammi di peso, è venuta alla luce alle 21.30 di martedì e, proprio come la mamma Roberta Manzi, sta bene. Accanto a loro il padre Davide Laglia, il primogenito Edoardo di 5 anni, insieme a tutta la famiglia.
In particolare “nonno Pino” (così viene affettuosamente chiamato in famiglia il signor Caporale, che in realtà è prozio di Beatrice) e, sua moglie, la signora Liliana Zucchitello erano felicissimi. «Certo, siamo provati dal sisma – sottolinea ancora Donatella che fa un po’ da portavoce di tutta la famiglia –, ma ci riteniamo fortunati non solo perchè non abbiamo avuto lutti, ma anche perchè è arrivata, benaugurante, questa creatura». Beatrice insomma è un raggio di luce in una famiglia che, almeno per il momento, ha dovuto abbandonare tutto. Comprese le abitazioni che sono state gravemente lesionate dalle scosse e sono state giudicate inagibili. «Siamo da sempre molto legati agli zii udinesi – continua Donatella – e così dopo quel terribile 6 aprile ci è sembrato naturale venire qui». In città, oltre a Donatella, che è la nipote dei coniugi Caporale, sono arrivati anche il marito Antonio e il figlio Giorgio. Alla grande tavola allestita nella villetta per l’occasione c’era anche un’altra nipote Giulia, 18 anni, insieme al fidanzato Alessandro. Fin qui tutti i parenti giunti dall’Aquila. C’era poi il figlio dei Caporale, Andrea, con la moglie Carla e i figli Martina e Federico. Mancava solo il primogenito Renato, che vive a Padova, con la moglie Elena e la figlia Alessia. «Abbiamo preparato una grande sala da pranzo – riferiscono i padroni di casa –, tanto che se nelle menti di tutti noi non ci fossero state le immagini del terremoto, sarebbe stata quasi una festa».Ma quei momenti drammatici, purtroppo, non si possono dimenticare. Donatella che, con la famiglia è proprietaria di tre boutique in pieno centro storico a L’Aquila, ricorda ogni attimo. E, quando parla di quella notte, nella sua voce vibrano ancora le stesse emozioni. «Quando c’è stata la scossa più lunga – dice –, sembrava di essere in un frullatore. Esplodevano i vetri dei palazzi e la gente urlava terrorizzata. Aspettavamo che la terra smettesse di tremare, come le altre volte. Ma quella volta sembrava non volersi fermare. A casa nostra sono caduti alcuni mobili, la televisione e vari oggetti. Vedevamo i muri della costruzioni vicine incrinarsi. Ma non avevamo ancora capito la gravità della situazione. Quando siamo usciti, l’immagine di una città in bianco e nero, avvolta nel fumo, come in un film di guerra. La gente rimasta intrappolata nei palazzi che chiedeva aiuto. Un’anziana piangeva. C’erano tantissimi feriti da soccorrere...l’odore di gas e l’acqua che “pioveva” da tutte le parti perchè si erano rotte le tubature...un inferno».Nonostante L’Aquila sia stata ferita al cuore, visto che buona parte del centro storico è stato fortemente danneggiato, la maggior parte degli abitanti intende tornare e «ricostruire meglio di prima». La famiglia Manzi è tra queste. «Tutta la nostra vita è là» conclude Donatella. I giorni passati a Udine sono stati belli, quasi una vacanza. Ma dobbiamo tornare, vogliamo tornare».
Un’intera famiglia abruzzese, riuscita a scampare al terremoto, si è rifugiata a Udine, a casa del generale in pensione Giuseppe Caporale e, da ieri, sulla loro porta di via Istria, c’è anche un fiocco rosa perchè è nata Beatrice, figlia di una sfollata. «Qui in Friuli – racconta Donatella, sorella della neomamma – abbiamo trovato un’accoglienza e una solidarietà straordinarie che di certo smentiscono la “fama” dei friulani di essere persone un po’ freddine. Qui con voi abbiamo ritrovato la serenità». La piccola Beatrice, tre chili e 340 grammi di peso, è venuta alla luce alle 21.30 di martedì e, proprio come la mamma Roberta Manzi, sta bene. Accanto a loro il padre Davide Laglia, il primogenito Edoardo di 5 anni, insieme a tutta la famiglia.
In particolare “nonno Pino” (così viene affettuosamente chiamato in famiglia il signor Caporale, che in realtà è prozio di Beatrice) e, sua moglie, la signora Liliana Zucchitello erano felicissimi. «Certo, siamo provati dal sisma – sottolinea ancora Donatella che fa un po’ da portavoce di tutta la famiglia –, ma ci riteniamo fortunati non solo perchè non abbiamo avuto lutti, ma anche perchè è arrivata, benaugurante, questa creatura». Beatrice insomma è un raggio di luce in una famiglia che, almeno per il momento, ha dovuto abbandonare tutto. Comprese le abitazioni che sono state gravemente lesionate dalle scosse e sono state giudicate inagibili. «Siamo da sempre molto legati agli zii udinesi – continua Donatella – e così dopo quel terribile 6 aprile ci è sembrato naturale venire qui». In città, oltre a Donatella, che è la nipote dei coniugi Caporale, sono arrivati anche il marito Antonio e il figlio Giorgio. Alla grande tavola allestita nella villetta per l’occasione c’era anche un’altra nipote Giulia, 18 anni, insieme al fidanzato Alessandro. Fin qui tutti i parenti giunti dall’Aquila. C’era poi il figlio dei Caporale, Andrea, con la moglie Carla e i figli Martina e Federico. Mancava solo il primogenito Renato, che vive a Padova, con la moglie Elena e la figlia Alessia. «Abbiamo preparato una grande sala da pranzo – riferiscono i padroni di casa –, tanto che se nelle menti di tutti noi non ci fossero state le immagini del terremoto, sarebbe stata quasi una festa».Ma quei momenti drammatici, purtroppo, non si possono dimenticare. Donatella che, con la famiglia è proprietaria di tre boutique in pieno centro storico a L’Aquila, ricorda ogni attimo. E, quando parla di quella notte, nella sua voce vibrano ancora le stesse emozioni. «Quando c’è stata la scossa più lunga – dice –, sembrava di essere in un frullatore. Esplodevano i vetri dei palazzi e la gente urlava terrorizzata. Aspettavamo che la terra smettesse di tremare, come le altre volte. Ma quella volta sembrava non volersi fermare. A casa nostra sono caduti alcuni mobili, la televisione e vari oggetti. Vedevamo i muri della costruzioni vicine incrinarsi. Ma non avevamo ancora capito la gravità della situazione. Quando siamo usciti, l’immagine di una città in bianco e nero, avvolta nel fumo, come in un film di guerra. La gente rimasta intrappolata nei palazzi che chiedeva aiuto. Un’anziana piangeva. C’erano tantissimi feriti da soccorrere...l’odore di gas e l’acqua che “pioveva” da tutte le parti perchè si erano rotte le tubature...un inferno».Nonostante L’Aquila sia stata ferita al cuore, visto che buona parte del centro storico è stato fortemente danneggiato, la maggior parte degli abitanti intende tornare e «ricostruire meglio di prima». La famiglia Manzi è tra queste. «Tutta la nostra vita è là» conclude Donatella. I giorni passati a Udine sono stati belli, quasi una vacanza. Ma dobbiamo tornare, vogliamo tornare».
Si pagano fino a 25 euro per ritirare la macchina dopo le 21
Udine I commercianti: così il centro si vuota di colpo, gli orari vanno rivisti
Parcheggi che dopo le 21 si trasformano in trappole. E servizi inadeguati per una città che vuole favorire il turismo e rendere attrattivo il centro storico. Dopo l’ennesimo caso di turisti rimasti intrappolati al park Magrini e costretti a pagare 25 euro per recuperare l’automobile di domenica con un’attesa di quasi 40’, la Confcommercio chiede al Comune d rivedere la politica della sosta in città.
«Non è possibile che la maggior parte dei park in struttura chiudano alle 21 – dice il presidente dell’associazione, Pietro Cosatti -. E’ un orario che penalizza bar e soprattutto ristoranti. Chi viene in centro per l’aperitivo o per lo shopping e poi vorrebbe fermarsi a cena è vincolato dall’orario di chiusura del parcheggio. E così spesso rinuncia a restare in città e sceglie di andare a mangiare altrove. Anche perché per il recupero dell’auto si spendono cifre assurde». Per questo motivo la Confcommercio aveva già chiesto di prolungare l’orario di apertura dei park in struttura del centro almeno fino a mezzanotte automatizzando gli accessi in modo da evitare costi elevati per chi sfora. Al park Magrini, aperto dalle 7 alle 21 dal lunedì al sabato, se qualcuno non fa in tempo a recuperare l’automobile, per uscire è costretto a chiamare l’Italpol che ha in gestione il servizio di emergenza: entro le 22 l’intervento costa 10 euro, dopo le 22 e nei giorni festivi 25. Oltre al costo per la sosta che è di 50 centesimi all’ora. E lo stesso vale all’Andreuzzi e al Tribunale (dove però il costo della sosta è di 1 euro all’ora).«Con questo sistema penalizziamo il centro e il turismo – dice il referente della Confcommercio per il centro storico, Gianni Croatto -. Se vogliamo far crescere la città è indispensabile ripensare il sistema della sosta sia per quanto riguarda gli orari che le sanzioni. Pagare una multa di 34 euro per chi fa scadere il ticket è un’anomalia tutta udinese che va corretta. E lo stesso vale per i park in struttura: non si può chiedere 25 euro per poter recuperare la macchina».Per favorire l’utilizzo dei park in struttura e quindi la fruibilità del centro la Confcommercio chiede anche l’installazione di telecamere a tutela degli utenti che «altrimenti – sottolinea Cosatti – non si sentono sicuri». A sollevare il caso, nei giorni scorsi è stata la titolare dell’osteria locanda Al Cappello di via Paolo Sarpi, Monica Tognut: «Qui da noi – racconta - ospitiamo spesso turisti che si fermano alcuni giorni per visitare il centro. E sempre più spesso ci capita che le persone che restano qui per il fine settimana poi siano costrette a pagare 25 euro per recuperare l’auto dal Magrini. L’ultimo caso si è verificato proprio domenica con una coppia di austriaci. Certo nel parcheggio l’indicazione c’è, ma non so se è scritta anche in inglese o in tedesco e comunque è assurdo che la domenica il parcheggio sia chiuso».Cristian Rigo
Chiesta la dichiarazione di interesse culturale per il Sentiero del pellegrino
Tarvisio Se l’istanza delle Belle arti dovesse essere accolta, il tracciato di Promotur andrebbe rivisto
TARVISIO. Rischia di restare chiuso in un cassetto il progetto di realizzazione della nuova pista intitolata a Nadia Bonfini, la cosiddetta variante turistica del Lussari. La Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia infatti, ha dato il via al procedimento per la dichiarazione dell’interesse culturale del “Sentiero del pellegrino”, il percorso che avrebbe dovuto subire radicali modifiche proprio per la costruzione della pista. A questo punto, se quest’azione dovesse andare in porto, il tracciato pensato da Promotur per dare sfogo alla sempre più affollata Di Prampero, dovrà essere ripensato completamente. Non potrebbero più esserci infatti, come previsto nel progetto iniziale, delle sovrapposizioni tra pista e sentiero, con la delocalizzazione di una parte del collegamento utilizzato da pellegrini e scialpinisti. Una decisione destinata a far discutere in Valcanale, dove si sono formate due correnti di pensiero: quella che spinge per la realizzazione della pista per aumentare le potenzialità turistiche del Tarvisiano, e quella che invece sta cercando di salvaguardare un sentiero entrato oramai a far parte della storia culturale e religiosa del territorio. Le motivazioni che hanno spinto la Soprintendenza ad avviare il procedimento sono sia di tipo ambientale che storico. «Il tratto di strada che conduce al santuario sul Monte Santo del Lussari in Valcanale a partire dalla località Zamline – si legge nel documento della Soprintendenza – presenta un interesse etnoantropologico particolarmente importante in quanto testimonianza dell’identità e della storia del santuario, intitolato a Santa Maria, e dei connessi riti di pellegrinaggio e di testimonianza, inoltre delle consuetudini di utilizzazione collettiva della foresta di Tarvisio, da parte delle popolazioni ivi stanziate. La tutela della strada – prosegue il testo – permette il riconoscimento e la conservazione di significati e valori identitari rintracciabili in comportamenti durati nei secoli, quelli di folle di devoti saliti in pellegrinaggio e quelle di generazioni di membri della comunità vicinale impegnati nel duro lavoro di sfruttamento delle risorse della foresta, in particolare per la manutenzione della stessa strada». La Soprintendenza dà tempo, a tutti gli interessati, 140 giorni a partire dal 25 marzo per presentare memorie scritte e documenti sulla questione. Intanto, dalle pagine di altofriuli.com, il portavoce del Comitato nato per la salvaguardia del sentiero del pellegrino, Gabriele Moschitz, esprime tutta la propria soddisfazione per l’avvio del procedimento. «Quanto abbiamo sostenuto ha trovato fondamento. Gli enti pubblici si sono dimostrati insensibili nei confronti dei cittadini e hanno ignorato la nostra raccolta di firme. In futuro l’itinerario potrà avere una valenza storica e turistica assieme». Alessandro Cesare
di MASSIMO MEROI
Sarà sempre più l’Udinese di Giampaolo Pozzo. Il patron bianconero, dopo un paio di giorni in Friuli, dove ha cominciato a mettere i ferri in acqua per riorganizzare i compiti all’interno della società, è volato a Barcellona, ma anche dalla Spagna sta lavorando per l’Udinese. «Stiamo ristrutturando un po’ tutto – ha spiegato il patron –, ci sarà una redistribuzione degli incarichi. Lo considero un lavoro di ammodernamento della società. Tra l’altro io avrò più tempo per dedicarmi alla vita del club».Anche per questo motivo si va verso la decisione di chiudere il rapporto con l’attuale direttore generale Pietro Leonardi. Al di là delle frasi di facciata («ho ancora tre anni di contratto», ha detto ieri il dirigente bianconero), Leonardi è destinato a lasciare Udine destinazione Parma dove il presidente Ghirardi ha pronto per lui un contratto di tre anni. E potrebbe seguirlo il coordinatore dell’area tecnica Antonello Preiti. Chi sarà il sostituto di Leonardi? Ieri è spuntato il nome di Pierpaolo Marino, soluzione suggestiva, ma tutta da verificare. Certo Marino a Napoli non è più in auge come qualche tempo fa e il rapporto con De Laurentiis si è deteriorato, ma con Pozzo in prima fila che senso avrebbe affidarsi a una personalità così forte? Piuttosto non è escluso che l’Udinese rinunci alla classica figura del direttore sportivo (di fatto le operazioni di mercato più importanti vengono seguite in prima persona da Pozzo junior) e che per i compiti di campo la proprietà si affidi ad Andrea Magro. Nel mirino della rivoluzione “pozziana” potrebbe finire anche lo staff medico. Il professor Petrucci, arrivato a Udine su consiglio di Leonardi, viene dato sul piede di partenza.Società. «Ho un contratto con l’Udinese fino al 2012. Non aggiungo e non aggiungerò altro». Tutto quì il Leonardi-pensiero sul suo possibile trasferimento al Parma. Non poteva dire diversamente il dg, anche perchè entro una decina di giorni ci sarà il colloquio decisivo con la proprietà. La sensazione è che l’epilogo sia già stato scritto anche se Leonardi ha voluto difendere il lavoro svolto durante la stagione. «È strano – ha detto –: ogni volta che l’Udinese trova un po’ di serenità vengono fuori voci del genere. Questo però non succedeva in quei due mesi in cui le cose andavano male. Ho sentito parlare addirittura di rivoluzione: a Udine non si fanno rivoluzioni, semmai una programmazione precisa. Adesso l’Udinese ha il compito, per se stessa e per i propri tifosi, di finire bene la stagione e di lavorare in tranquillità». Allenatore. La sensazione è che non sarà così semplice. Praticamente all’indomani dell’eliminazione dalla coppa Uefa, il pentolone nel quale “bollivano” le novità è esploso. Con Leonardi in partenza, si rafforza la sensazione che il prossimo anno Pasquale Marino non siederà ancora sulla panchina dell’Udinese. Alcune emittenti nazionali hanno riportato la notizia – che non ha avuto riscontri – di un incontro tra patron e allenatore avvenuto domenica al termine della gara con la Fiorentina e nel quale le due parti si sarebbero riavvicinate.L’ultima indiscrezione parla di un possibile trasferimento del tecnico siciliano al Torino, a patto che i granata rimangano in serie A. Prima, però, Marino dovrà trovare un accordo con Pozzo anche se il tecnico un mese fa aveva dichiarato che si sarebbe fatto da parte se si fosse reso conto di non essere più bene accetto. Al di là delle smentite di facciata, in pole position per raccogliere l’eredità del tecnico siciliano c’è sempre Gigi Del Neri che attende un segnale per firmare il contratto. Ieri radio-mercato ha ipotizzato anche un interessamento dell’Udinese per l’attaccante dell’Atalanta Sergio Floccari per prendere il posto di Quagliarella. Considerato il costo del cartellino del bomber nerazzurro (si parla di 12 milioni), nel mirino di Genoa e Napoli, sembra un’ipotesi azzardata.
TORINO. La Costituzione non è da buttare, «non è un residuato bellico», non è intoccabile, può essere riformata, ma «partendo da dati di fatto e senza enfasi polemiche infondate, verificando quali concreti elementi di ulteriore rafforzamento dei poteri del governo e di chi lo presiede possano introdursi sulla base di motivazioni trasparenti e convincenti». Questo il succo della lezione di Giorgio Napolitano all’inaugurazione della Biennale della Democrazia.«È del tutto legittimo politicamente» modificare la Costituzione per rafforzare i poteri del governo e del presidente del Consiglio rispetto al Parlamento e alla magistratura, ma servono motivazioni «convincenti e trasparenti». Ma sapendo che «non si parte da zero», che dei cambiamenti in questo senso sono già avvenuti con la modifica dei regolamenti parlamentari, il maggior ricorso ai decreti legge e ai voti di fiducia e la riduzione dei gruppi parlamentari. Questo non si può ignorare. Forse bisogna andare più avanti, ma nessun soggetto istituzionale, «nemmeno in forza dell’investitura popolare, diretta o indiretta», nè in nome della governabilità può «ignorare» e quindi violare i limiti all’equilibrio dei poteri e all’esercizio della sovranità popolare, che è affidata innanzitutto alle assemblee parlamentari.Napolitano cita Norberto Bobbio e Giuliano Amato per dire che la garanzia dei diritti di libertà, la divisione dei poteri, la pluralità dei partiti, la tutela delle minoranze politiche, la distinzione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario), la stessa funzione di garanzia del capo dello Stato quale «potere neutro», «non costituiscono un bagaglio obsoleto, sacrificabile sull’altare della governabilità». Quello del capo dello Stato è un forte richiamo al realismo, alla saggezza, e alla responsabilità di ognuno per la propria parte, una esortazione a riprendere la via del confronto per giungere «a essenziali proposte di riforme della seconda parte della Costituzione su cui sia possibile raggiungere alla più ampia condivisione». Ma è anche un altolà a ogni tentativo di forzare i «paletti» che la Costituzione stessa pone allo straripamento di un potere sugli altri. Napolitano ha ricordato i tentativi finora vani di aggiornare la Costituzione e ha esortato a riprendere il cammino per dare vita a una nuova stagione costituente. Ha innanzitutto ricordato che le fondamenta della Carta del ’48 poggiano sui valori dell’antifascismo e della Resistenza tradotti in principi e diritti condivisibili oggi anche da chi non si riconosceva nell’antifascismo e nella Resistenza, «e perciò il 25 Aprile non è una festa di una parte sola».Fra le riforme auspicabili, Napolitano pone il superamento del bicameralismo perfetto e l’istituzione di una Camera delle autonomie che sostituisca il Senato attuale. Difende la legittimità di misure quali le soglie di sbarramento per evitare l’eccessiva frammentazione delle rappresentanze parlamentari, critica invece - pur senza citarla espressamente - la norma delle legge elettorale attuale che impedisce agli elettori di scegliere i singoli candidati da eleggere..
di MICHELE MELONI TESSITORI
Il successo del recital serale, all’auditorium regionale di via Sabbadini a Udine, ha tolto in parte l’amaro in bocca al grande manager culturale Marco Goldin e alla sua macchina da guerra Linea d’ombra per gli intoppi organizzativi che invece hanno contrassegnato, ieri, la rappresentazione d’esordio, quella pomeridiana, rovinando un po’ l’anticipazione della grande mostra sul realismo e l’impressionismo nell’Europa centrale e orientale in programma a villa Manin dal 26 settembre al 7 marzo.L’incertezza sull’obbligo della prenotazione dei posti, prima annunciato e poi disdetto dall’Agenzia speciale che voleva prudentemente evitare la ressa e le code registrate per la prima della mostra di Zigaina, hanno evidentemente creato confusione nel pubblico che cosí non ha riempito gli spalti. E piú tardi, quando Goldin stava ipnotizzando gli spettatori immergendoli nello splendore dei colori dei quadri impressionisti, il proiettore si è inceppato causando una breve interruzione del programma.«Sono conosciuto come un buon organizzatore - era subito intervenuto Goldin in apertura dell’incontro guardando la parte vuota dell’auditorium - e mi spiace molto, anche se non credo che questo inconveniente sia una mia responsabilità. Per questa presentazione - aveva proseguito - si è forse creato un meccanismo troppo farraginoso con la prenotazione telefonica, non gradita. Mi spiace, si sarebbe dovuto dare libero accesso a tutti come per la serata dedicata a Zigaina. È un po’ un’occasione sprecata».Ma è comunque una mostra imponente, quella de L’età di Courbet e Monet presentata ieri all’auditorium con l’aggiunta di un breve spettacolo teatrale ispirato proprio ai temi del paesaggio francese dell’800, anch’esso opera di Goldin. Sul palco, per recitare la pièce Di Courbet e un cieco. Di Monet, Piero Salvatori al violoncello e Renzo Ruggieri alla fisarmonica (anche autori delle musiche) accanto agli attori Sandro Buzzatti, Gilberto Colla e Loriano Della Rocca già visti nel Pellegrinaggio a Barbana che introdusse all’antologica su Zigaina in corso in queste settimane a Passariano con crescente successo. Un risultato, questo dell’antologica sul maestro friulano del Novecento, che Antonio Pulvirenti, a nome dell’Agenzia speciale, ha posto in evidenza attribuendolo alle nuove strategie di Goldin ed Enzo Cainero per la villa «che oggi vuole essere uno spazio espositivo aperto 365 giorni l’anno, arricchito di continui eventi».Il manager di Linea d’ombra ha comunque ritrovato la verve non appena si è tuffato nei 50 quadri piú significativi scelti per illustrare il contenuto della mostra. Una rassegna che ha l’originalità di porre per la prima volta a confronto i maestri francesi con i loro contemporanei dell’Europa centro-orientale, tant’è che «non esistono altri cataloghi o libri e avremo l’occasione, con gli storici dell’arte europei coinvolti nel progetto di scrivere un testo che sarà punto di riferimento».Goldin ha promesso sorprese accennando ai tanti nomi oscuri al grande pubblico di artisti dell’Europa centro-orientale che non sono da meno rispetto alla scuola francese. «Può darsi che dopo avere visto la mostra uscirete interrogandovi sul perché gli impressionisti siano cosí famosi e altri pittori loro contemporanei, di varie nazioni europee, lo siano molto meno. Il mio intento, infatti, è anche quello di aprire una discussione, di indurre al ragionamento, al confronto».Anche la mostra che aprirà i battenti il 26 settembre in villa è pensata proprio per favorire la comparazione tra i francesi e gli altri. Le sale ospiteranno, infatti, le 130 tele distribuite non per autori o secondo un criterio cronologico, ma per temi: boschi e campagne; acque (fiumi, laghi, mari) e i ritratti nel paesaggio: le ambientazioni tipiche della poetica dal realismo all’impressionismo. Goldin ha scommesso con gli spettatori che, una volta compiuto questo viaggio nello splendore di colori e paesaggi dell’Ottocento, accanto ai francesi qualcuno avrà scoperto la grandezza dei romeni Andeescu e Grigorescu, del russo Levitan, dello svizzero Hodler, dell’ungherse Pal Szinyei Merse, del ceco Chitussi presente con ben cinque tele. Tutti artisti straordinari, non inferiori ai maestri transalpini, a volte perfino capaci di anticiparli nella scoperta di scene di vita quotidiana e della luce non spirituale, ma colloquiale, diretta.A quel punto, forte dei numeri della mostra, anticipati dalle 4 mila prenotazioni confermate ieri, anche per Marco Goldin quel proiettore che s’inceppa sul piú bello - «mi spiace, ma non è il mio» - non sarà che un lontano ricordo.
Il successo del recital serale, all’auditorium regionale di via Sabbadini a Udine, ha tolto in parte l’amaro in bocca al grande manager culturale Marco Goldin e alla sua macchina da guerra Linea d’ombra per gli intoppi organizzativi che invece hanno contrassegnato, ieri, la rappresentazione d’esordio, quella pomeridiana, rovinando un po’ l’anticipazione della grande mostra sul realismo e l’impressionismo nell’Europa centrale e orientale in programma a villa Manin dal 26 settembre al 7 marzo.L’incertezza sull’obbligo della prenotazione dei posti, prima annunciato e poi disdetto dall’Agenzia speciale che voleva prudentemente evitare la ressa e le code registrate per la prima della mostra di Zigaina, hanno evidentemente creato confusione nel pubblico che cosí non ha riempito gli spalti. E piú tardi, quando Goldin stava ipnotizzando gli spettatori immergendoli nello splendore dei colori dei quadri impressionisti, il proiettore si è inceppato causando una breve interruzione del programma.«Sono conosciuto come un buon organizzatore - era subito intervenuto Goldin in apertura dell’incontro guardando la parte vuota dell’auditorium - e mi spiace molto, anche se non credo che questo inconveniente sia una mia responsabilità. Per questa presentazione - aveva proseguito - si è forse creato un meccanismo troppo farraginoso con la prenotazione telefonica, non gradita. Mi spiace, si sarebbe dovuto dare libero accesso a tutti come per la serata dedicata a Zigaina. È un po’ un’occasione sprecata».Ma è comunque una mostra imponente, quella de L’età di Courbet e Monet presentata ieri all’auditorium con l’aggiunta di un breve spettacolo teatrale ispirato proprio ai temi del paesaggio francese dell’800, anch’esso opera di Goldin. Sul palco, per recitare la pièce Di Courbet e un cieco. Di Monet, Piero Salvatori al violoncello e Renzo Ruggieri alla fisarmonica (anche autori delle musiche) accanto agli attori Sandro Buzzatti, Gilberto Colla e Loriano Della Rocca già visti nel Pellegrinaggio a Barbana che introdusse all’antologica su Zigaina in corso in queste settimane a Passariano con crescente successo. Un risultato, questo dell’antologica sul maestro friulano del Novecento, che Antonio Pulvirenti, a nome dell’Agenzia speciale, ha posto in evidenza attribuendolo alle nuove strategie di Goldin ed Enzo Cainero per la villa «che oggi vuole essere uno spazio espositivo aperto 365 giorni l’anno, arricchito di continui eventi».Il manager di Linea d’ombra ha comunque ritrovato la verve non appena si è tuffato nei 50 quadri piú significativi scelti per illustrare il contenuto della mostra. Una rassegna che ha l’originalità di porre per la prima volta a confronto i maestri francesi con i loro contemporanei dell’Europa centro-orientale, tant’è che «non esistono altri cataloghi o libri e avremo l’occasione, con gli storici dell’arte europei coinvolti nel progetto di scrivere un testo che sarà punto di riferimento».Goldin ha promesso sorprese accennando ai tanti nomi oscuri al grande pubblico di artisti dell’Europa centro-orientale che non sono da meno rispetto alla scuola francese. «Può darsi che dopo avere visto la mostra uscirete interrogandovi sul perché gli impressionisti siano cosí famosi e altri pittori loro contemporanei, di varie nazioni europee, lo siano molto meno. Il mio intento, infatti, è anche quello di aprire una discussione, di indurre al ragionamento, al confronto».Anche la mostra che aprirà i battenti il 26 settembre in villa è pensata proprio per favorire la comparazione tra i francesi e gli altri. Le sale ospiteranno, infatti, le 130 tele distribuite non per autori o secondo un criterio cronologico, ma per temi: boschi e campagne; acque (fiumi, laghi, mari) e i ritratti nel paesaggio: le ambientazioni tipiche della poetica dal realismo all’impressionismo. Goldin ha scommesso con gli spettatori che, una volta compiuto questo viaggio nello splendore di colori e paesaggi dell’Ottocento, accanto ai francesi qualcuno avrà scoperto la grandezza dei romeni Andeescu e Grigorescu, del russo Levitan, dello svizzero Hodler, dell’ungherse Pal Szinyei Merse, del ceco Chitussi presente con ben cinque tele. Tutti artisti straordinari, non inferiori ai maestri transalpini, a volte perfino capaci di anticiparli nella scoperta di scene di vita quotidiana e della luce non spirituale, ma colloquiale, diretta.A quel punto, forte dei numeri della mostra, anticipati dalle 4 mila prenotazioni confermate ieri, anche per Marco Goldin quel proiettore che s’inceppa sul piú bello - «mi spiace, ma non è il mio» - non sarà che un lontano ricordo.
TRICESIMO
TRICESIMO. Oltre un migliaio di persone, tanto che il duomo non riusciva a contenerle tutte, ha reso ieri pomeriggio, a Tricesimo, l’ultimo saluto a Giulio De Agostini, commercialista e sportivo spentosi a 54 anni all’ospedale di Udine, per il precipitare di un male rivelatosi inesorabile. A stringersi accanto alla moglie Fulvia, ai due figli Cesare e Federica, ai tanti parenti tra cui il cugino Gigi De Agostini, rappresentanti delle società sportive e del mondo associazionistico di Tricesimo, oltrechè di diversi sodalizi calcistici e ciclistici della zona. Intervenuti, tra gli altri, Enzo Cainero - con cui lo scomparso condivideva la passione per la bicicletta, seguendo molti Giri d’Italia, e con il quale aveva in programma un viaggio in Australia per i mondiali di ciclismo del 2010 -, il consigliere regionale Giorgio Baiutti, amico e compagno di scuola, il sindaco Andrea Mansutti con l’assessore Giacinto Pellegrino e diversi consiglieri tra cui Antonio Maffione, nonchè molte persone legate al mondo professionale di De Agostini. Presenti in divisa anche una ventina di giocatori del Tricesimo calcio, società che De Agostini aveva ha fatto sì, con il proprio impegno, che passasse dalla Prima categoria all’Eccellenza. La messa è stata concelebrata da monsignor Ariedo Iogna con i parroci della Madonna Missionaria don Maurizio Zenarolla, di Bertiolo e già di Tricesimo monsignor Gino Pigani e di Vergnacco don Marco Visentini, amico dall’infanzia e compagno di scuola di Giulio De Agostini. Nell’omelia l’arciprete ha sottolineato come sia difficile dare una risposta alla scomparsa di una persona che per età si trovava nella piena maturità e che avrebbe potuto dare ancora molto alla famiglia e alla società, ma in questi duri casi - ha affermato - è la fede che ci sorregge. Ha preso la parola anche un rappresentante del gruppo di calcio amatoriale “Costantini”, per un saluto e un ringraziamento all’amico scomparso a nome di quanti hanno avuto modo di collaborare con lui nel mondo dello sport. Alla fine della messa, il feretro è stata portato per un tratto da tre cugini De Agostini: Gigi e altri due che giocano nel Tricesimo calcio. (m.ri.)
UDINE
di PAOLA LENARDUZZI
«I giovani non conoscono la reale portata della guerra di Liberazione». Federico Vincenti, presidente dell’associazione partigiani friulana, l’Anpi, lancia nuovamente l’allarme alla vigilia delle celebrazioni del 25 aprile. Non si fa abbastanza nelle scuole, sostiene, benchè non manchi l’interesse da parte di studenti e insegnanti. E le stesse istituzioni non tengono nella dovuta considerazione questa realtà e la memoria che tramanda, «visto che la regione ha tagliato di brutto il suo sostegno all’associazione».
Infatti i 100 mila euro annui – da dividersi tra tutte e quattro le Anpi delle provincie – si sono ridotti a 60 mila, come ricorda amareggiato Vincenti (nella foto in alto), che si definisce «partigiano italiano combattente all’estero» e che ribadirà con forza le sue convinzioni nel discorso celebrativo di sabato mattina in piazza Libertà, cerimonia clou del 25 aprile, non l’unica in città.«Questa ricorrenza ha sempre visto l’adesione convinta delle istituzioni a Udine – attacca –, un’adesione unitaria con sindacati e associazioni combattentistiche. Esiste una forza ideale che fa muovere la gente. Mi aspetto questo anche per le cerimonie del 64º anniversario, anche se magari si vedrà qualche svastica sui muri, simbolo di grande ignoranza».Per Vincenti, i giovani non sono ancora adeguatamente informati su tutto ciò che ha significato la lotta partigiana e poi la Liberazione dai nazifascisti. «La scuola non informa ancora adeguatamente – insiste Vincenti –, anche se riconosco un certo risveglio di interesse da parte dei docenti e degli stessi studenti; sono loro a richiedere i nostri interventi: ne abbiamo in programma diversi e fino a maggio inoltrato, sia in istituti superiori che alle medie, in cui portiamo le nostre testimonianze e riscontriamo un certo interesse. Resta però il fatto che l’insegnamento della storia contemporanea di questo periodo a mio avviso dovrebbe essere maggiormente coltivato».Il presidente dell’Anpi friulana, cui fanno riferimento circa 1.800 soci, si sofferma poi a parlare della novità di quest’anno a livello nazionale. «Il presidente del Consiglio interverrà per la prima volta alle cerimonie per la Liberazione, dopo che in passato ha sempre negato l’importanza dei partigiani in questo passaggio decisivo per l’Italia libera. Questa annunciato intervento avrà un senso soltanto se Berlusconi chiederà scusa per quanto aveva a suo tempo affermato. Se nel suo discorso ribadirà quello che ha già detto, credo proprio che per lui ci saranno fischi».
Infatti i 100 mila euro annui – da dividersi tra tutte e quattro le Anpi delle provincie – si sono ridotti a 60 mila, come ricorda amareggiato Vincenti (nella foto in alto), che si definisce «partigiano italiano combattente all’estero» e che ribadirà con forza le sue convinzioni nel discorso celebrativo di sabato mattina in piazza Libertà, cerimonia clou del 25 aprile, non l’unica in città.«Questa ricorrenza ha sempre visto l’adesione convinta delle istituzioni a Udine – attacca –, un’adesione unitaria con sindacati e associazioni combattentistiche. Esiste una forza ideale che fa muovere la gente. Mi aspetto questo anche per le cerimonie del 64º anniversario, anche se magari si vedrà qualche svastica sui muri, simbolo di grande ignoranza».Per Vincenti, i giovani non sono ancora adeguatamente informati su tutto ciò che ha significato la lotta partigiana e poi la Liberazione dai nazifascisti. «La scuola non informa ancora adeguatamente – insiste Vincenti –, anche se riconosco un certo risveglio di interesse da parte dei docenti e degli stessi studenti; sono loro a richiedere i nostri interventi: ne abbiamo in programma diversi e fino a maggio inoltrato, sia in istituti superiori che alle medie, in cui portiamo le nostre testimonianze e riscontriamo un certo interesse. Resta però il fatto che l’insegnamento della storia contemporanea di questo periodo a mio avviso dovrebbe essere maggiormente coltivato».Il presidente dell’Anpi friulana, cui fanno riferimento circa 1.800 soci, si sofferma poi a parlare della novità di quest’anno a livello nazionale. «Il presidente del Consiglio interverrà per la prima volta alle cerimonie per la Liberazione, dopo che in passato ha sempre negato l’importanza dei partigiani in questo passaggio decisivo per l’Italia libera. Questa annunciato intervento avrà un senso soltanto se Berlusconi chiederà scusa per quanto aveva a suo tempo affermato. Se nel suo discorso ribadirà quello che ha già detto, credo proprio che per lui ci saranno fischi».
HINTERLAND
POZZUOLO. Salvo per miracolo. L’udinese Paolo Ciocca, 48 anni, abitante in viale Venezia 205, ieri mattina è stato vittima di un pauroso incidente stradale, investito dal carico di ferro caduto da un camion. Cavandosela alla fine, però, con traumi non gravi. Il sinistro è avvenuto di prima mattina, quando sia l’automobilista sia l’autista del mezzo, dal quale si è sganciato il manufatto ferroso, si stavano recando al lavoro.
Alle 8.45 in via Manzano, non lontano dalla Zona industriale udinese, un autocarro Mercedes, condotto dall’autotrasportatore Renzo Morelli, in prossimità della rotatoria che smista il traffico per la Ziu, ha lasciato cadere completamente il carico di ferro che trasportava, evidentemente non perfettamente ancorato. La caduta del materiale è avvenuta appunto quando il camion ha virato per immettersi nell’area della rotonda, investendo in pieno una Volkswagen Passat che seguiva, con alla guida appunto Paolo Ciocca, che stava raggiungendo il proprio posto di lavoro, presso la ditta Tecnomaster di Lauzacco, solo un chilometro oltre. Una disperata frenata dell’auto investita non ha però sortito l’effetto di evitare il tremendo impatto: il pesante carico si è rovesciato parte davanti all’auto, parte ha travolto la Passat, il cui abitacolo per fortuna ha resistito all’urto, salvando la vita al guidatore. Il conducente dell’autocarro è rimasto incolume, gravi i danni invece alla Passat. L’automobilista, oltre ad aver subito il colpo di frusta e ad altri traumi dovuti all’urto, è stato colto da malore per il forte choc. L’autoambulanza del 118 stava appunto arrivando al nosocomio, dopo avere soccorso l’infortunato e avergli prestato le prime cure. «Subito - ha raccontato ieri la moglie del ferito – mio marito è stato sottoposto ai controlli medici del caso, che oltre alle prevedibili botte non hanno riscontrato per fortuna traumi importanti. Sia il personale del pronto soccorso che quello dell’ospedale hanno mostrato grande efficienza, disponibilità e competenza». Sul luogo dell’incidente è intervenuta la Polstrada di Udine per i necessari rilievi. Nel giro di poche ore il paziente è stato dimesso; ne avrà per un po’ di giorni, se non altro per smaltire lo stato di stress causato dalla paura sofferta. Un vero miracolo. Paola Beltrame
Alle 8.45 in via Manzano, non lontano dalla Zona industriale udinese, un autocarro Mercedes, condotto dall’autotrasportatore Renzo Morelli, in prossimità della rotatoria che smista il traffico per la Ziu, ha lasciato cadere completamente il carico di ferro che trasportava, evidentemente non perfettamente ancorato. La caduta del materiale è avvenuta appunto quando il camion ha virato per immettersi nell’area della rotonda, investendo in pieno una Volkswagen Passat che seguiva, con alla guida appunto Paolo Ciocca, che stava raggiungendo il proprio posto di lavoro, presso la ditta Tecnomaster di Lauzacco, solo un chilometro oltre. Una disperata frenata dell’auto investita non ha però sortito l’effetto di evitare il tremendo impatto: il pesante carico si è rovesciato parte davanti all’auto, parte ha travolto la Passat, il cui abitacolo per fortuna ha resistito all’urto, salvando la vita al guidatore. Il conducente dell’autocarro è rimasto incolume, gravi i danni invece alla Passat. L’automobilista, oltre ad aver subito il colpo di frusta e ad altri traumi dovuti all’urto, è stato colto da malore per il forte choc. L’autoambulanza del 118 stava appunto arrivando al nosocomio, dopo avere soccorso l’infortunato e avergli prestato le prime cure. «Subito - ha raccontato ieri la moglie del ferito – mio marito è stato sottoposto ai controlli medici del caso, che oltre alle prevedibili botte non hanno riscontrato per fortuna traumi importanti. Sia il personale del pronto soccorso che quello dell’ospedale hanno mostrato grande efficienza, disponibilità e competenza». Sul luogo dell’incidente è intervenuta la Polstrada di Udine per i necessari rilievi. Nel giro di poche ore il paziente è stato dimesso; ne avrà per un po’ di giorni, se non altro per smaltire lo stato di stress causato dalla paura sofferta. Un vero miracolo. Paola Beltrame
UDINE
Sono stati denunciati i due sospettati del furto di monete rare avvenuto sabato scorso in castello. Uno di loro, come hanno spiegato ieri i carabinieri durante una conferenza stampa, è un dipendente del Comune di Udine che ha lavorato anche per i civici musei. L’uomo, un sessantenne di Tavagnacco, ora è accusato di furto. L’altra persona finita nel mirino degli investigatori è un 48enne udinese che sarà chiamato a rispondere di ricettazione.Il furto è stato scoperto martedì mattina, quando il personale che stava allestendo una mostra la pian terreno, si è accorto che dalle teche mancavano 33 reperti.
Il direttore dei musei, Maurizio Buora, si è rivolto immediatamente ai carabinieri e sono così cominciate le indagini. I militari della stazione di Udine e i colleghi del Nucleo operativo e radiomobile hanno effettuato un primo sopralluogo e hanno notato che le serrature delle teche non erano state manomesse. Nessun segno di effrazione. La loro attenzione, dunque, si è concentrata sulle persone che teoricamente avrebbero potuto entrare in possesso di una copia delle chiavi. I Cc hanno ascoltato numerosi dipendenti: custodi, addetti alle pulizie, tecnici e molti altri ancora.Contemporaneamente, il personale della Sezione rilievi ha cominciato ad analizzare le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza interno al castello. Inizialmente, solo brutte notizie. Nei filmati non si vedeva un gran che perchè qualcuno aveva spostato le telecamere. Poi, invece, la svolta: da una telecamera lontana rispetto alle teche ripulite le prime immagini interessanti, in cui però si muoveva una figura maschile che appariva sfuocata. Grazie alla tecnologia e a un paziente lavoro di “pulizia”, i carabinieri sono riusciti a ottenere fotogrammi nitidi relativi alla sequenza del furto. In quelle immagini il direttore Buora ha riconosciuto una persona che, fino a un paio di anni prima, lavorava proprio nei musei.Gli inquirenti, coordinati dal pm Viviana Del Tedesco, si sono presentati a casa sua, ma delle monete neanche l’ombra. C’era però la chiave che apriva le teche. A quel punto, l’uomo non ha potuto far finta di niente e ha spiegato di aver ceduto le monete a una terza persona – a suo dire un esperto di numismatica - di cui però non conosceva il nome. Verso sera, dunque, il ritmo degli accertamenti si è fatto più serrato, anche per il timore che la persona si disfasse delle monete. Alla fine i carabinieri sono riusciti a capire chi era il fantomatico esperto di numismatica. Hanno raggiunto la sua abitazione – un alloggio popolare – e l’hanno perquisita a fondo, trovando non solo le 33 monete sparite sabato in castello (nascoste in un calzino), ma anche altre 41 monete antiche, di cui sei verosimilmente sei d’oro. Alcune, secondo le prime verifiche, valgono oltre 50mila euro. C’erano anche 37 quadri di piccole e medie dimensioni, due statuette di avorio, un’anfora e due antiche campane. Tutto il materiale nei prossimi giorni sarà valutato dal personale del Nucleo tutela patrimonio dell’Arma. «Per noi quelle 33 monete - ha spiegato Buora – non hanno solo un valore economico. Sono prima di tutto la testimonianza di un collezionismo nato secoli fa nelle classi dirigenti udinesi. Non va poi dimenticato che il museo cittadino è nato proprio grazie a una donazione numismatica effettuata nel 1827 da Ottaviano Tartagna». Quando al furto, Buora dice di «non avere parola per condannare un simile gesto». «Purtroppo – ha concluso il direttore – le collezioni museali, come quella in questione appartenuta al marchese di Colloredo, sempre più spesso finiscono nel mirino della criminalità. Ma almeno ora i malintenzionati sanno che il livello di attenzione di istituzioni e forze dell’ordine è elevato e che le azioni di contrasto sono incisive».

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