Tensione sul piano di alleanze della casa automobilistica.
Dure critiche dal Lingotto: sentenza di morte. E anche Confindustria insorge
Crolla anche il gettito dell’imposta sui redditi delle società: -64,2%
Tengono solo gli introiti dei giochi
Il commissario europeo attacca: dove trova i soldi per Opel?
Il governo: interferenza inaccettabile Fisco, 4 miliardi di entrate in meno.
Tremonti: colpa della crisi, siamo in Quaresima
di VINDICE LECIS
ROMA. Dove trova i soldi la Fiat? Una tagliente osservazione del commissario europeo all’industria sull’interesse verso la Opel fa arrabbiare non solo l’amministratore delegato della casa torinese, Sergio Marchionne, che parla di «sentenza di morte», ma scatena una bufera diplomatica tra Ue e Italia, con la Farnesina che parla di «intollerabile interferenza». La miccia è stata accesa dal commissario tedesco dell’Ue Guenter Verheugen, che ha espresso un giudizio molto critico sull’interesse del Lingotto verso la Opel: «Mi chiedo dove questa società altamente indebitata trovi i mezzi per portare avanti allo stesso tempo due operazioni di questo genere» ha detto riferendosi anche all’operazione Chrysler. Il commissario ha aggiunto di provare «un senso di sorpresa» perché la Fiat, concorrente diretto della Opel, «è un costruttore d’auto europeo che non gode della salute migliore». Marchionne, volato negli Usa per la trattativa Chrysler, ha reagito con sorpresa e fastidio. L’ad della Fiat si è detto «stupito dal tono e dal contenuto» della dichiarazione di Verheugen, osservando che «il suo ruolo a Bruxelles» deve essere «superpartes indipendentemente dalla sua nazionalità». Il commissario è anche recidivo: è la seconda volta in due mesi che esprime valutazioni di questo tenore "che non sono costruttive per l’industria dell’auto, affermando a un certo punto che non tutti i costruttori europei sopravviveranno". Per Marchionne invece dell’auspicato «dialogo costruttivo per risolvere i problemi che stanno impattando negativamente sull’industria» arrivano «sentenze di morte scegliendo unilateralmente chi debba sopravvivere». La Fiat ha comunque precisato, anche risponendo a un invito della Consob, che a parte l’alleanza con Chrysler «non ha al momento predisposto alcuna offerta per l’acquisizione di quote di partecipazione in Opel». Guenter Verheugen ha successivamente precisato che non intendeva «essere scortese» e di «non essere contrario» a un possibile interesse Fiat per la Opel riconoscendo però «che esistono diverse questioni aperte». L’Italia, punta sul vivo, ha reagito con un passo diplomatico della Farnesina sulla Commissione europea. Dopo aver bollato come «intollerabile interferenza» l’uscita del commissario, il ministro Frattini ha sollecitato il presidente della Commissione Barroso «a smentire le improprie dichiarazioni» di Verheugen. Il ministro Tremonti ha ricordato al commissario che «il silenzio è d’oro». Anche la presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, parla di «atteggiamento grave» del commissario «che in un certo senso distrugge l’Europa» perchè «rappresenta il caso in cui a dichiarazioni altisonanti contro il protezionismo corrispondono poi atteggiamenti che proteggono le aziende del proprio paese». Intanto il governo tedesco annuncia di voler chiedere alla Fiat e ai potenziali investitori nella Opel di formulare «progetti con forti prospettive future» e condizionerà a questo il suo possibile appoggio all’ingresso nella controllata di General Motors. La Confindustria tedesca chiede cautela perché in ballo «ci sono 27 mila posti di lavoro» e maggiore riservatezza per non gestire l’operazione "di fronte al pubblico».Il segretario generale della Fiom-Cgil di Torino, Giorgio Airaudo rivela che nell’incontro di mercoledì al Lingotto «Marchionne ha spiegato che non è in corso una trattativa con l’Opel e che non ci sarà alcuna lettera d’intenti. Ha detto anche a noi che la priorità è Chrysler». C’è preoccupazione perché l’accorpamento porterà a una ristrutturzione a causa della «sovracapacità produttiva tra le attuali case europee». E la Fiat conferma che «non ha al momento predisposto alcuna offerta per l’acquisizione di quote in partecipazione in Opel».
Calcio Oggi i bianconeri incontrano il Chievo
L’allenatore: è già tutto deciso ma lo dirò a fine campionato
Dopo-Leonardi, spunta Sartori
«Sono sereno e non ho nessun tipo di problema, tanto alla fine il mio futuro lo decido io. So da ora quello che farò il prossimo anno, ma non ne voglio parlare perchè adesso l’importante è pensare solo al bene dell’Udinese cercando di dare il meglio da qui alla fine, a cominciare dalla trasferta col Chievo». È dunque arrivata la risposta di Pasquale Marino riguardo le voci di corridoio che lo vogliono a fine corsa sulla panchina dell’Udinese, una panchina che il tecnico non ha blindato a doppia mandata con le dichiarazioni rilasciate ieri.
Futuro incerto. Marino, infatti, avrebbe potuto spazzare via ogni voce, allontanare la figura di Del Neri o di chi per esso se avesse confermato la sua posizione sulla panchina bianconera anche per il prossimo anno. Invece il tecnico dell’Udinese ha scelto un’altra strada: «Della mia posizione parlerò a fine campionato, tanto adesso non devo convincere nessuno, nè le mie parole devono lasciare interpretazione alcuna. Mi chiedete se nel rendiconto generale potrebbero incidere i due mesi negativi? Questa non è una domanda che dovete rivolgere a me, ma alla società. Queste sono considerazioni che si fanno in due e comunque le decisioni, per quanto mi riguarda, sono già state prese. Questi sono discorsi che lasciano il tempo che trovano». Azione di disturbo. In ogni modo ieri Marino ha ammesso il disturbo arrecato dalle voci di mercato che in settimana hanno dato sul piede di partenza alcuni big della squadra, il direttore generale e lo stesso allenatore. «Si parla più di quelli che devono arrivare ed è chiaro che tutto questo destabilizza un po’. Abbiamo parlato con la squadra per evitare di stare dietro a quello che si legge e abbiamo cercato di lavorare e di concentrarci sulla partita di Verona nonostante per tutta la settimana non si sia parlato della vittoria sulla Fiorentina, che è normale batterla, e della partita col Chievo». Pensando al Chievo, che Marino reputa («Molto bravo quando viene attaccato e può distendersi nelle ripartenze, mentre ha qualche difficoltà in più quando deve imporrre il proprio gioco») il tecnico punta a guardare al campo, al lavoro che c’è ancora da fare, ma anche a quello che è stato fatto. E su quello focalizza l’attenzione. «L’importante è che chi scrive, sperando anche in un cambio di allenatore, non sminuisca il lavoro fatto fin qui. Ho letto delle cattiverie, ho sentito dire che questa Udinese è una delusione e non fa certo piacere. Comunque la gente non ha le bende, ciò che è stato fatto è sotto gli occhi di tutti e bisogna essere onesti nel riconoscerlo». Udinese al top. Guardando sempre al campo, Marino ha promesso che a Verona scenderà in campo la formazione migliore. «Dobbiamo dare il meglio da qui alla fine per il rispetto della gente che ci ha sempre sostenuto. I ragazzi stanno bene e come ho già detto abbiamo il dovere di mettere in campo i migliori. Gioca chi sta meglio». E poi, dopo aver “vendicato” le sconfitte dell’andata con Reggina e Fiorentina ora ci si può rifare anche con il Chievo. «Sì – conclude – anche questo potrebbe essere uno stimolo supplementare».Stefano Martorano
Futuro incerto. Marino, infatti, avrebbe potuto spazzare via ogni voce, allontanare la figura di Del Neri o di chi per esso se avesse confermato la sua posizione sulla panchina bianconera anche per il prossimo anno. Invece il tecnico dell’Udinese ha scelto un’altra strada: «Della mia posizione parlerò a fine campionato, tanto adesso non devo convincere nessuno, nè le mie parole devono lasciare interpretazione alcuna. Mi chiedete se nel rendiconto generale potrebbero incidere i due mesi negativi? Questa non è una domanda che dovete rivolgere a me, ma alla società. Queste sono considerazioni che si fanno in due e comunque le decisioni, per quanto mi riguarda, sono già state prese. Questi sono discorsi che lasciano il tempo che trovano». Azione di disturbo. In ogni modo ieri Marino ha ammesso il disturbo arrecato dalle voci di mercato che in settimana hanno dato sul piede di partenza alcuni big della squadra, il direttore generale e lo stesso allenatore. «Si parla più di quelli che devono arrivare ed è chiaro che tutto questo destabilizza un po’. Abbiamo parlato con la squadra per evitare di stare dietro a quello che si legge e abbiamo cercato di lavorare e di concentrarci sulla partita di Verona nonostante per tutta la settimana non si sia parlato della vittoria sulla Fiorentina, che è normale batterla, e della partita col Chievo». Pensando al Chievo, che Marino reputa («Molto bravo quando viene attaccato e può distendersi nelle ripartenze, mentre ha qualche difficoltà in più quando deve imporrre il proprio gioco») il tecnico punta a guardare al campo, al lavoro che c’è ancora da fare, ma anche a quello che è stato fatto. E su quello focalizza l’attenzione. «L’importante è che chi scrive, sperando anche in un cambio di allenatore, non sminuisca il lavoro fatto fin qui. Ho letto delle cattiverie, ho sentito dire che questa Udinese è una delusione e non fa certo piacere. Comunque la gente non ha le bende, ciò che è stato fatto è sotto gli occhi di tutti e bisogna essere onesti nel riconoscerlo». Udinese al top. Guardando sempre al campo, Marino ha promesso che a Verona scenderà in campo la formazione migliore. «Dobbiamo dare il meglio da qui alla fine per il rispetto della gente che ci ha sempre sostenuto. I ragazzi stanno bene e come ho già detto abbiamo il dovere di mettere in campo i migliori. Gioca chi sta meglio». E poi, dopo aver “vendicato” le sconfitte dell’andata con Reggina e Fiorentina ora ci si può rifare anche con il Chievo. «Sì – conclude – anche questo potrebbe essere uno stimolo supplementare».Stefano Martorano
Il Carroccio protesta contro le risoluzioni dell’Unione europea
UDINE. Chi è passato di fronte alla sede della Regione ieri mattina a Udine, probabilmente avrà avuto l’impressione di essere tornato indietro di una legislatura quando a governare il Friuli Venezia Giulia c’erano Illy e il centro-sinistra. E invece no. A guidare la Regione oggi ci sono Tondo e il centro-destra, Lega compresa. Eppure davanti all’ingresso del palazzo di via Volturno c’erano una cinquantina di militanti del Carroccio, tutti o quasi con al collo il fazzoletto verde che, armati di cartelloni, facevano sventolare insieme le bandiere della Lega nord e del Friuli mentre intonavano cori contro «l’invasione dell’Europa» e in difesa del “borgomastro” Enzo Bortolotti. Per chiedere l’intervento della Regione in favore del sindaco di Azzano Decimo insomma la Lega ha scelto il modo più colorito cedendo al richiamo della piazza. E alla fine ha ottenuto il risultato sperato. La Regione ha infatti deciso di difendere l’ordinanza anti-sussidi del sindaco leghista di Azzano Decimo, Enzo Bortolotti finita nel mirino della Commissione europea.A breve, il centro-destra si prepara anche a sostituire la legge regionale sull’immigrazione, meglio conosciuta come legge Antonaz. Dopo aver incontrato Bortolotti, ieri il presidente della Regione, Renzo Tondo ha infatti spiegato che «da una prima verifica non sembra che l’ordinanza sia in contrasto con le direttive europee anche se ovviamente – ha aggiunto – faremo ulteriori controlli». Quello che è certo invece è che a breve cambierà la legge regionale sull’immigrazione, quella sì in evidente contrasto con l’ordinanza di Bortolotti.«La riforma della legge – ha garantito Tondo – era nel nostro programma e quindi sarà fatta». Secondo il capogruppo della Lega nord in consiglio regionale, Danilo Narduzzi «la proposta di modifica della legge 6 presentata dalla Lega potrebbe essere discussa già entro fine mese». Una notizia accolta dagli applausi dei militanti che di fronte alla sede della Regione criticavano «l’ingerenza burocratica dell’Ue» e difendevano a spada tratta l’operato di Bortolotti che tra l’altro correrà proprio per le prossime europee. «Sì all’Europa dei popoli, no all’Europa degli sprechi» gridavano i militanti tra i quali oltre a Narduzzi c’era anche il senatore Mario Pittoni che intende portare il caso a palazzo Madama, in Commissione politiche comunitarie. «Sto aspettando notizie da Roma perché c’è una direttiva comunitaria – ha spiegato Pittoni - che consente ai comuni di evitare la distribuzione di sussidi agli stranieri comunitari e non, anche se muniti di permesso di soggiorno nel caso in cui rimangano senza mezzi di sostentamento. Di conseguenza non capisco perché l’Unione europea abbia deciso di aprire un fascicolo. In questo modo tra l’altro viene anche tutelata la solidità finanziaria del Comune. Grazie all’ordinanza di Bortolotti gli stranieri che non sono in grado di provvedere alle esigenze proprie e dei familiari vengono infatti esclusi dal sistema dei servizi sociali e segnalati in questura». «Conseguenza del provvedimento – ha assicurato trionfante il “borgomastro” leghista di Azzano Decimo – la riduzione del 98% della domande di aiuti da parte di stranieri».Cristian Rigo
TRIESTE. Si terrà a Trieste, alla Risiera di San Sabba, presente il presidente del Friuli Venezia Giulia Renzo Rondo, la principale delle cerimonie di oggi per il 64/o anniversario della Liberazione.Il programma prevede all'inizio l'ingresso in Risiera del picchetto militare del Reggimento Piemonte Cavalleria (2/o) di Trieste e dei gonfaloni, quindi la deposizione di una corona congiunta di Prefettura, Regione, Comune e Provincia, e di un'altra corona da parte dei rappresentanti di gruppi e associazioni.Seguiranno poi i discorsi del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e del primo cittadino di Dolina e i riti religiosi: cattolico, luterano, serbo ortodosso e greco orientale. Il rito ebraico non sarà celebrato in rispetto agli impegni liturgici del sabato. A Udine oggi terrà banco l’appuntamento organizzato dal Comitato per la difesa dell’ordine democratico e delle istituzioni repubblicane, insieme al Comune. La manifestazione comincerà alle 9.45, con il ritrovo in piazza I maggio, da dove il corteo proseguirà verso piazza Libertà, passando lungo via Portanuova, Riva Bartolini, piazzetta Marconi e via Mercatovecchio. Alle 10.30, sul terrapieno di piazza Libertà, l’alza bandiera e la deposizione della corona al Tempietto dei Caduti. La cerimonia si aprirà con il discorso di Honsell e proseguirà con la lettura delle motivazioni del conferimento della medaglia al valor militare. Alle 11.30, percorrendo via Cavour e via Poscolle, il corteo raggiungerà piazzale XXVI luglio per la deposizione della corona al Monumento della Resistenza.A Pordenone, in occasione della festa della Liberazione, oggi si terrà la consueta cerimonia con la deposizione delle corone nell’area antistante al monumento ai caduti in piazzale Ellero dei Mille e nel piazzale Maestri del lavoro al Centro studi. Il programma prevede una prima fase che si terrà in piazzale Ellero con il raduno alle 9.50. Alle 10 la cerimonia dell’alzabandiera e l’onore ai caduti, cui seguiranno gli interventi degli oratori. Alle 10.30 è previsto il trasferimento dei convenuti in corteo nel piazzale Maestri del lavoro al Centro studi. Qui alle 10.45 ci saranno lo schieramento e le deposizione delle corone prima al cippo della medaglia d’oro Franco Martelli e poi alla lapide della medaglia d’oro Terzo Drusin, nell’omonima aula magna.A Gorizia le iniziative per celebrare la Liberazione avranno come momento clou oggi la manifestazione in programma al parco della Rimembranza. Alle 9.45 sono previsti l’afflusso e il posizionamento delle massime autorità civili e militari (ci saranno tra gli altri il sindaco, il presidente della Provincia e il prefetto Marrosu), delle associazioni combattentistiche e d’arma. Alle 10.15 ci sarà l’alzabandiera alla presenza del picchetto d’onore e della fanfare del distaccamento Pozzuolo.
L’EMERGENZA ECONOMICA
IL TEMPO DELLE SCELTE di TITO BOERI E FAUSTO PANUNZI
E’ passato quasi un anno dall’insediamento del nuovo governo. In materia di politica economica, l’impressione è che abbia spesso scelto di non scegliere. Ha affrontato la crisi prendendo tempo e, al massimo, varando alcuni interventi tampone per fronteggiare le richieste più pressanti che venivano dalle imprese. Ha scommesso tutto su di una crisi di breve durata sapendo che i tempi della crisi globale sarebbero stati dettati da eventi al di fuori del suo controllo. È stata una scommessa azzardata perché il precipitare della crisi ci avrebbe colti impreparati, ma ci auguriamo che la crisi sia davvero breve. Sin qui il crollo è stato più rapido che nel 1929. Speriamo ora di avere lasciato alle spalle il punto più basso e che la risalita sia altrettanto ripida che la discesa. Ci sono indubbiamente alcuni segnali positivi soprattutto dal settore immobiliare statunitense e dalla Cina. E l’euforia delle borse di tutto il mondo nell’ultimo mese segnala un cambiamento dei sentimenti, degli animal spirits. L’augurio è che l’ottimismo sia altrettanto contagioso di quel pessimismo che ci aveva portato sull’orlo del precipizio. Il rischio di una nuova degenerazione della crisi è tuttavia ancora presente perché l’eccessivo indebitamento delle banche è stato solo parzialmente ridotto sin qui. I fattori di instabilità del sistema finanziario internazionale non sono stati ancora affrontati alla radice. E sull’Europa incombe la crisi dei paesi dell’ex blocco sovietico.Questa crisi appare comunque destinata a modificare la geografia economica mondiale, i rapporti competitivi fra gli Stati. È una crisi maturata oltreoceano, che lascerà lunghi strascichi in quella che sin qui è stata l’indiscussa prima potenza economica mondiale. Dovrà portare a termine un costoso processo di deleveraging, di riduzione del debito del settore privato. È un processo che riguarda in modo meno pronunciato l’Europa che può trovare la forza di investire nei settori di punta e riuscire ad attirare quei talenti che sin qui andavano negli Stati Uniti. Oggi l’Europa può davvero ambire a diventare l’economia più competitiva del pianeta come promesso a Lisbona 10 anni fa.Il nostro paese non può perciò continuare a stare a guardare. Certo, l’Italia, per colpa del suo debito pubblico, ha minori margini di manovra di altri paesi. Proprio per questo ha più bisogno di definire in modo chiaro le sue priorità. Abbiamo l’opportunità oggi di uscire non solo dalla recessione, ma anche dalla stagnazione economica in cui siamo rimasti negli ultimi 15 anni. E i periodi di crisi sono quelli in cui si può trovare il consenso per fare quelle riforme che in tempi normali non si riescono a fare.Il 24 aprile si terrà il Consiglio dei ministri nelle aree terremotate. Le scelte (o le non scelte) che verranno compiute in quell’occasione saranno un’importante cartina di tornasole delle intenzioni di questa maggioranza. Vedremo se prevarrà, una volta di più, la strategia attendista.L’attendismo non ha sin qui evitato un consistente peggioramento dei nostri conti pubblici. Si sono aperti tanti rubinetti in questi mesi che sarà difficile monitorare. Non ci sono stati risparmi nel pubblico impiego. Al contrario, ai dipendenti pubblici con contratti a tempo indeterminato, quelli che non rischiano il posto di lavoro a differenza dei precari e dei loro omologhi nel settore privato, sono stati una volta di più concessi incrementi salariali superiori a quelli del privato. Il fabbisogno è aumentato di 9 miliardi nei primi tre mesi del 2009. E ci sono vistosi segnali di un calo delle entrate fiscali, ben oltre quanto determinato dall’andamento dell’economia. In particolare, le entrate tributarie nei primi due mesi del 2009 sono calate del 7,2 per cento rispetto a un anno fa e non più di metà di questo calo può essere attribuito all’andamento dell’economia. Mentre è certo che l’esecutivo ha dato ripetuti segnali di un abbassamento della guardia sul fronte del contrasto dell’evasione.Ora il governo ha due strade di fronte a sé nell’affrontare il dopo-terremoto e i costi della ricostruzione. La prima strada è quella di ripetere quanto fatto dai governi precedenti in questi casi: introdurre una addizionale, una nuova tassa, magari chiamata “contributo di solidarietà”, i cui proventi potranno essere destinati alla ricostruzione. In una fase di depressione come quella che stiamo fronteggiando ci sembra una scelta sbagliata. La seconda strada è quella di usare l’emergenza creata dal sisma per definire le priorità di politica economica.Le interviste al ministro dell’Economia trattano spesso di filosofia. Evitano accuratamente di porre le domande che stanno più a cuore agli italiani. Ecco allora le domande cui ci auguriamo il ministro voglia al più presto rispondere.Su quale stima dei costi della ricostruzione delle aree terremotate sta il governo ragionando? Non è possibile non avere ancora un numero a due settimane dal sisma. Ed è legittimo attendersi che il governo abbia deciso come finanziare queste spese.Ha in mente il ministro, alla luce anche del terremoto di rivedere le priorità della spesa in conto capitale? In particolare, conviene sul fatto che sarebbe più opportuno rimandare il ponte sullo stretto e varare un piano straordinario di manutenzione e miglioramento dell’edilizia scolastica?Cosa intende fare il ministro per contrastare l’evasione fiscale? Intende davvero coinvolgere i Comuni negli accertamenti? Con quali tempi? E intende ripristinare gli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate?Una domanda di filosofia ci riserviamo di porla anche noi.Quali confini intende il ministro stabilire per il mercato? Perché, per esempio, la legge 33/09 appena approvata in Parlamento, su “misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi”, prevede che non vi sia più l’obbligo di lanciare un’Opa nel caso in cui il gruppo di controllo che già possiede il 30% del capitale sociale acquisisca un ulteriore 5%? Perché rafforzare così il suo controllo sulla società in un momento di scarsità di capitali di investimento? A chi giova questa norma se non a chi oggi ha il controllo di queste imprese? E in cambio di cosa si concede questo aiuto?www.lavoce.info
La Notte gialla decolla a scoppio ritardato: la città si accende soltanto in tarda serata
di GIAN PAOLO POLESINI
Insuperabile Honsell. Sul palco del Nuovo, a fianco della presidente del Cec Sabrina Baracetti, il sindaco di Udine - ieri sera a pochi minuti dal film che ha suonato la carica di “Far East Film 11” - si fa una domanda e (non) si dà una risposta: «Da anni mi chiedo per quale ragione questo festival si fa proprio a Udine. E non ho ancora trovato la risposta». Ovazione dagli oltre mille del Giovannone, visto poche volte così in forma-pubblico. Il number one udinese fa scattare tutti in piedi al motto di «nei momenti di crisi bisogna investire nella cultura». Sante parole. Affamati e ignoranti sarebbe davvero troppo.E ci si tuffa nell’avventura numero undici, tour virtuale in nove paesi asiatici. Per nulla relegati nella serie B del cinema. Tanto che il Giappone snobba il trend negativo globale, dando scacco pure agli americani con la potenza filmica di 418 opere nel 2008. A partire da Ponyo sulla scogliera, il delizioso cartoon di Miyazaki, innalzato a capolavoro dal gotha dei critici dell’ultimo festival di Venezia. Disegni animati dalla poesia, capaci di raccogliere 158 milioni di euro, quasi il triplo di Indiana Jones 4 by Steven Spielberg. E stasera, alle 20, saremo in zona nippo con una celluloide dal fragrante sapore di commedia, The Handsome Suit di Hanabusa Tsutomu (nelle foto, due scene). È finita l’era del dominio statunitense sull’intrattenimento. Se nell’altro secolo gli Usa esportavano divertimento, perchè solo loro sapevano creare sensazioni leggere (dai musical di Fred Astaire alle comedy di Billy Wilder), adesso qualcosa è cambiato nello scambio cinematografico mondiale. Sempre più Hollywood guarda i nipoti di chi li bombardò a Pearl Harbor, con una lunga mano pure su Hong Kong. E pare che The Handsome Suit sia uno dei prossimi bersagli. Comprare i diritti per traghettare a Manhattan la storiella di Takuro, chef obeso e imbranato, ma un dio pagano dei fornelli. Il cuoco gestisce un piccolo ristorante e l’arrivo della bellissima cameriera Hiroko lo costringe a una prova di corteggiamento che fallisce miseramente. Finchè, per caso, s’infila in un vestito fatto apposta per far sembrare affascinante anche chi, in effetti, è una cozza. Alè, la sua vita si sdoppia: ora è Tanihara Shosuke, ora il cuochetto Takuro. Oltre all’arte della risata, assai ben calibrata da Tsutomu, emerge il dilemma contemporaneo dell’immagine forzata a discapito del cuore. Attendiamo sviluppi hollywoodiani. Sullo stile (anche se il genere è ben diverso) di The departed di Scorsese, remake del cult di Hong Kong Infernal Affairs.Tornando in patria e concentrandosi sul Far East 11 è più che doveroso ricordare una fortunata tradizione che si rinnova: il trailer del festival. Realizzato quest’anno da Špela Cadež, alla quale si aggiunge una grande novità: la realizzazione di una vera e propria colonna sonora che accompagnerà tutte le proiezioni in sala, firmata dal talento di un artista ormai internazionale come il pordenonese Theo Teardo, grazie alle sue collaborazioni con alcuni dei migliori artisti dei nostri tempi (tra gli altri: Placebo, Cop Shoot Cop, Departure Lounge, Phylr, Marlene Kuntz, Lydia Lunch, Fetish 69, senza dimenticare le colonne sonore per i film di Andrea Manni, Guido Chiesa, Andrea Molaioli, Paolo Sorrentino).
Insuperabile Honsell. Sul palco del Nuovo, a fianco della presidente del Cec Sabrina Baracetti, il sindaco di Udine - ieri sera a pochi minuti dal film che ha suonato la carica di “Far East Film 11” - si fa una domanda e (non) si dà una risposta: «Da anni mi chiedo per quale ragione questo festival si fa proprio a Udine. E non ho ancora trovato la risposta». Ovazione dagli oltre mille del Giovannone, visto poche volte così in forma-pubblico. Il number one udinese fa scattare tutti in piedi al motto di «nei momenti di crisi bisogna investire nella cultura». Sante parole. Affamati e ignoranti sarebbe davvero troppo.E ci si tuffa nell’avventura numero undici, tour virtuale in nove paesi asiatici. Per nulla relegati nella serie B del cinema. Tanto che il Giappone snobba il trend negativo globale, dando scacco pure agli americani con la potenza filmica di 418 opere nel 2008. A partire da Ponyo sulla scogliera, il delizioso cartoon di Miyazaki, innalzato a capolavoro dal gotha dei critici dell’ultimo festival di Venezia. Disegni animati dalla poesia, capaci di raccogliere 158 milioni di euro, quasi il triplo di Indiana Jones 4 by Steven Spielberg. E stasera, alle 20, saremo in zona nippo con una celluloide dal fragrante sapore di commedia, The Handsome Suit di Hanabusa Tsutomu (nelle foto, due scene). È finita l’era del dominio statunitense sull’intrattenimento. Se nell’altro secolo gli Usa esportavano divertimento, perchè solo loro sapevano creare sensazioni leggere (dai musical di Fred Astaire alle comedy di Billy Wilder), adesso qualcosa è cambiato nello scambio cinematografico mondiale. Sempre più Hollywood guarda i nipoti di chi li bombardò a Pearl Harbor, con una lunga mano pure su Hong Kong. E pare che The Handsome Suit sia uno dei prossimi bersagli. Comprare i diritti per traghettare a Manhattan la storiella di Takuro, chef obeso e imbranato, ma un dio pagano dei fornelli. Il cuoco gestisce un piccolo ristorante e l’arrivo della bellissima cameriera Hiroko lo costringe a una prova di corteggiamento che fallisce miseramente. Finchè, per caso, s’infila in un vestito fatto apposta per far sembrare affascinante anche chi, in effetti, è una cozza. Alè, la sua vita si sdoppia: ora è Tanihara Shosuke, ora il cuochetto Takuro. Oltre all’arte della risata, assai ben calibrata da Tsutomu, emerge il dilemma contemporaneo dell’immagine forzata a discapito del cuore. Attendiamo sviluppi hollywoodiani. Sullo stile (anche se il genere è ben diverso) di The departed di Scorsese, remake del cult di Hong Kong Infernal Affairs.Tornando in patria e concentrandosi sul Far East 11 è più che doveroso ricordare una fortunata tradizione che si rinnova: il trailer del festival. Realizzato quest’anno da Špela Cadež, alla quale si aggiunge una grande novità: la realizzazione di una vera e propria colonna sonora che accompagnerà tutte le proiezioni in sala, firmata dal talento di un artista ormai internazionale come il pordenonese Theo Teardo, grazie alle sue collaborazioni con alcuni dei migliori artisti dei nostri tempi (tra gli altri: Placebo, Cop Shoot Cop, Departure Lounge, Phylr, Marlene Kuntz, Lydia Lunch, Fetish 69, senza dimenticare le colonne sonore per i film di Andrea Manni, Guido Chiesa, Andrea Molaioli, Paolo Sorrentino).
La Terna respinge la richiesta di 14 Comuni: nessun rischio
Friuli Le amministrazioni chiedono garanzie sull’impatto ambientale
di PAOLA LENARDUZZI
UDINE. Non sembrano possibili soluzioni tecnologiche diverse da quella aerea in un’opera «di fondamentale importanza e urgenza». Non si fa attendere la replica della Terna, azienda romana che eseguirà l’elettrodotto Redipuglia – Udine Ovest, al documento sottoscritto a palazzo Belgrado da 12 comuni udinesi e due goriziani, cui si aggiungono le due amministrazioni provinciali coinvolte. Un testo dai toni forti che contesta il tracciato, il fatto che non si preveda una soluzione interrata, mettendo in discussione la stessa necessità dell’opera.Alcune delle ammistrazioni comunali interessate al futuro passaggio dell’elettrodotto non sono infatti per nulla convinte riguardo alle rassicurazioni fornite sull’impatto ambientale e sono pronte a ribadire il proprio dissenso alla Regione.«Ma invece l’opera è fondamentale proprio per la sicurezza del sistema elettrico del Friuli Venezia Giulia», replica in una nota la Terna commentando le anticipazioni degli organi di informazione sui contenuti del documento messo a punto in Provincia a Udine.«L’iter delle autorizzazioni – spiegano ancora – è stato avviato a dicembre dopo due anni di concertazione con la Regione e gli stessi comuni interessati». Ricordato che l’opera interessa 32 amministrazioni comunali per una lunghezza di quasi 40 chilometri e un investimento di oltre 100 milioni di euro, Terna sottolinea che il ricorso all’interramento delle linee elettriche che qualcuno vorrebbe «è limitato esclusivamente ai casi in cui non sia possibile realizzare un elettrodotto aereo, come nelle aree densamente edificate. Nella fattispecie il progetto in questione attraversa aree agricole per oltre il 95% del tracciato e contempla lungo tutto il percorso distanze di sicurezza tra la linea e gli edifici nettamente superiori a quanto stabilito dalla normativa vigente». Ci sono poi, a dire dell’azienda, questioni di opportunità, sicurezza e anche di costi che portano verso il progetto in superficie: «Data la rilevanza strategica dell’opera, un eventuale utilizzo del cavo interrato non garantirà, in quell’area, i necessari requisiti di affidabilità e sicurezza, con ripercussioni negative sulla rete elettrica del Friuli; i cavi interrati, infatti, in caso di guasto hanno tempi di ripristino notevolmente più lunghi rispetto alla linea aerea arrivando anche a diverse settimane, con evidenti disagi per le imprese e i cittadini. A ciò si aggiunga che il costo di un elettrodotto in cavo interrato è mediamente superiore di almeno 10 volte rispetto alla soluzione in aereo, e che tale costo è pagato dalle bollette dei cittadini».Riguardo al tracciato, Terna ricorda che sempre con la Regione furono concordati i criteri localizzativi con i quali individuare le aree di territorio che meglio potevano ospitare l’infrastruttura. «Il Friuli nel 2008 ha registrato un deficit di produzione del 5,5%», sottolinea ancora l’azienda nel dirsi disponibile a collaborare con i soggetti coinvolti «ferma restando l’assoluta necessità dell’opera che produrrà notevoli benefici anche per l’ambiente visto che spariranno 100 chilometri di linee esistenti».
Bloccato un camion romeno con 194.800 bobine marchiate “made in Italy”
Gonars Operazione della Gdf di Cervignano in autostrada.
La merce non era destinata in Friuli Vg
GONARS. La Guardia di finanza di Cervignano, nell’ambito di un’indagine sul rispetto delle norme a tutela dei prodotti italiani, ha sequestrato, nell’area di servizio di Gonars, dell’autostrada A4, 194.800 bobine di filato, provenienti dai Paesi dell’Est e recanti l’etichettatura “made in Italy”, contenute in 770 cartoni e trasportate a bordo di un automezzo con targa romena, che viaggiava con regolare documentazione di trasporto.
L’autista del mezzo, un trentenne romeno, è stato denunciato alla locale autorità giudiziaria, mentre si sta ancora vagliando la posizione della ditta destinataria della merce. Secondo la testimonianza delle Fiamme Gialle, il carico di filati sequestrato, che peraltro era diretto in un’altra regione d’Italia, contravvenendo alle disposizioni normative in materia, recava l’etichettatura “made in Italy”, nonostante fosse stato fabbricato all’estero, presumibilmente in Romania. «La nostra è una regione di transito - ha commentato il capitano della Guardia di Finanza di Cervignano, Gianpaolo Mazzarotto - spesso per raggiungere altre zone d’Italia i carichi di merce proveniente dall’Est passano inevitabilmente attraverso il Friuli Venezia Giulia. Proprio per questo motivo abbiamo intensificato i controlli per disincentivare il fenomeno. Un tanto sia a tutela del consumatore sia per tutelare le aziende italiane che si comportano in maniera onesta e corretta». Tra gli obiettivi delle Fiamme Gialle udinesi, dunque, vi è anche l’attenzione sul rispetto delle norme a tutela del “made in Italy”, il brand posto a presidio dell’originalità e della genuinità di oggetti, spesso di pregevolissima fattura, completamente prodotti nel territorio nazionale. «L’abbattimento delle frontiere e la globalizzazione economica - aggiunge Mazzarotto - hanno reso conveniente la produzione, almeno in parte, presso stabilimenti ubicati nei Paesi emergenti, in cui la manodopera, per quanto priva delle abilità delle nostre maestranze, si offre a costi molto appetibili. Le aziende italiane, infatti, hanno tutto l’interesse a decalocalizzare la produzione di beni presso stabilimenti stranieri, situati soprattutto nei paesi dell’Est Europa». A detta delle Fiamme Gialle la tutela offerta dal legislatore italiano, nel solco di un Regolamento Comunitario risalente al 1992, è chiara sull’argomento. «Nel momento in cui il consumatore viene indotto - conclude il capitano - attraverso le false indicazioni, a ritenere che il prodotto o la merce sia stata fabbricata in Italia, scattano immediati controlli mirati a verificare l’eventuale introduzione, nel nostro Paese, di merce prodotta all’estero eppure marchiata come se fosse di origine nazionale, meglio noti come controlli a tutela del made in Italy». Elisa Michellut
L’autista del mezzo, un trentenne romeno, è stato denunciato alla locale autorità giudiziaria, mentre si sta ancora vagliando la posizione della ditta destinataria della merce. Secondo la testimonianza delle Fiamme Gialle, il carico di filati sequestrato, che peraltro era diretto in un’altra regione d’Italia, contravvenendo alle disposizioni normative in materia, recava l’etichettatura “made in Italy”, nonostante fosse stato fabbricato all’estero, presumibilmente in Romania. «La nostra è una regione di transito - ha commentato il capitano della Guardia di Finanza di Cervignano, Gianpaolo Mazzarotto - spesso per raggiungere altre zone d’Italia i carichi di merce proveniente dall’Est passano inevitabilmente attraverso il Friuli Venezia Giulia. Proprio per questo motivo abbiamo intensificato i controlli per disincentivare il fenomeno. Un tanto sia a tutela del consumatore sia per tutelare le aziende italiane che si comportano in maniera onesta e corretta». Tra gli obiettivi delle Fiamme Gialle udinesi, dunque, vi è anche l’attenzione sul rispetto delle norme a tutela del “made in Italy”, il brand posto a presidio dell’originalità e della genuinità di oggetti, spesso di pregevolissima fattura, completamente prodotti nel territorio nazionale. «L’abbattimento delle frontiere e la globalizzazione economica - aggiunge Mazzarotto - hanno reso conveniente la produzione, almeno in parte, presso stabilimenti ubicati nei Paesi emergenti, in cui la manodopera, per quanto priva delle abilità delle nostre maestranze, si offre a costi molto appetibili. Le aziende italiane, infatti, hanno tutto l’interesse a decalocalizzare la produzione di beni presso stabilimenti stranieri, situati soprattutto nei paesi dell’Est Europa». A detta delle Fiamme Gialle la tutela offerta dal legislatore italiano, nel solco di un Regolamento Comunitario risalente al 1992, è chiara sull’argomento. «Nel momento in cui il consumatore viene indotto - conclude il capitano - attraverso le false indicazioni, a ritenere che il prodotto o la merce sia stata fabbricata in Italia, scattano immediati controlli mirati a verificare l’eventuale introduzione, nel nostro Paese, di merce prodotta all’estero eppure marchiata come se fosse di origine nazionale, meglio noti come controlli a tutela del made in Italy». Elisa Michellut
di NICOLA COSSAR
Commozione. Commozione di fronte al bello nell’arte, dalle sculture lignee del XIV secolo al Caravaggio, dalle icone russe alle incisioni di Dürer, dallo splendido Guercino che fa bella mostra di sé sulla copertina del catalogo fino all’emblematica Divisio Apostolorum della scuola di Altdorfer che segna una tappa fondamentale del Cristianesimo: l’inizio della predicazione ai quattro angoli della terra. Commozione per come un piccolo paese della Carnia fidelis – tutto il paese, non soltanto i bravissimi organizzatori – è riuscito a diventare un fenomeno nazionale e internazionale grazie a mostre tematiche di altissimo livello e di stupefacente successo senza per forza essere una metropoli e senza disporre di grandi mezzi.Si è usata spesso la parola miracolo per parlare di Illegio. Sinceramente, non ci pare il termine più adatto, ma quanto si è rinnovato ieri lassù per l’inaugurazione della mostra Apocrifi - Memorie e leggende oltre i Vangeli è comunque qualcosa di speciale, di unico. A cominciare dalla solita straordinaria affluenza di visitatori e dei tanti che ieri, nonostante il brutto tempo, hanno voluto partecipare all’apertura della manifestazione culturale. Gran folla di appassionati d’arte, star-parade di autorità nazionali (l’ambasciatore d’Italia nella Santa Sede Zanardi Landi, gli onorevoli Saro e Hüllweck, capo di gabinetto del ministro Bondi assente a causa di un piccolo incidente), regionali (Tondo con Molinaro), provinciali (Fontanini) e locali (Not, Cuzzi e il sindaco di Gorizia Romoli), tecnici (il direttore dei Beni culturali Cecchi con il soprintendente del Fvg Magani), ma anche il prefetto di Udine Salemme e il rettore dell’ateneo friulano Compagno.E poi l’ospite più atteso, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, giunto con quasi due ore di ritardo a causa degli aerei, ma felice di esserci. Accolto dall’arcivescovo Pietro Brollo, orgoglioso carnico doc, da monsignor Angelo Zanello e da don Alessio Geretti (ai quali dobbiamo anche questa esposizione), il porporato ha svolto una lunga e dotta riflessione – una vera lectio magistralis – sul senso e sul ruolo storico degli Apocrifi, non risparmiando precise critiche a visioni e interpretazioni distorte e spesso in malafede (Codici Da Vinci e inchieste sul cristianesimo assortite). In realtà – ha rimarcato Sandri – gli Apocrifi, per la maggior parte, appartengono alla tradizione cristiana da sempre, pur con un ruolo subalterno rispetto ai quattro Vangeli canonici, ma egualmente importante; perché li completano, tra fantasia e leggenda, con aspetti ed episodi che non troviamo né nei sinottici né in Giovanni: pensiamo all’infanzia della Vergine e a quella dello stesso Gesù, al presepe e ai Magi, al momento preciso della Resurrezione, al transitus di Giuseppe e alla dormitio di Maria. Qui non c’è alcun significato occulto od occultato, semplicemente altre buone notizie che – lontane dal caveant omnia di Gerolamo – hanno un approccio e uno spessore culturale diversi, ma che – come si diceva – fanno da sempre parte della tradizione cristiana più popolare e assolvono in pieno quello che è il loro vero ruolo: parlare e raccontare, in modo verosimile e credibile, laddove i Quattro tacciono, essere di consolazione e edificazione usando un linguaggio più leggero e fantasioso ma mai irriverente, né tantomeno eretico, come in quegli episodi che molti di noi avranno certamente letto a scuola su un libro che si intitolava Storia sacra.Da questi Apocrifi neotestamentari, dunque, tantissimi artisti hanno tratto ispirazione, restituendoci religiosamente un percorso di fede che viene dal basso, dalla sincerità delle radici del credere. Un patrimonio ricchissimo che appartiene a popoli e itinerari umani e spirituali diversi che qui a Illegio possiamo ammirare in ottanta capolavori. Arte e fede, culture e genti, insomma, si incontrano quassù. Arte e fede vanno ben oltre l’aspetto, pur fondamentale, della mostra, perché parlano delle nostre usanze: stupendi i racconti orali e la tradizione corale liturgica di Illegio, tanto che il cardinal Sandri, prima di visitare la mostra, ha voluto partecipare al canto dei vespri. Arte e fede anche come occasione di riflessione e come percorso nel segno del bello e dell’utile, dell’educativo e dello spirituale, soprattutto se pensiamo alle nuove generazioni, come hanno sottolineato monsignor Zanello e il presidente della giunta regionale Renzo Tondo: «Mi ha colpito il ciclo sulla vita di Anna e Gioacchino, i genitori della Madonna – ha detto Tondo –, perché dai loro semplici gesti permeati di quotidianità viene un messaggio forte e chiaro sulla necessità-dovere di trasmettere i nostri valori, sul giusto equilibrio dei rapporti familiari. E così mi piace la figura di Giuseppe, con il suo senso del dovere, la sua operosità, che trasmette a Gesù. Un messaggio da custodire gelosamente e da mettere a frutto».E chiudiamo con il cardinale Sandri. Dopo aver ringraziato per i loro sforzi don Angelo, don Alessio e tutta la grande squadra del Comitato di San Floriano, prima di salutare con il mandi ha detto: «Questa esposizione, oltre che preziosa per i messaggi su cui abbiamo meditato, costituisce un caso di interesse ormai nazionale e internazionale nel suo genere, e non solo per la qualità delle esposizioni e degli studi che le accompagnano, ma anche per il luogo in cui tali mostre sono allestite. Illegio non è infatti una grande città d’arte. Ebbene, questo paese da anni sta cercando con passione di rendere un servizio alla fede e alla cultura, alla promozione della bellezza e della conoscenza, alle radici cristiane di questa terra friulana e dell’intera civiltà occidentale. Quando si tratta di comunicare le verità più elevate, quando sono da meditare temi affascinanti, si deve lasciare il segno, con stile, con ogni necessario dispiegamento del migliore repertorio di mezzi, mestiere, gesti e parole a nostra disposizione. In un tempo nel quale gli uomini sono spesso assediati dal brutto e perfino nella Chiesa si confonde talvolta la semplicità con la trascuratezza, le mostre di Illegio hanno fatto la scelta dell’arte, dell’audacia e della fraternità di paese con cui vedo che qui si preparano questi eventi. Il Signore vi sostenga e vi benedica, carissimi amici, e vi aiuti a scrivere di anno in anno con l’inchiostro del vostro impegno le pagine di un nuovo vangelo, in questo paese apocrifo rispetto alle sedi canoniche delle grandi esposizioni artistiche, dove tuttavia vi auguro possa sempre soffiare abbondantemente l’ispirazione divina».
Commozione. Commozione di fronte al bello nell’arte, dalle sculture lignee del XIV secolo al Caravaggio, dalle icone russe alle incisioni di Dürer, dallo splendido Guercino che fa bella mostra di sé sulla copertina del catalogo fino all’emblematica Divisio Apostolorum della scuola di Altdorfer che segna una tappa fondamentale del Cristianesimo: l’inizio della predicazione ai quattro angoli della terra. Commozione per come un piccolo paese della Carnia fidelis – tutto il paese, non soltanto i bravissimi organizzatori – è riuscito a diventare un fenomeno nazionale e internazionale grazie a mostre tematiche di altissimo livello e di stupefacente successo senza per forza essere una metropoli e senza disporre di grandi mezzi.Si è usata spesso la parola miracolo per parlare di Illegio. Sinceramente, non ci pare il termine più adatto, ma quanto si è rinnovato ieri lassù per l’inaugurazione della mostra Apocrifi - Memorie e leggende oltre i Vangeli è comunque qualcosa di speciale, di unico. A cominciare dalla solita straordinaria affluenza di visitatori e dei tanti che ieri, nonostante il brutto tempo, hanno voluto partecipare all’apertura della manifestazione culturale. Gran folla di appassionati d’arte, star-parade di autorità nazionali (l’ambasciatore d’Italia nella Santa Sede Zanardi Landi, gli onorevoli Saro e Hüllweck, capo di gabinetto del ministro Bondi assente a causa di un piccolo incidente), regionali (Tondo con Molinaro), provinciali (Fontanini) e locali (Not, Cuzzi e il sindaco di Gorizia Romoli), tecnici (il direttore dei Beni culturali Cecchi con il soprintendente del Fvg Magani), ma anche il prefetto di Udine Salemme e il rettore dell’ateneo friulano Compagno.E poi l’ospite più atteso, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, giunto con quasi due ore di ritardo a causa degli aerei, ma felice di esserci. Accolto dall’arcivescovo Pietro Brollo, orgoglioso carnico doc, da monsignor Angelo Zanello e da don Alessio Geretti (ai quali dobbiamo anche questa esposizione), il porporato ha svolto una lunga e dotta riflessione – una vera lectio magistralis – sul senso e sul ruolo storico degli Apocrifi, non risparmiando precise critiche a visioni e interpretazioni distorte e spesso in malafede (Codici Da Vinci e inchieste sul cristianesimo assortite). In realtà – ha rimarcato Sandri – gli Apocrifi, per la maggior parte, appartengono alla tradizione cristiana da sempre, pur con un ruolo subalterno rispetto ai quattro Vangeli canonici, ma egualmente importante; perché li completano, tra fantasia e leggenda, con aspetti ed episodi che non troviamo né nei sinottici né in Giovanni: pensiamo all’infanzia della Vergine e a quella dello stesso Gesù, al presepe e ai Magi, al momento preciso della Resurrezione, al transitus di Giuseppe e alla dormitio di Maria. Qui non c’è alcun significato occulto od occultato, semplicemente altre buone notizie che – lontane dal caveant omnia di Gerolamo – hanno un approccio e uno spessore culturale diversi, ma che – come si diceva – fanno da sempre parte della tradizione cristiana più popolare e assolvono in pieno quello che è il loro vero ruolo: parlare e raccontare, in modo verosimile e credibile, laddove i Quattro tacciono, essere di consolazione e edificazione usando un linguaggio più leggero e fantasioso ma mai irriverente, né tantomeno eretico, come in quegli episodi che molti di noi avranno certamente letto a scuola su un libro che si intitolava Storia sacra.Da questi Apocrifi neotestamentari, dunque, tantissimi artisti hanno tratto ispirazione, restituendoci religiosamente un percorso di fede che viene dal basso, dalla sincerità delle radici del credere. Un patrimonio ricchissimo che appartiene a popoli e itinerari umani e spirituali diversi che qui a Illegio possiamo ammirare in ottanta capolavori. Arte e fede, culture e genti, insomma, si incontrano quassù. Arte e fede vanno ben oltre l’aspetto, pur fondamentale, della mostra, perché parlano delle nostre usanze: stupendi i racconti orali e la tradizione corale liturgica di Illegio, tanto che il cardinal Sandri, prima di visitare la mostra, ha voluto partecipare al canto dei vespri. Arte e fede anche come occasione di riflessione e come percorso nel segno del bello e dell’utile, dell’educativo e dello spirituale, soprattutto se pensiamo alle nuove generazioni, come hanno sottolineato monsignor Zanello e il presidente della giunta regionale Renzo Tondo: «Mi ha colpito il ciclo sulla vita di Anna e Gioacchino, i genitori della Madonna – ha detto Tondo –, perché dai loro semplici gesti permeati di quotidianità viene un messaggio forte e chiaro sulla necessità-dovere di trasmettere i nostri valori, sul giusto equilibrio dei rapporti familiari. E così mi piace la figura di Giuseppe, con il suo senso del dovere, la sua operosità, che trasmette a Gesù. Un messaggio da custodire gelosamente e da mettere a frutto».E chiudiamo con il cardinale Sandri. Dopo aver ringraziato per i loro sforzi don Angelo, don Alessio e tutta la grande squadra del Comitato di San Floriano, prima di salutare con il mandi ha detto: «Questa esposizione, oltre che preziosa per i messaggi su cui abbiamo meditato, costituisce un caso di interesse ormai nazionale e internazionale nel suo genere, e non solo per la qualità delle esposizioni e degli studi che le accompagnano, ma anche per il luogo in cui tali mostre sono allestite. Illegio non è infatti una grande città d’arte. Ebbene, questo paese da anni sta cercando con passione di rendere un servizio alla fede e alla cultura, alla promozione della bellezza e della conoscenza, alle radici cristiane di questa terra friulana e dell’intera civiltà occidentale. Quando si tratta di comunicare le verità più elevate, quando sono da meditare temi affascinanti, si deve lasciare il segno, con stile, con ogni necessario dispiegamento del migliore repertorio di mezzi, mestiere, gesti e parole a nostra disposizione. In un tempo nel quale gli uomini sono spesso assediati dal brutto e perfino nella Chiesa si confonde talvolta la semplicità con la trascuratezza, le mostre di Illegio hanno fatto la scelta dell’arte, dell’audacia e della fraternità di paese con cui vedo che qui si preparano questi eventi. Il Signore vi sostenga e vi benedica, carissimi amici, e vi aiuti a scrivere di anno in anno con l’inchiostro del vostro impegno le pagine di un nuovo vangelo, in questo paese apocrifo rispetto alle sedi canoniche delle grandi esposizioni artistiche, dove tuttavia vi auguro possa sempre soffiare abbondantemente l’ispirazione divina».
TRIESTE. Antoine Bernheim non intende ricandidarsi alla guida delle Generali nel 2010, ma non rinuncia a gettare le basi per le future mosse della compagnia. E in vista del rinnovo, l’anno prossimo, del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, il Leone stringe un patto di consultazione triennale con Credit Agricole che riguarda le rispettive quote nel gruppo bancario, pari nel complesso al 10,89% del capitale.I due firmatari presenteranno una lista comune di candidati per il consiglio di sorveglianza dell’istituto e si consulteranno anche per candidature nel consiglio di gestione, nonchè per assumere eventuali posizioni comuni in assemblea e nei due consigli sulle materie giudicate di interesse strategico. È comunque fatta salva la possibilità per entrambi di cedere le quote, come peraltro l’Antitrust ha indicato in particolare alla Banque Verte, dopo che questa, a seguito della fusione di Intesa col Sanpaolo, ha ricevuto, come contropartita per il suo disimpegno, Cariparma e Friuladria.L’accordo, sostiene Bernheim al termine dell’assemblea di Generali a Trieste, «è stato chiesto dalla banca francese per detenere una posizione apparentemente più forte in Intesa», così da classificare la partecipazione, pari al 5,8%, come strategica e non doverla svalutare. «Noi gli facciamo un servizio per poi riservarci un domani di chiedere a loro qualcosa in futuro». Ma il patto «consolida anche i rapporti» con Ca de Sass, che «rischiavano di subire le conseguenze del non rinnovo degli accordi di bancassicurazione» dopo lo scioglimento della joint venture Intesa Vita che dovrebbe risolversi «entro l’estate».«Se fosse stato spiacevole per Bazoli» l’accordo con Agricole «non lo avremmo firmato», assicura Bernehim. Ma aggiunge che non era compito delle Generali informare dell’operazione le fondazioni azioniste di Intesa, con in testa Compagnia di Sanpaolo (7,6%) e Fondazione Cariplo (4,6%).
di ALESSANDRA CESCHIA
BUTTRIO. Un patrimonio architettonico restituito alla comunità. È con l’inaugurazione del corpo centrale di Villa di Toppo Florio, completamente restaurato, che si è aperta la 77ª edizione della Fiera a Buttrio che candida il vino a volano di una ripresa economica maturata in un periodo di forte contrazione dei consumi.
Attualmente il consumo di vino pro capite si attesta sui 43 litri, la prospettiva è di scendere a 23, un trend negativo marcato se si pensa che negli anni ’70 era di 140 litri. A fare un po’ di statistiche è stato Rodolfo Rizzi, presidente regionale dell’Assoenologi, che ha riassunto le finalità di una Fiera – quella di Buttrio – che punta all’eccellenza: «Quest’anno proponiamo vini bianchi autoctoni, bollicine, e qualità» ha detto. Una triade capace di rispondere con efficacia alla crisi dei consumi. A dirsi preoccupato del trend negativo è stato il senatore Ferruccio Saro che ha ricordato la funzione trainante del comparto vinicolo nell’economia. Gli ha fatto eco l’assessore Claudio Violino che, con Roberto Molinaro, ha rappresentato la giunta regionale ieri all’inaugurazione della Fiera. «Abbiamo compiuto importanti passi avanti – ha sottolineato Violino – come la creazione della Doc interregionale del Prosecco che comprende 5 province venete e 4 friulane. A Vinitaly, inoltre, è stato siglato un accordo tra Stato e Regione per la promozione e il lancio della nuova denominazione “Friulano”, con una disponibilità di spesa di circa 10 milioni di euro, che serviranno a far conoscere l’intero comparto agroalimentare regionale».A dare le cifre della Fiera regionale dei vini è stato Valter Pezzarini, presidente della Pro loco Buri, autentico motore della kermesse. Sono seguite le premiazioni del concorso per l’olio extravergine d’oliva che quest’anno, come ha sottolineato il professor Lanfranco Conte, è tornato nell’alveo dell’Università, ed ha abbinato alla selezione le analisi chimiche dei prodotti in concorso. Quindi è stata la volta dei formaggi: «Il livello qualitativo si è dimostrato particolarmente elevato» ha sottolineato il presidente del Consorzio Montasio Franco Pancera. Infine le premiazioni dei viticoltori.Poi il folto pubblico punteggiato da numerose autorità, ha potuto visitare la villa completamente restaurata. Il sindaco Tiziano Venturini ha ripercorso le tappe di un recupero che è partito dal 1998, quando la villa è stata ceduta al Comune, ed è proseguito con un susseguirsi di interventi di ristrutturazione, sia dell’immobile sia del parco. «Occorre - ha chiosato – che questa diventi una tappa importante di quella Strada del vino che, mi auguro, possa nascere presto».
Attualmente il consumo di vino pro capite si attesta sui 43 litri, la prospettiva è di scendere a 23, un trend negativo marcato se si pensa che negli anni ’70 era di 140 litri. A fare un po’ di statistiche è stato Rodolfo Rizzi, presidente regionale dell’Assoenologi, che ha riassunto le finalità di una Fiera – quella di Buttrio – che punta all’eccellenza: «Quest’anno proponiamo vini bianchi autoctoni, bollicine, e qualità» ha detto. Una triade capace di rispondere con efficacia alla crisi dei consumi. A dirsi preoccupato del trend negativo è stato il senatore Ferruccio Saro che ha ricordato la funzione trainante del comparto vinicolo nell’economia. Gli ha fatto eco l’assessore Claudio Violino che, con Roberto Molinaro, ha rappresentato la giunta regionale ieri all’inaugurazione della Fiera. «Abbiamo compiuto importanti passi avanti – ha sottolineato Violino – come la creazione della Doc interregionale del Prosecco che comprende 5 province venete e 4 friulane. A Vinitaly, inoltre, è stato siglato un accordo tra Stato e Regione per la promozione e il lancio della nuova denominazione “Friulano”, con una disponibilità di spesa di circa 10 milioni di euro, che serviranno a far conoscere l’intero comparto agroalimentare regionale».A dare le cifre della Fiera regionale dei vini è stato Valter Pezzarini, presidente della Pro loco Buri, autentico motore della kermesse. Sono seguite le premiazioni del concorso per l’olio extravergine d’oliva che quest’anno, come ha sottolineato il professor Lanfranco Conte, è tornato nell’alveo dell’Università, ed ha abbinato alla selezione le analisi chimiche dei prodotti in concorso. Quindi è stata la volta dei formaggi: «Il livello qualitativo si è dimostrato particolarmente elevato» ha sottolineato il presidente del Consorzio Montasio Franco Pancera. Infine le premiazioni dei viticoltori.Poi il folto pubblico punteggiato da numerose autorità, ha potuto visitare la villa completamente restaurata. Il sindaco Tiziano Venturini ha ripercorso le tappe di un recupero che è partito dal 1998, quando la villa è stata ceduta al Comune, ed è proseguito con un susseguirsi di interventi di ristrutturazione, sia dell’immobile sia del parco. «Occorre - ha chiosato – che questa diventi una tappa importante di quella Strada del vino che, mi auguro, possa nascere presto».
TOLMEZZO
TOLMEZZO. Cambia volto via Chiamue, viabilità di collegamento che dalla zona industriale sud di Tolmezzo conduce nel cuore della città. Un’opera importante per il capoluogo carnico in quanto rappresenta la porta di Tolmezzo sul lato sud. La consegna alla comunità dopo un’attenta riqualificazione con tanto di spazio verde, copertura in legno del ponte con la scritta “Città di Tolmezzo”e un suggestivo effetto notturno grazie alla sapiente illuminazione.
L’opera, realizzata dal Cosint (Consorzio per lo sviluppo industriale di Tolmezzo), braccio operativo della Regione e del Comune di Tolmezzo per questa importante infrastruttura, è stata inaugurata, alla presenza di numerose autorità e con la benedizione di don Angelo Zanello, dopo un impegnativo intervento di circa un milione di euro, che ha dato un nuovo volto all’ingresso sud di Tolmezzo. Ha infatti interessato – spiega il direttore del Consint, Giovanni Battista Somma - il rifacimento del manto stradale, i marciapiedi, l’impianto di illuminazione pubblica, ora tra i primi a rispettare la normativa del 2007 sull’inquinamento luminoso, ma non solo. Asportando infatti il manto in superficie, è emersa la necessità di rifare la condotte fognarie. Sono stati rifatti tutti i collegamenti alle caditoie, è stata fatta la sostituzione della dorsale idrica per tutta la tratta di un km. «Dopo l’iniziale finanziamento per cui abbiamo acceso un mutuo di 800 mila euro - spiega Somma - si sono reperiti altri 140 mila euro dalla Regione. I lavori sono stati realizzati dall’impresa Ravanelli di Stazione Carnia, consegnati a novembre e, nonostante un inverno che non capitava così da 40 anni, si sono da poco conclusi, nel pieno rispetto dei tempi contrattuali». «Questa è una via di comunicazione importante – ha spiegato il presidente del Cosint Luciano Cardella - perché porta diritta verso il cuore di Tolmezzo». A nome dell’amministrazione comunale di Tolmezzo il vicesindaco Dario Zearo ha rivolto un plauso al Cosint «per la realizzazione di questa opera che ha ridato dignità all’ingresso Sud di Tolmezzo» e per la preziosa sinergia creata con il Comune. Sempre in termini di viabilità tolmezzina Zearo ha annunciato che sono in partenza, l’11 maggio, i lavori di riasfaltatura di tutta la zona di Tolmezzo Nord in Via Paluzza, ma anche delle vie Gortani e Morgagni fino all’ospedale civile. Tanja Ariis
L’opera, realizzata dal Cosint (Consorzio per lo sviluppo industriale di Tolmezzo), braccio operativo della Regione e del Comune di Tolmezzo per questa importante infrastruttura, è stata inaugurata, alla presenza di numerose autorità e con la benedizione di don Angelo Zanello, dopo un impegnativo intervento di circa un milione di euro, che ha dato un nuovo volto all’ingresso sud di Tolmezzo. Ha infatti interessato – spiega il direttore del Consint, Giovanni Battista Somma - il rifacimento del manto stradale, i marciapiedi, l’impianto di illuminazione pubblica, ora tra i primi a rispettare la normativa del 2007 sull’inquinamento luminoso, ma non solo. Asportando infatti il manto in superficie, è emersa la necessità di rifare la condotte fognarie. Sono stati rifatti tutti i collegamenti alle caditoie, è stata fatta la sostituzione della dorsale idrica per tutta la tratta di un km. «Dopo l’iniziale finanziamento per cui abbiamo acceso un mutuo di 800 mila euro - spiega Somma - si sono reperiti altri 140 mila euro dalla Regione. I lavori sono stati realizzati dall’impresa Ravanelli di Stazione Carnia, consegnati a novembre e, nonostante un inverno che non capitava così da 40 anni, si sono da poco conclusi, nel pieno rispetto dei tempi contrattuali». «Questa è una via di comunicazione importante – ha spiegato il presidente del Cosint Luciano Cardella - perché porta diritta verso il cuore di Tolmezzo». A nome dell’amministrazione comunale di Tolmezzo il vicesindaco Dario Zearo ha rivolto un plauso al Cosint «per la realizzazione di questa opera che ha ridato dignità all’ingresso Sud di Tolmezzo» e per la preziosa sinergia creata con il Comune. Sempre in termini di viabilità tolmezzina Zearo ha annunciato che sono in partenza, l’11 maggio, i lavori di riasfaltatura di tutta la zona di Tolmezzo Nord in Via Paluzza, ma anche delle vie Gortani e Morgagni fino all’ospedale civile. Tanja Ariis
MARTIGNACCO
di GIACOMINA PELLIZZARI
La vertenza Safilo sarà discussa a Roma giovedì 30 aprile, alle 13. A differenza della previsione dell’assessore regionale Luca Ciriani, che aveva assicurato «il tavolo nazionale sarà convocato prima del 29», giornata in cui è in programma a Padova un incontro decisivo tra azienda e sindacati. Ieri il ministero ha fissato invece l’incontro per fine mese.
Considerato che alla Safilo è stato chiesto di non adottare decisioni prima della riunione romana, il confronto di mercoledì con i sindacato teoricamente potrebbe saltare anche se Cgil, Cisl e Uil non intendono rinunciare. «Noi saremo presenti, tocca all’azienda farci sapere se intende revocarlo visto che il giorno dopo entrambi siederemo al tavolo nazionale» afferma il segretario provinciale della Filtea-Cgil, Roberto Di Lenardo, nell’assicurare che, ieri, il rappresentante nazionale della Filtea-Cgil è riuscito a ricucire lo strappo con i colleghi veneti. «Ora – ribatte Di Lenardo – all’interno della Cgil siamo compatti». Per quanto riguarda, invece, la convocazione del tavolo nazionale dopo il 29 aprile, la Cgil, che in un primo momento aveva criticato l’ipotesi di una convocazione per i primi di maggio e costretto Ciriani a sollecitare l’incontro, non lo ritiene un fatto negativo. «Evidentemente – sostiene Di Lenardo – era la prima data disponibile. In ogni caso, noi il 29 ribadiremo che non abbiamo preclusioni sull’utilizzo degli strumenti e solleciteremo la presentazione di un piano industriale». Dello stesso avviso Luigi Oddo della Uil. I sindacalisti, insomma, vogliono arrivare al tavolo nazionale con le idee più chiare possibile soprattutto sul futuro degli stabilimenti di Precenicco e Martignacco. Qui sono a rischio 780 posti di lavoro. Salvaguardare quei posti e il made in Italy è anche l’obiettivo dei senatori Carlo Pegorer (Pd) e Ferruccio Saro (Pdl)secondo i quali, se dovessero insorgere difficoltà nella ricapitalizzazione e nell’avanzamento della proposta di rilancio produttivo, «il governo deve valutare la possibilità di concedere l’amministrazione controllata dell’azienda ai sensi della legge Marzano». Pegorer e Saro sono convinti, infatti, «che l’arrivo del commissario congelerebbe tutti i crediti delle banche».«Non possono pensare di scaricare la crisi sul Friuli» insiste Saro, secondo il quale «ci sono le condizioni finanziarie per arrivare a chiedere l’amministrazione controllata ai sensi della legge Marzano» spiega Saro convinto che questa strada vada perseguita se non si arriverà a discutere un piano industriale di salvaguardia dei posti di lavoro. Dello stesso avviso Pegorer: «Al tavolo nazionale bisogna arrivare a discutere un piano industriale che non intacchi il livello occupazionale del gruppo e che le eventuali difficoltà non si riverberino solo sul Friuli». Sempre Pegorer insiste a sottolineare la necessità di salvaguardare il made in Italy perché, aggiunge, «non è tollerabile che ci siano prodotti fatti all’estero su cui poi, al rientro in Italia, si appone il marchio made in Italy». Allo stesso modo, anche Pegorer è convinto che «nei processi di ricapitalizzazione della società piuttosto di mettere in discussione l’occupazione è preferibile commissariare l’azienda». Non a caso i due senatori hanno chiesto «un intervento del governo su Banca Intesa e Unicredit impegnate nella ricerca del fondo americano che dovrebbe intervenire per la ricapitalizzazione la quale, qualora si concretizzasse, dovrà favorire un piano industriale in grado di salvaguardare anche gli stabilimenti produttivi del Friuli».Mentre i politici ragionano, i lavoratori continuano a presidiare gli stabilimenti di Precenicco e di Martignacco per salvaguardare i loro posti di lavoro.
Considerato che alla Safilo è stato chiesto di non adottare decisioni prima della riunione romana, il confronto di mercoledì con i sindacato teoricamente potrebbe saltare anche se Cgil, Cisl e Uil non intendono rinunciare. «Noi saremo presenti, tocca all’azienda farci sapere se intende revocarlo visto che il giorno dopo entrambi siederemo al tavolo nazionale» afferma il segretario provinciale della Filtea-Cgil, Roberto Di Lenardo, nell’assicurare che, ieri, il rappresentante nazionale della Filtea-Cgil è riuscito a ricucire lo strappo con i colleghi veneti. «Ora – ribatte Di Lenardo – all’interno della Cgil siamo compatti». Per quanto riguarda, invece, la convocazione del tavolo nazionale dopo il 29 aprile, la Cgil, che in un primo momento aveva criticato l’ipotesi di una convocazione per i primi di maggio e costretto Ciriani a sollecitare l’incontro, non lo ritiene un fatto negativo. «Evidentemente – sostiene Di Lenardo – era la prima data disponibile. In ogni caso, noi il 29 ribadiremo che non abbiamo preclusioni sull’utilizzo degli strumenti e solleciteremo la presentazione di un piano industriale». Dello stesso avviso Luigi Oddo della Uil. I sindacalisti, insomma, vogliono arrivare al tavolo nazionale con le idee più chiare possibile soprattutto sul futuro degli stabilimenti di Precenicco e Martignacco. Qui sono a rischio 780 posti di lavoro. Salvaguardare quei posti e il made in Italy è anche l’obiettivo dei senatori Carlo Pegorer (Pd) e Ferruccio Saro (Pdl)secondo i quali, se dovessero insorgere difficoltà nella ricapitalizzazione e nell’avanzamento della proposta di rilancio produttivo, «il governo deve valutare la possibilità di concedere l’amministrazione controllata dell’azienda ai sensi della legge Marzano». Pegorer e Saro sono convinti, infatti, «che l’arrivo del commissario congelerebbe tutti i crediti delle banche».«Non possono pensare di scaricare la crisi sul Friuli» insiste Saro, secondo il quale «ci sono le condizioni finanziarie per arrivare a chiedere l’amministrazione controllata ai sensi della legge Marzano» spiega Saro convinto che questa strada vada perseguita se non si arriverà a discutere un piano industriale di salvaguardia dei posti di lavoro. Dello stesso avviso Pegorer: «Al tavolo nazionale bisogna arrivare a discutere un piano industriale che non intacchi il livello occupazionale del gruppo e che le eventuali difficoltà non si riverberino solo sul Friuli». Sempre Pegorer insiste a sottolineare la necessità di salvaguardare il made in Italy perché, aggiunge, «non è tollerabile che ci siano prodotti fatti all’estero su cui poi, al rientro in Italia, si appone il marchio made in Italy». Allo stesso modo, anche Pegorer è convinto che «nei processi di ricapitalizzazione della società piuttosto di mettere in discussione l’occupazione è preferibile commissariare l’azienda». Non a caso i due senatori hanno chiesto «un intervento del governo su Banca Intesa e Unicredit impegnate nella ricerca del fondo americano che dovrebbe intervenire per la ricapitalizzazione la quale, qualora si concretizzasse, dovrà favorire un piano industriale in grado di salvaguardare anche gli stabilimenti produttivi del Friuli».Mentre i politici ragionano, i lavoratori continuano a presidiare gli stabilimenti di Precenicco e di Martignacco per salvaguardare i loro posti di lavoro.
CAMINO
CAMINO. Saranno celebrati oggi, alle 16, nella parrocchiale caminese, i funerali di Stefano Commisso, l’ufficiale dell’aeronautica deceduto l’altra notte in un incidente stradale, con la moto, sulla statale Como - Bergamo. Le Frecce Tricolori sorvoleranno il cielo durante la cerimonia funebre rendendo in tal modo omaggio a uno dei suoi ufficiali più rappresentativi.
La Pan avrebbe avrebbe desiderato allestire la camera ardente a Rivolto, ma i genitori hanno espresso il desiderio di portare Stefano direttamente a Camino. Dopo l’autopsia eseguita ieri nell’ospedale di Como, la magistratura ha dato dunque il nulla osta per il trasferimento a Camino dove l’arrivo è previsto per le 14. La salma sarà esposta in chiesa, alla presenza di un picchetto dell’Aeronautica militare. Come racconta il padre Luciano, raggiunto al telefono a Como dove si è fermato per dar corso alle fasi burocratiche, l’autopsia ha confermato la morte istantanea di Stefano che stava tornando a casa, verso l’una di notte, dopo aver trascorso una serata in compagnia di alcuni amici. Era in sella alla sua Ducati “Varese”. «Il casco non si è nemmeno rotto – ha detto Luciano –. Stiamo vivendo ore drammatiche, ma ci dà una grande forza il sostegno dei tantissimi comandanti e colleghi cui va il nostro plauso e ringraziamento. È una cosa incredibile ciò che stanno organizzando. Arriveranno oggi a Camino, per presenziare ai funerali, numerosi pullman provenienti da Roma, Milano, Venezia, Treviso. Sono davvero moltissimi coloro che vogliono salutare il mio Stefano». I telefoni sia di Luciano che dei familiari hanno le linee sempre occupate dalle chiamate di centinaia di persone che vogliono essere loro vicini, con attestazioni di affetto e stima. La famiglia Commisso ha deciso di devolvere le offerte raccolte a Don Renzo Narduzzi, di origine caminese e parroco di Santa Maria Paganica a L’Aquila, dove il terremoto ha completamente distrutto la chiesa risalente al 1300 e la canonica.Anche i coscritti della classe 1972 intendono aderire all’iniziativa benefica in nome del loro coetaneo. Roberto Lucchetta ricorda così Stefano: «Quando lo incontravo aveva sempre i simboli della sua passione cuciti addosso. Poteva essere uno stemma d’aereo, una scritta, una medaglia, un simbolo sul giubbotto o sulla maglietta. Era orgoglioso della sua passione per i motori e l’aviazione e la rendeva visibile a tutti. Sempre».Pierina Gallina
La Pan avrebbe avrebbe desiderato allestire la camera ardente a Rivolto, ma i genitori hanno espresso il desiderio di portare Stefano direttamente a Camino. Dopo l’autopsia eseguita ieri nell’ospedale di Como, la magistratura ha dato dunque il nulla osta per il trasferimento a Camino dove l’arrivo è previsto per le 14. La salma sarà esposta in chiesa, alla presenza di un picchetto dell’Aeronautica militare. Come racconta il padre Luciano, raggiunto al telefono a Como dove si è fermato per dar corso alle fasi burocratiche, l’autopsia ha confermato la morte istantanea di Stefano che stava tornando a casa, verso l’una di notte, dopo aver trascorso una serata in compagnia di alcuni amici. Era in sella alla sua Ducati “Varese”. «Il casco non si è nemmeno rotto – ha detto Luciano –. Stiamo vivendo ore drammatiche, ma ci dà una grande forza il sostegno dei tantissimi comandanti e colleghi cui va il nostro plauso e ringraziamento. È una cosa incredibile ciò che stanno organizzando. Arriveranno oggi a Camino, per presenziare ai funerali, numerosi pullman provenienti da Roma, Milano, Venezia, Treviso. Sono davvero moltissimi coloro che vogliono salutare il mio Stefano». I telefoni sia di Luciano che dei familiari hanno le linee sempre occupate dalle chiamate di centinaia di persone che vogliono essere loro vicini, con attestazioni di affetto e stima. La famiglia Commisso ha deciso di devolvere le offerte raccolte a Don Renzo Narduzzi, di origine caminese e parroco di Santa Maria Paganica a L’Aquila, dove il terremoto ha completamente distrutto la chiesa risalente al 1300 e la canonica.Anche i coscritti della classe 1972 intendono aderire all’iniziativa benefica in nome del loro coetaneo. Roberto Lucchetta ricorda così Stefano: «Quando lo incontravo aveva sempre i simboli della sua passione cuciti addosso. Poteva essere uno stemma d’aereo, una scritta, una medaglia, un simbolo sul giubbotto o sulla maglietta. Era orgoglioso della sua passione per i motori e l’aviazione e la rendeva visibile a tutti. Sempre».Pierina Gallina
SAN DANIELE
SAN DANIELE.. La giunta regionale ha dato l’atteso via libera all’Azienda sanitaria numero 4 per l’acquisto della risonanza magnetica ad alto campo per l’ospedale di San Daniele. Un placet recentemente sollecitato con atti ufficiali dal consiglio comunale, che all’unanimità aveva adottato un apposito ordine del giorno
La risonanza ad alto campo, come spiegato nell’ordine del giorno che era stato sottoposto anche al personale medico dell’ospedale, consentirebbe di effettuare una serie di esami non sulle sole articolazioni ma su tutto il corpo con un impatto sul paziente molto diverso rispetto a quello di una Tac. Se quest’ultima, infatti, «corrisponde a una dose di Rx pari a 700 radiografie del torace – si legge nell’odg -, la risonanza magnetica è priva di radiazioni e fornisce risultati talvolta migliori». A rendere nota la decisione della giunta regionale è Emilio Iob, consigliere comunale di minoranza: «A informarmi dell’importante novità – dichiara - è stato il consigliere regionale Paolo Ciani, che da tempo si interessa della questione e che recentemente io stesso avevo interpellato affinché facesse ulteriore pressing sulla giunta così da ottenere il necessario via libera all’acquisto di questo rilevante macchinario».«Con questo via libera da parte della giunta regionale – spiega Iob – ora l’Azienda sanitaria potrà avviare tutte le procedure necessarie all’acquisto del nuovo strumento, cercando all’interno del suo proprio bilancio i fondi utili per tale acquisto che di certo contribuirà ad elevare la qualità del nostro ospedale». A lato pratico, insomma, di nuovo c’è l’avvallo regionale alla spesa (si parla di circa 800 mila euro per la risonanza ad alto campo), che alla fine dei conti resterà a carico dell’azienda sanitaria stessa, come spiega il consigliere regionale Ciani: «La giunta Tondo ha dato il suo assenso all’acquisto della risonanza magnetica, ora sarà l’Ass4, che ho già contattato nella persona del direttore generale Giorgio Ros, a studiare quale tipo di risonanza acquistare e con quali modalità». Maura Delle Case
La sedia Fvg in passerella a Milano

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