Basket Gli arancioni sconfitti a Biella 69-86
dall’inviato VALERIO MORELLI
ANGELICO-SNAIDERO86-69
ANGELICO-SNAIDERO86-69
ANGELICO BIELLA Jurak 12, Raspino 3, Spinelli 9, Ceccarelli, Jerebko 4, Margheri 3, Garri 3, Gist 6, Smith 22, Aradori 18, Brunner 4, Gaines 2. Coach Bechi.
SNAIDERO UDINE Contento 1, Musso 3, D’Ercole 5, Ortner 13, Antonutti 9, Di Giuliomaria 2, Forte 16, Romero 10, Allen 7, Maganza, Molinaro, Soldan 3. Coach Blasone.
ARBITRI Sabetta, Begnis, Barni.
NOTE Quarti: 20-15, 39-35, 55-48. Tiri liberi: Angelico 22 su 26, Snaidero 19 su 25. Tiri da due: Angelico 11 su 24, Snaidero 16 su 33. Tiri da tre: Angelico 14 su 31, Snaidero 6 su 18. Rimbalzi: Angelico 41, Snaidero 23. Usciti per falli: Di Giuliomaria (32’) e Musso (39’). Spettatori: 3.459, incasso 43.440 euro.
BIELLA. La Snaidero cade, come sempre, a Biella, e quel che è peggio retrocede in Legadue per le concomitanti vittorie di Gmac Bologna e Rieti. Nel nuovo palasport dell’Angelico, che festeggia la salvezza al grido di “resteremo in serie A”, cade comunque con onore almeno sino a metà ultimo quarto: 86-69 (20-15, 39-35, 55-48) nella dodicesima di ritorno. Poi saluta con tre turni d’anticipo la massima divisione dopo nove anni di permanenza. La banda Blasone-Allen lo fa rendendo la vita dura ai padroni di casa alternando più difese, anche a zona, ma alla fine cede alla maggiore prestanza di Biella a rimbalzo (41 a 23) e alla superiorià di rotazioni – in assenza di Anderson e Buskevics – e anche di gioco, che a Udine è al terzo nuovo corso stagionale.
La Snaidero, senza Anderson e Buskevics a Udine a curarsi, parte con Allen, Forte, Antonutti, Romero e Ortner. L’Angelico, al completo, risponde con Smith, Gaines, Jerebko, Gist e Garri.Smith inchioda subito la schiacciata, ma un 8-0 firmato per la metà da Ortner lancia Udine, semplice e pulita. Il vantaggio arancione regge fino al 10-10 al 5’ fissato da tre da Aradori, entrato per Jerebko già con 2 falli. Il passaggio a zona non giova alla Snaidero, bucata dai 6,25 pure da Smith per il 15-10 e poi da Aradori (8 punti) per il 18-12 al 9’. Buon per capitan Di Giuliomaria e compagni che D’Ercole restituisce subito la bomba, ma al 10’ è 20-15 per i padroni di casa sempre in marcatura a uomo.Bechi riparte con le seconde linee al fianco di Smith, che fissa il +8 (25-17) al 13’, contrato da un mini-break arancione di 4-0 frutto delle mani e della testa di Allen. Spinelli punisce da tre anche la uomo, ma stavolta replica Musso, ottava e ultima delle rotazioni udinesi: 28-24 al 14’. Tanto Smith (13 punti), un po’ di Brunner e Biella prima va a +10 (34-24) e poi sul 39-26 al 18’. La Snaidero, però, reagisce e con un 9-0 frutto di volenterosa applicazione difensiva va al riposo sul 39-35.Nella ripresa, quintetti di partenza e Allen fa firmare il -2 a Forte. Gist da tre, Smith, Jerebko complice il terzo fallo in attacco di Ortner replicano con un 7-0: 46-37 al 23’. Forte (11 punti) mette la tripla, Romero 2 liberi e Joseph fa di nuovo -2: 7-0 restituito e 46-44 al 25’. Ci pensa Smith (18), da tre, a sparigliare in faccia ad Allen. Due liberi in 3 minuti fanno 51-44 per Biella al 28’. Allen e Ortner (13) dicono -3, ma Jurak fa un 2+1 e Smith fissa il 55-48 al 30’ in un quarto finito 16-13 per Biella.Nell’ultimo quarto Maganza parte in quintetto, Di Giuliomaria lo sostituisce dopo 25’’ e segna. Spinelli, 4/5 ai liberi di Romero (10), 3/3 di Aradori ed è 60-54 al 33’. Quinto fallo del capitano arancione e rientra Allen che manda in lunetta Jurak per un 1/2 con Udine in bonus. Antonutti mette la bomba, ma Aradori (18) replica: 64-57 al 34’ su cui va in tilt il tabellone. Anche Allen, però, che si fa strappare palla dalle mani da Jurak, su cui fa fallo antisportivo: 2/2 dalla linea e 66-57. Poi ce lo manda pure D’Ercole ed è 68-57. Jurak è nel mirino anche di Forte, che gli fa un antisportivo come Allen. Lo sloveno (12) non perdona ai liberi e stavolta Smith (22) sfrutta il possesso con una tripla: 73-57 al 36’.Forte (16) si fa perdonare con 5 punti in fila e il generoso, ma velleitario pressing arancione vede la gara chiudersi sull’86-69 con Soldan, Raspino e Margheri a scambiarsi triple fin sulla sirena.
BIELLA. La Snaidero cade, come sempre, a Biella, e quel che è peggio retrocede in Legadue per le concomitanti vittorie di Gmac Bologna e Rieti. Nel nuovo palasport dell’Angelico, che festeggia la salvezza al grido di “resteremo in serie A”, cade comunque con onore almeno sino a metà ultimo quarto: 86-69 (20-15, 39-35, 55-48) nella dodicesima di ritorno. Poi saluta con tre turni d’anticipo la massima divisione dopo nove anni di permanenza. La banda Blasone-Allen lo fa rendendo la vita dura ai padroni di casa alternando più difese, anche a zona, ma alla fine cede alla maggiore prestanza di Biella a rimbalzo (41 a 23) e alla superiorià di rotazioni – in assenza di Anderson e Buskevics – e anche di gioco, che a Udine è al terzo nuovo corso stagionale.
La Snaidero, senza Anderson e Buskevics a Udine a curarsi, parte con Allen, Forte, Antonutti, Romero e Ortner. L’Angelico, al completo, risponde con Smith, Gaines, Jerebko, Gist e Garri.Smith inchioda subito la schiacciata, ma un 8-0 firmato per la metà da Ortner lancia Udine, semplice e pulita. Il vantaggio arancione regge fino al 10-10 al 5’ fissato da tre da Aradori, entrato per Jerebko già con 2 falli. Il passaggio a zona non giova alla Snaidero, bucata dai 6,25 pure da Smith per il 15-10 e poi da Aradori (8 punti) per il 18-12 al 9’. Buon per capitan Di Giuliomaria e compagni che D’Ercole restituisce subito la bomba, ma al 10’ è 20-15 per i padroni di casa sempre in marcatura a uomo.Bechi riparte con le seconde linee al fianco di Smith, che fissa il +8 (25-17) al 13’, contrato da un mini-break arancione di 4-0 frutto delle mani e della testa di Allen. Spinelli punisce da tre anche la uomo, ma stavolta replica Musso, ottava e ultima delle rotazioni udinesi: 28-24 al 14’. Tanto Smith (13 punti), un po’ di Brunner e Biella prima va a +10 (34-24) e poi sul 39-26 al 18’. La Snaidero, però, reagisce e con un 9-0 frutto di volenterosa applicazione difensiva va al riposo sul 39-35.Nella ripresa, quintetti di partenza e Allen fa firmare il -2 a Forte. Gist da tre, Smith, Jerebko complice il terzo fallo in attacco di Ortner replicano con un 7-0: 46-37 al 23’. Forte (11 punti) mette la tripla, Romero 2 liberi e Joseph fa di nuovo -2: 7-0 restituito e 46-44 al 25’. Ci pensa Smith (18), da tre, a sparigliare in faccia ad Allen. Due liberi in 3 minuti fanno 51-44 per Biella al 28’. Allen e Ortner (13) dicono -3, ma Jurak fa un 2+1 e Smith fissa il 55-48 al 30’ in un quarto finito 16-13 per Biella.Nell’ultimo quarto Maganza parte in quintetto, Di Giuliomaria lo sostituisce dopo 25’’ e segna. Spinelli, 4/5 ai liberi di Romero (10), 3/3 di Aradori ed è 60-54 al 33’. Quinto fallo del capitano arancione e rientra Allen che manda in lunetta Jurak per un 1/2 con Udine in bonus. Antonutti mette la bomba, ma Aradori (18) replica: 64-57 al 34’ su cui va in tilt il tabellone. Anche Allen, però, che si fa strappare palla dalle mani da Jurak, su cui fa fallo antisportivo: 2/2 dalla linea e 66-57. Poi ce lo manda pure D’Ercole ed è 68-57. Jurak è nel mirino anche di Forte, che gli fa un antisportivo come Allen. Lo sloveno (12) non perdona ai liberi e stavolta Smith (22) sfrutta il possesso con una tripla: 73-57 al 36’.Forte (16) si fa perdonare con 5 punti in fila e il generoso, ma velleitario pressing arancione vede la gara chiudersi sull’86-69 con Soldan, Raspino e Margheri a scambiarsi triple fin sulla sirena.
Il Pdl minimizza. Baritussio: è la solita tempesta in un bicchier d’acqua.
L’ex presidente Biasutti: nessun rischio, dichiarazioni domenicali
I friulanisti bocciano il ministro: «Rispetti la Costituzione, la nostra autonomia è giustificata» Lega all’attacco. Ballaman: non abbiamo privilegi. Il Pd presenterà una mozione
TRIESTE. Il presidente della Regione Renzo Tondo preferisce non inseguire le polemiche; il Pdl minimizza, ma la Lega stoppa il ministro Brunetta che vuole ridurre le competenze alle Regioni speciali. Il presidente del consiglio regionale, il leghista Edouard Ballaman, sottolinea che «non si può pensare a un abbassamento della specialità, semmai a un suo affinamento, dovendosi la regione confrontare, per la sua posizione geografica, con un sistema di concorrenza accentuato dalle misure in essere nei Paesi confinanti», sottolinea. E il senatore del Carroccio Mario Pittoni punta il dito: «Brunetta ha sbagliato a parlare di privilegi. Non sono tali, ma sono responsabilità. Noi tratteniamo le compartecipazioni, ma ci accolliamo i costi della sanità, tanto per fare un esempio. E se ci sono errori, la differenza è a carico della Regione», chiarisce Pittoni.Anche i friulanisti partono all’attacco. È dunque ancora polemica sulle dichiarazioni del ministro Renato Brunetta sulle Regioni «troppo speciali». Arnaldo Baracetti, del Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli, si dice preoccupato da “attacchi” del genere. «Siamo un livello molto basso - dice Baracetti -. Brunetta butta tutto in campagna elettorale. Non penso proprio che il Governo possa seguirlo». «La prima cosa da considerare - nota - è che un ministro deve rispettare la Costituzione su cui ha giurato. Altrimenti deve cambiarla. Ma il problema - insiste Baracetti - è che Brunetta deve misurarsi sul merito delle questioni, non può fare di tutto solo una questione di quattrini».Ci ragioni storiche, spiega l’ex deputato del Pci, per cui le speciali sono diverse dalle altre regioni. «Al Nord le specialità sono state concesse in rapporto alla presenza di minoranze linguistiche. E anche il Friuli Venezia Giulia ha fatto due leggi sulle minoranze, cosa che le normali non possono fare. La specialità della nostra regione - continua Baracetti - si giustifica e valorizza per questo. In Sicilia e Sardegna sono state premiate le posizioni geografiche. Come si fa a dire che siamo tutti sullo stesso piano?». Baracetti continua: «La posizione di Brunetta è la dimostrazione di un pensiero sbagliato, e sul piano politico di livello davvero basso. Come fa parlare in quei termini? Così tira giù il livello di tutto il Governo». Comunque, aggiunge ancora Baracetti, «queste sono situazioni che vanno considerate anche a livello europeo. L’Unione europea si sta battendo da anni per l’unità, ma non per la riduzione delle diversità».«Il ministro parla da veneto o a nome del governo?», chiede l’autonomista Renzo Pascolat. «Se esterna a titolo personale il governo lo deve richiamare, se parla a nome del governo i gruppo consiliari, il consiglio e la giunta alzino la voce - continua l’ex parlamentare -. È necessario un movimento di protesta contro questa linea. E la Lega cosa dice?», conclude Pascolat.«Non abbiamo mai fatto della nostra specialità una questione di privilegio - dice infine Valeria Grillo (Maf) - ma esclusivamente di un complesso importante di benefici di cui anche i singoli soggetti che ne fanno parte possono giovarsi anche direttamente».Spetta invece al Pdl, il partito del ministro, il ruolo di “pompiere”. Tutta la polemica, dice il vicecapogruppo in Consiglio regionale Franco Baritussio, «è la classica tempesta in un bicchier d’acqua che scoppia ormai periodicamente sulla specialità della Regione». Secondo Baritussio, «abbiamo tre motivi per stare tranquilli. In primo luogo - spiega - la specialità per essere toccata o modificata richiede precisi passaggi costituzionali, peraltro non unilaterali. E poi il Friuli Venezia Giulia, della sua specialità, non ha mai fatto - chiarisce - una questione di privilegio». Nessuna preoccupazione, dunque, nonostante le accuse del Pd regionale, che ha annunciato una mozione sul tema in Consiglio regionale. «Non dobbiamo temere il futuro federalismo - conclude Baritussio - perché la nostra specialità si è già sviluppata secondo il principio del trasferimento parallelo di risorse e competenze dallo Stato alla Regione». (b.p.)
Attribuiti per ora 26 mila alloggi
La Regione annuncia l’intenzione di cambiare i criteri di assegnazione
UDINE. Una domanda su quattro non trova risposta perché la richiesta e il bisogno di case popolari è superiore all’offerta. Sono 8243 le domande che campeggiano nelle graduatorie delle Ater regionali e che risultano inevase, il 24 per cento del totale. L’attuale metodo di assegnazione prevede che il cittadino presenti i moduli con tutti i suoi dati ogni qual volta esce un nuovo bando, ma la Regione vorrebbe superare questa formula.
«L’obiettivo, anche se non sarà attuabile in tempi rapidissimi, è quello di passare a un sistema a sportello – spiega l’assessore competente, Vanni Lenna – in modo che le graduatorie, fatto salvo il mantenimento dei requisiti, non scadano e che il cittadino possa presentare domanda quando ha la necessità dell’alloggio».Gli assegnatari. Gli alloggi assegnati sono 26.067 con una ripartizione che segue naturalmente la concentrazione nel territorio del patrimonio di edilizia popolare. Al primo posto Trieste, con 10.784 assegnatari, seguita da Udine, con 6674, Gorizia con 4114, Pordenone con 3447 e l’alto Friuli con 1048.Domande inevase. Anche per le domande ammesse nelle graduatorie, ma non soddisfatte, la classifica resta la stessa. Apre Trieste con 3539 e con la proporzione più alta visto che le richieste insoddisfatte sono pari al 32 per cento di quelle accolte e al 24 per cento del totale. Segue Udine con 1594 (il 23 per cento delle domande che hanno avuto un’assegnazione e il 19 per cento del totale) quasi a pari merito con Gorizia. Nel capoluogo isontino le domande valide ancora senza un riscontro sono 1567, però, la percentuale calcolata sul numero delle domande andate a buon fine sale a 38 per cento e quella sul totale a 27 per cento. Poi c’è Pordenone con 1376 domande non soddisfatte (39 per cento rispetto a quelle evase e 28 per cento del totale). La situazione migliore in alto Friuli dove gli aventi diritto senza casa sono appena 167 (il 15 per cento rispetto agli assegnatari, il 13 sul totale).I bandi. Le case popolari vengono assegnate attraverso un sistema che utilizza bandi di gara. Ogni qual volta viene costruito, ristrutturato o assegnato un complesso abitativo, si pubblica un bando al quale consegue una graduatoria. Questo vuol dire che, chi ha bisogno di una casa popolare, ha un tempo preciso per presentare domanda, tempo entro il quale la richiesta non può essere accolta. Perso quell’“intervallo” è necessario attendere il prossimo bando.Il cambiamento. La Regione ha intenzione di cambiare questo sistema per agevolare le famiglie e pensa di adottare il modello che è stato introdotto per l’assegnazione dei contributi all’acquisto della prima casa erogati tramite Mediocredito. «L’obiettivo è quello di arrivare alla modalità dello sportello – spiega l’assessore Lenna – in modo che una famiglia possa presentare la domanda nel momento in cui ha il bisogno della casa popolare e che, una volta verificati i requisiti, la graduatoria possa scorrere automaticamente». Un passaggio più semplice a dirsi che a farsi perché «richiede un cambiamento di modalità e quindi stiamo verificando tempi e modi».Piano casa. Sul fronte dell’edilizia popolare, oltre a continuare a finanziare le Ater, la Regione intende adottare le linee già tracciate dal governo mettendo sul mercato parte del patrimonio immobiliare, partendo da quello attualmente inutilizzato perché richiede alti costi di manutenzione.Martina Milia
«L’obiettivo, anche se non sarà attuabile in tempi rapidissimi, è quello di passare a un sistema a sportello – spiega l’assessore competente, Vanni Lenna – in modo che le graduatorie, fatto salvo il mantenimento dei requisiti, non scadano e che il cittadino possa presentare domanda quando ha la necessità dell’alloggio».Gli assegnatari. Gli alloggi assegnati sono 26.067 con una ripartizione che segue naturalmente la concentrazione nel territorio del patrimonio di edilizia popolare. Al primo posto Trieste, con 10.784 assegnatari, seguita da Udine, con 6674, Gorizia con 4114, Pordenone con 3447 e l’alto Friuli con 1048.Domande inevase. Anche per le domande ammesse nelle graduatorie, ma non soddisfatte, la classifica resta la stessa. Apre Trieste con 3539 e con la proporzione più alta visto che le richieste insoddisfatte sono pari al 32 per cento di quelle accolte e al 24 per cento del totale. Segue Udine con 1594 (il 23 per cento delle domande che hanno avuto un’assegnazione e il 19 per cento del totale) quasi a pari merito con Gorizia. Nel capoluogo isontino le domande valide ancora senza un riscontro sono 1567, però, la percentuale calcolata sul numero delle domande andate a buon fine sale a 38 per cento e quella sul totale a 27 per cento. Poi c’è Pordenone con 1376 domande non soddisfatte (39 per cento rispetto a quelle evase e 28 per cento del totale). La situazione migliore in alto Friuli dove gli aventi diritto senza casa sono appena 167 (il 15 per cento rispetto agli assegnatari, il 13 sul totale).I bandi. Le case popolari vengono assegnate attraverso un sistema che utilizza bandi di gara. Ogni qual volta viene costruito, ristrutturato o assegnato un complesso abitativo, si pubblica un bando al quale consegue una graduatoria. Questo vuol dire che, chi ha bisogno di una casa popolare, ha un tempo preciso per presentare domanda, tempo entro il quale la richiesta non può essere accolta. Perso quell’“intervallo” è necessario attendere il prossimo bando.Il cambiamento. La Regione ha intenzione di cambiare questo sistema per agevolare le famiglie e pensa di adottare il modello che è stato introdotto per l’assegnazione dei contributi all’acquisto della prima casa erogati tramite Mediocredito. «L’obiettivo è quello di arrivare alla modalità dello sportello – spiega l’assessore Lenna – in modo che una famiglia possa presentare la domanda nel momento in cui ha il bisogno della casa popolare e che, una volta verificati i requisiti, la graduatoria possa scorrere automaticamente». Un passaggio più semplice a dirsi che a farsi perché «richiede un cambiamento di modalità e quindi stiamo verificando tempi e modi».Piano casa. Sul fronte dell’edilizia popolare, oltre a continuare a finanziare le Ater, la Regione intende adottare le linee già tracciate dal governo mettendo sul mercato parte del patrimonio immobiliare, partendo da quello attualmente inutilizzato perché richiede alti costi di manutenzione.Martina Milia
Altra prova convincente dei bianconeri al Friuli. Un gol di Asamoah e una doppietta di D’Agostino Pozzo: avanti così fino alla fine Marino lavori con serenità e non indebolirò la squadra
Dopo la sfortunata eliminazione Uefa, battuta la Fiorentina 3-1
di PIETRO OLEOTTO
L’ombra del Werder. L’ombra del ricordo del tracollo di Firenze. L’ombra di Del Neri. Eppure solo meteorologicamente c’era la pioggia ieri al Friuli. Alla faccia dei fantasmi vecchi e nuovi, l’Udinese ha messo a nanna la Fiorentina, sulla carta la squadra più motivata della “nostra” domenica assieme alla Roma. Sulla carta. Perchè ai Rizzi la partita l’hanno fatta le maglie bianconere, per nulla scolorite dalla delusione Uefa, da un’eliminazione che ancora brucia per come si è materializzata. Un rimpianto. Uno dei rimpianti della stagione dell’Udinese che a novembre, sul più bello, ha vissuto un clamoroso black-out. Zac. È proprio all’andata, a Firenze, dopo un primo tempo splendido, incantevole, che l’elettricità è venuta meno, che il filo si è interrotto, troncato della stanchezza, della tensione, delle pressioni. Ci sono voluti due mesi abbondanti per rivedere in campo un’Udinese accettabile ed è lì che Marino ha perso terreno, che il profeta di Marsala è diventato un allenatore discusso e discutibile per le scelte, tanto da finire sulla graticola. Quanto abbiano inciso sulla stagione le fatiche di Coppa Uefa, gli infortuni lo può dire soltanto lui: Marino. Che per risposta, al di là delle parole, ha scelto la via del campo per dimostrare che l’Udinese deve continuare con lui il famoso “progetto”. L’obiettivo è arrivare più vicino possibile a Lazio, Palermo e Cagliari, sistemandosi nuovamente nella parte sinistra della classifica “ quella nobile ” scalzando Napoli e Sampdoria. Il primo passo l’ha fatto ieri, prendendosi meritatamente i tre punti grazie ai gol di Asamoah e D’Agostino (doppietta), con nelle orecchie il nome di Gigi Del Neri, allenatore che sta prendendo tempo con l’Atalanta per un rinnovo dell’incarico più che meritato. Una voce che fa sorridere, ha commentato Marino nel dopo-partita. Una voce che non dovrebbe essere cavalcata con la macchina in movimento, ha aggiunto Pozzo. Che intanto ha confidato di aver raggiunto l’accordo per l’ingaggio di Corradi, professione centravanti. Di stazza. D’esperienza. Pupillo di Del Neri.
L’ombra del Werder. L’ombra del ricordo del tracollo di Firenze. L’ombra di Del Neri. Eppure solo meteorologicamente c’era la pioggia ieri al Friuli. Alla faccia dei fantasmi vecchi e nuovi, l’Udinese ha messo a nanna la Fiorentina, sulla carta la squadra più motivata della “nostra” domenica assieme alla Roma. Sulla carta. Perchè ai Rizzi la partita l’hanno fatta le maglie bianconere, per nulla scolorite dalla delusione Uefa, da un’eliminazione che ancora brucia per come si è materializzata. Un rimpianto. Uno dei rimpianti della stagione dell’Udinese che a novembre, sul più bello, ha vissuto un clamoroso black-out. Zac. È proprio all’andata, a Firenze, dopo un primo tempo splendido, incantevole, che l’elettricità è venuta meno, che il filo si è interrotto, troncato della stanchezza, della tensione, delle pressioni. Ci sono voluti due mesi abbondanti per rivedere in campo un’Udinese accettabile ed è lì che Marino ha perso terreno, che il profeta di Marsala è diventato un allenatore discusso e discutibile per le scelte, tanto da finire sulla graticola. Quanto abbiano inciso sulla stagione le fatiche di Coppa Uefa, gli infortuni lo può dire soltanto lui: Marino. Che per risposta, al di là delle parole, ha scelto la via del campo per dimostrare che l’Udinese deve continuare con lui il famoso “progetto”. L’obiettivo è arrivare più vicino possibile a Lazio, Palermo e Cagliari, sistemandosi nuovamente nella parte sinistra della classifica “ quella nobile ” scalzando Napoli e Sampdoria. Il primo passo l’ha fatto ieri, prendendosi meritatamente i tre punti grazie ai gol di Asamoah e D’Agostino (doppietta), con nelle orecchie il nome di Gigi Del Neri, allenatore che sta prendendo tempo con l’Atalanta per un rinnovo dell’incarico più che meritato. Una voce che fa sorridere, ha commentato Marino nel dopo-partita. Una voce che non dovrebbe essere cavalcata con la macchina in movimento, ha aggiunto Pozzo. Che intanto ha confidato di aver raggiunto l’accordo per l’ingaggio di Corradi, professione centravanti. Di stazza. D’esperienza. Pupillo di Del Neri.
ROMA. Gianfranco Fini considera «giusto il sentimento che si accertino eventuali responsabilità» nei crolli, soprattutto di edifici pubblici, nel terremoto in Abruzzo. Il presidente della Camera, da Scansano dove ha partecipato alla festa nazionale dei piccoli Comuni, esprime una posizione che è in linea con la denuncia del presidente della Repubblica il quale sabato aveva parlato di «danni aggravati da avidità e disprezzo delle regole», auspicando che si faccia luce su questo.
Anche Fini ha sostenuto che la vicenda abruzzese deve indurre «gli amministratori, chi governa e i parlamentari a non transigere nella prevenzione e nel rispetto delle regole». In ambienti parlamentari si sottolinea che le frasi di Fini, che avallano la presa di posizione del Quirinale, non sono assolutamente da interpretare come una presa di distanza da Silvio Berlusconi che sabato aveva detto: «Ben vengano le inchieste ma ora non perdiamo tempo, impieghiamolo nella ricostruzione». Il premier - che anche ieri è stato impegnato sul fronte dell’emergenza, coordinando un pool di ingegneri e architetti per la ricostruzione - aveva anche invitato i giornalisti a «non riempire le pagine con inchieste».Le esternazioni berlusconiane durante la sua settima visita nelle zone terremotate hanno suscitato ieri reazioni polemiche dell’opposizione. Intanto il ministro Tremonti, alla trasmissione “In mezz’ora” di Lucia Annunziata, ha ribadito che non ci saranno nuove tasse per sostenere la ricostruzione e che verranno spostate voci di spesa per reperire i fondi necessari.In prima fila negli attacchi al premier l’Idv, con Antonio Di Pietro che invita Berlusconi a «smetterla di prendersela con i magistrati che vanno avanti con le inchieste», mentre il suo capogruppo alla Camera Massimo Donadi ha definito «criminogeno» l’atteggiamento del Cavaliere. «Le indagini sono indispensabili e si deve appurare la verità subito», ha detto a Monza il governatore della Puglia Nichi Vendola di Sinistra e Libertà, che ha sottolineato la diversità di posizione tra il Quirinale e Palazzo Chigi. «Da Berlusconi sono venute parole irresponsabili e indecenti, i morti sotto le macerie meritano giustizia», ha rincarato per il Pdci Jacopo Venier.Pier Ferdinando Casini, che mantiene il profilo di una opposizione non preconcetta, non ha attaccato Berlusconi per le sue frasi sulle inchieste, ma si è lamentato del fatto che in Abruzzo si assiste «solo a passerelle di politici» definendo tutto ciò «poco serio». Il leader dell’Udc ha sostenuto che «chi ha di più», come per esempio i parlamentari, «deve contribuire alla solidarietà per l’Abruzzo». A nome di Articolo 21, Giuseppe Giulietti ha criticato la frase del Cavaliere sui giornali che dedicano «intere pagine alle inchieste», avvertendo che Berlusconi «non è irritato solo con Santoro» e ce l’ha con «tutta la stampa indipendente».Dal fronte della maggioranza, Osvaldo Napoli ha bollato come «speculazioni volgari» gli attacchi dell’opposizione. «L’arte di attribuire al premier parole mai pronunciate o intenzioni mai dichiarate non concede tregua», si è lamentato Napoli, mentre il portavoce del Pdl Daniele Capezzone ha preferito tornare sulle accuse di sabato di Franceschini, sostenendo che si tratta di «una polemica sgradevole sul terremoto e la ricostruzione che farà male al Pd, riducendone la già scarsa credibilità agli occhi dell’opinione pubblica».
Anche Fini ha sostenuto che la vicenda abruzzese deve indurre «gli amministratori, chi governa e i parlamentari a non transigere nella prevenzione e nel rispetto delle regole». In ambienti parlamentari si sottolinea che le frasi di Fini, che avallano la presa di posizione del Quirinale, non sono assolutamente da interpretare come una presa di distanza da Silvio Berlusconi che sabato aveva detto: «Ben vengano le inchieste ma ora non perdiamo tempo, impieghiamolo nella ricostruzione». Il premier - che anche ieri è stato impegnato sul fronte dell’emergenza, coordinando un pool di ingegneri e architetti per la ricostruzione - aveva anche invitato i giornalisti a «non riempire le pagine con inchieste».Le esternazioni berlusconiane durante la sua settima visita nelle zone terremotate hanno suscitato ieri reazioni polemiche dell’opposizione. Intanto il ministro Tremonti, alla trasmissione “In mezz’ora” di Lucia Annunziata, ha ribadito che non ci saranno nuove tasse per sostenere la ricostruzione e che verranno spostate voci di spesa per reperire i fondi necessari.In prima fila negli attacchi al premier l’Idv, con Antonio Di Pietro che invita Berlusconi a «smetterla di prendersela con i magistrati che vanno avanti con le inchieste», mentre il suo capogruppo alla Camera Massimo Donadi ha definito «criminogeno» l’atteggiamento del Cavaliere. «Le indagini sono indispensabili e si deve appurare la verità subito», ha detto a Monza il governatore della Puglia Nichi Vendola di Sinistra e Libertà, che ha sottolineato la diversità di posizione tra il Quirinale e Palazzo Chigi. «Da Berlusconi sono venute parole irresponsabili e indecenti, i morti sotto le macerie meritano giustizia», ha rincarato per il Pdci Jacopo Venier.Pier Ferdinando Casini, che mantiene il profilo di una opposizione non preconcetta, non ha attaccato Berlusconi per le sue frasi sulle inchieste, ma si è lamentato del fatto che in Abruzzo si assiste «solo a passerelle di politici» definendo tutto ciò «poco serio». Il leader dell’Udc ha sostenuto che «chi ha di più», come per esempio i parlamentari, «deve contribuire alla solidarietà per l’Abruzzo». A nome di Articolo 21, Giuseppe Giulietti ha criticato la frase del Cavaliere sui giornali che dedicano «intere pagine alle inchieste», avvertendo che Berlusconi «non è irritato solo con Santoro» e ce l’ha con «tutta la stampa indipendente».Dal fronte della maggioranza, Osvaldo Napoli ha bollato come «speculazioni volgari» gli attacchi dell’opposizione. «L’arte di attribuire al premier parole mai pronunciate o intenzioni mai dichiarate non concede tregua», si è lamentato Napoli, mentre il portavoce del Pdl Daniele Capezzone ha preferito tornare sulle accuse di sabato di Franceschini, sostenendo che si tratta di «una polemica sgradevole sul terremoto e la ricostruzione che farà male al Pd, riducendone la già scarsa credibilità agli occhi dell’opinione pubblica».
NONOSTANTE LA DELUSIONE UEFA
SENZA TIRARE I REMI IN BARCA di BRUNO PIZZUL
L’Udinese è il risultato che non ti aspetti. Una vittoria convincente, frutto di una prestazione lodevole, contro un avversario che pareva avere tutto per sbancare il Friuli: la Fiorentina, infatti, aveva fior di motivazioni, migliore freschezza, morale alto. I bianconeri, al contrario, dovevano fare i conti con l’amarezza per l’eliminazione in Uefa, uscita di scena ritenuta tra l’altro immeritata.Ma dovevano anche fare i conti con la stanchezza accumulata, con la consapevolezza di avere poco da chiedere al torneo. La vittoria assume quindi un particolare significato, perché testimonia serietà e professionalità della squadra, lascia intendere che l’Udinese sa preparare e interpretare nella dovuta maniera anche gare che non hanno un’immediata e palese incidenza sulla classifica. Proprio quello che tecnico e giocatori avevano garantito alla vigilia contro i viola; hanno mantenuto la promessa e smentito quanti avevano manifestato dubbi sulla capacità di rincompattarsi e lottare subito dopo la coppa. In qualche modo vi è da pensare che i ragazzi avessero voluto ringraziare i tifosi per il sostegno ricevuto, davvero eccezionale. La Fiorentina ha proposto qualche per altro composta protesta per alcune decisioni arbitrali, ma alla fine Prandelli ha ammesso la legittimità del successo friulano. Bene un po’ tutti e ancora una prova superlativa di Asamoah, che ha aperto la strada con il primo gol e poi ha continuato a dare un sostegno importante di sostanza e di creatività alla manovra dell’intera squadra. Con questi tre punti pesanti, l’Udinese scavalca un bel gruppetto di squadre e si riaffaccia in posizione di classifica più consona alle sue potenzialità. La grinta e la determinazione esibite contro la Fiorentina sono la più chiara dimostrazione che ci si può aspettare da quest’Udinese un finale di stagione almeno dignitoso. Confesso che anch’io avevo temuto che, in caso di eliminazione dall’Uefa, la squadra potesse tirare i remi in barca e aspettare quasi per onore di firma la conclusione finale. Sono lieto di essermi sbagliato, ma alla pari di tanti altri, armati come me di poca fiducia. Anche per tutto questo l’Udinese va ringraziata.
Eurovoto
ROMA. Occhi puntati sul vertice del Partito democratico che si terrà oggi a Roma in vista delle consultazioni europee del 6 e 7 giugno. C’è infatti ancora un nodo importante da sciogliere, in quanto tre sono i candidati in campo, mentre altri due sono ancora da definire. È questo il bollettino dei capilista del Pd che da giorni agita il partito. E le scelte definitive usciranno probabilmente proprio dall’incontro dei vertici nazionali e regionali («non un caminetto», però, precisa Antonello Giacomelli), convocato da Dario Franceschini per stasera alle 20.30.Nel frattempo, torna nell’arena della politica, anche Walter Veltroni. L’ex leader del Pd, uscito di scena dopo la sconfitta elettorale in Sardegna, domani sera, a Udine, parteciperà a un incontro pubblico con Debora Serracchiani, la giovane che è stata candidata da Franceschini alle europee, dopo aver infiammato l’assemblea dei circoli democrat e la rete, con un discorso al vetriolo contro la dirigenza del partito. L’incontro con Veltroni, che ruoterà sul tema “Oltre la crisi - Uguaglianza e democrazia nel futuro dello sviluppo”, si terrà appunto domani, alle 18.30, nella sala Paolino d’Aquileia in via Treppo, 7, a Udine. E ovviamente servirà a dare il via all’avventura elettorale della stessa Serracchiani, la cui candidatura è “blindata”.Intanto, il segretario Franceschini ha lanciato la campagna elettorale per le amministrative. Il Pd ha chiamato a raccolta i suoi, perchè se è difficile confermare il trionfo di Ds e Margherita nel 2004, è molto importante evitare il flop. «Ora è il momento dell’unità», ha detto Goffredo Bettini. Il braccio destro di Walter Veltroni, che era dato certo capolista per il Centro Italia solo fino a qualche giorno fa, nonostante l’invito del segretario in persona a ripensarci, conferma il suo no alla candidatura per l’Europarlamento. Fa i suoi «migliori auguri» al vicedirettore del Tg1, David Sassoli, scelto per guidare la lista. E invita a «voltare pagina». Sopita anche la polemica dopo la candidatura di Sergio Cofferati per il Nord-Ovest e quasi certa quella di Rita Borsellino per le Isole, al momento il problema è riuscire a riempire due caselle importanti. Non è stata ancora individuata la personalità, possibilmente di cultura laica (si era pensato ad esempio a Stefano Rodotà e Umberto Veronesi) per il Nord-Est. E anche al Sud si brancola nel buio. «Continuano a circolare notizie su una mia possibile candidatura alle elezioni europee. Mi era stato proposto di essere il capolista per il Pd nella circoscrizione Nord-Est e ho già rifiutato nei giorni scorsi, e questa informazione era stata correttamente pubblicata dall’Unità il 17 aprile», ha affermato ieri, al riguardo, Rodotà.Infine, la candidatura di Antonio Di Pietro increspa le acque del centro-sinistra: «Tradisce i suoi elettori», attacca il segretario Franceschini, secondo il quale il leader dell’Idv si comporta come Berlusconi «imbrogliando» l’elettorato visto che per l’incompatibilità non potrà sedere a Strasburgo. «Chi dirige un partito di vera opposizione - replica Di Pietro - ha il dovere di candidarsi per offrire una valida alternativa agli elettori. Lasciamo, dunque, a Franceschini e ai suoi la pilatesca scelta di “armiamoci e partite”, di ben altra memoria».
Oltre 500 appassionati della mitica Vespa hanno partecipato ieri al Terzo raduno nazionale “Città di Udine”. La pioggia non ha scoraggiato i vespisti, partiti da via Mercatovecchio per un percorso di una cinquantina di chilometri, che si è snodato tra le colline di Moruzzo, Pagnacco con tappa a Colloredo di Monte Albano e arrivo a Pradamano, passando per Tricesimo, Tavagnacco, Povoletto e Remanzacco. Molti venivano da lontano e dopo tanta strada non se ne parlava nemmeno di rinunciare alla manifestazione per due gocce di pioggia, come il Vespa club Perugia, premiato perché il più distante da Udine.
«Ci abbiamo messo undici ore per arrivare», racconta Alberto Tamburi, in compagnia dei suoi due compagni di viaggio. Tra i premiati, durante il pranzo alla sagra di Pradamano, anche il gruppo più numeroso, nonché uno dei più goliardi, composto da una trentina di iscritti al club “Ovi duri” di Trieste. E ancora un riconoscimento è andato anche a un ragazzo che ha trainato per 10 chilometri un collega in panne. «Ha ricevuto il premio di mister Vespa perché si è distinto per il suo aspetto fisico – spiega il vicepresidente di Udine vespa club Maurizio Breda – e per la sua generosità». Sotto la pioggia, infatti, alcune vespe si sono fermate o hanno avuto qualche intoppo, anche perché alcune sono veri e propri pezzi d’antiquariato, come un modello del 1949 con cambio a bacchetta, una “sprint” con carrozzino degli anni Sessanta e una 125 “elaborata d’epoca Polini” del 1971. Tra i curiosi delle Vespa, in via Mercatovecchio, anche il calciatore della Fiorentina e amatissimo ex dell’Udinese Martin Jorgensen, che di buon mattino si è fermato a osservare le tante due ruote allineate sulla strada prima della partenza.Quelle antiche, tra l’orgoglio dei proprietari, sollevavano nubi di fumo e producevano assordanti rumori. Per gli imprevisti l’organizzazione aveva messo a disposizione un furgone di assistenza, mentre gli alpini volontari si sono occupati della viabilità. E ancora tra i partecipanti, anche il Vespa club di Como, quello di Milano, di Trieste e di Pederobba, che ha portato con sé ben 18 iscritti. «Siamo partiti alle 7.30 di mattina – dice Marco Menegazzo – e non importa se piove, perché siamo grandi appassionati dei raduni». La maggior parte dei presenti ieri partecipa anche a raduni internazionali per sfoggiare la propria vespa e per trovarsi con chi condivide la passione per la mitica due ruote. E tra tante vespe, è spuntata anche un’ape di Luigi Riva. «Ho anche una Vespa, ma piove e preferisco non bagnarmi», spiega l’iscritto all’Ape fan club di Pantianicco, che conta circa cinquanta persone. C’è poi una famiglia intera che ha partecipato al raduno: genitori e figlio a bordo di due Vespe anni Cinquanta. «Sono dello stesso modello che compare nel film Vacanze romane – spiega compiaciuto Fabrizio Zancan della provincia di Treviso – e con queste percorriamo circa 3 mila chilometri l’anno, a volte anche per percorsi lunghi». Il prossimo appuntamento, sperando nel bel tempo, è per il 3 maggio alla “Festa dei fiori” di Primulacco, quando il Vespa club Udine collaborerà con l’organizzazione per un altro raduno.Ilaria Gianfagna
«Ci abbiamo messo undici ore per arrivare», racconta Alberto Tamburi, in compagnia dei suoi due compagni di viaggio. Tra i premiati, durante il pranzo alla sagra di Pradamano, anche il gruppo più numeroso, nonché uno dei più goliardi, composto da una trentina di iscritti al club “Ovi duri” di Trieste. E ancora un riconoscimento è andato anche a un ragazzo che ha trainato per 10 chilometri un collega in panne. «Ha ricevuto il premio di mister Vespa perché si è distinto per il suo aspetto fisico – spiega il vicepresidente di Udine vespa club Maurizio Breda – e per la sua generosità». Sotto la pioggia, infatti, alcune vespe si sono fermate o hanno avuto qualche intoppo, anche perché alcune sono veri e propri pezzi d’antiquariato, come un modello del 1949 con cambio a bacchetta, una “sprint” con carrozzino degli anni Sessanta e una 125 “elaborata d’epoca Polini” del 1971. Tra i curiosi delle Vespa, in via Mercatovecchio, anche il calciatore della Fiorentina e amatissimo ex dell’Udinese Martin Jorgensen, che di buon mattino si è fermato a osservare le tante due ruote allineate sulla strada prima della partenza.Quelle antiche, tra l’orgoglio dei proprietari, sollevavano nubi di fumo e producevano assordanti rumori. Per gli imprevisti l’organizzazione aveva messo a disposizione un furgone di assistenza, mentre gli alpini volontari si sono occupati della viabilità. E ancora tra i partecipanti, anche il Vespa club di Como, quello di Milano, di Trieste e di Pederobba, che ha portato con sé ben 18 iscritti. «Siamo partiti alle 7.30 di mattina – dice Marco Menegazzo – e non importa se piove, perché siamo grandi appassionati dei raduni». La maggior parte dei presenti ieri partecipa anche a raduni internazionali per sfoggiare la propria vespa e per trovarsi con chi condivide la passione per la mitica due ruote. E tra tante vespe, è spuntata anche un’ape di Luigi Riva. «Ho anche una Vespa, ma piove e preferisco non bagnarmi», spiega l’iscritto all’Ape fan club di Pantianicco, che conta circa cinquanta persone. C’è poi una famiglia intera che ha partecipato al raduno: genitori e figlio a bordo di due Vespe anni Cinquanta. «Sono dello stesso modello che compare nel film Vacanze romane – spiega compiaciuto Fabrizio Zancan della provincia di Treviso – e con queste percorriamo circa 3 mila chilometri l’anno, a volte anche per percorsi lunghi». Il prossimo appuntamento, sperando nel bel tempo, è per il 3 maggio alla “Festa dei fiori” di Primulacco, quando il Vespa club Udine collaborerà con l’organizzazione per un altro raduno.Ilaria Gianfagna
Squadre antincendio, sorveglianti e braccialetti elettronici per i pazienti
Udine Tra le novità introdotte dal direttore generale anche la lotta alla sosta selvaggia nei viali interni
di LUANA DE FRANCISCO
Una squadra di primo intervento contro le emergenze, dagli incendi agli allagamenti, e un’altra dedicata alla vigilanza dei reparti e degli spazi comuni. E, ancora, una Conferenza permanente incaricata della salute del personale e un sistema di rilevazione continua degli errori commessi in corsia. C’è tutto questo e altro ancora nel Piano per la sicurezza approvato dall’Azienda ospedaliero-universitaria.
Il documento, che porta la firma del direttore generale Carlo Favaretti, è stato varato il 26 marzo scorso. Ma la sperimentazione di alcuni degli strumenti che concorreranno a rilanciare il concetto di sicurezza all’interno del “Santa Maria della Misericordia” risale già a qualche mese fa. É il caso del “Fire fighting team” (ossia “squadra che combatte il fuoco”), una formazione per le emergenze formata da 32 volontari, tutti operatori socio-sanitari alle dipendenze dello stesso ospedale e tutti pronti a intervenire sulle 24 ore in caso di allarme. In attesa, nelle situazioni più gravi, dell’arrivo dei Vigili del fuoco. Ed è anche il caso dell’altra squadra presente già da qualche tempo tra le corsie e i vialetti del civile: un gruppo di sei istruttori, scelti tra quelli del team, per segnalare anomalie e irregolarità. Specie in materia di sosta selvaggia. Sono loro che, dall’inizio di febbraio, vigilano sul rispetto del divieto di parcheggio sui marciapiedi e lungo i percorsi interni all’ospedale. Un giro di vite che, a tutt’oggi, ha prodotto una quarantina di rimozioni forzate.É ormai a regime anche l’utilizzo del braccialetto elettronico, una novità assoluta nel panorama ospedaliero friulano, introdotto in via sperimentale poche settimane fa e diventato già uno degli strumenti adoperati dal personale medico e infermieristico per ridurre al minimo gli errori nell’identificazione del paziente. Ma non è finita, perchè la virata verso un maggiore grado di sicurezza in ospedale parte da più lontano: dall’organizzazione stessa del lavoro. «Il cambiamento – spiega Favaretti – dovrà investire il sistema, la cultura e la struttura stessi dell’Azienda. Perchè la sicurezza – continua – rientra tra le priorità della nostra azione, alla pari dell’equità e dell’efficacia delle cure, della tempestività dei servizi e della centralità del paziente». E dovrà coinvolgere tutto il personale, dal vertice alla base.Da qui l’istituzione di una Conferenza permanente per la sicurezza, formata da un gruppo di persone incaricate di assicurare «un approccio coordinato e integrato» alla materia, e l’individuazione di un referente per la sicurezza in ogni Dipartimento. «Rispetto al passato – spiega il professor Silvio Brusaferro, responsabile della Gestione dei rischi –, quando ci si muoveva un po’ in ordine sparso, con azioni singole senza alcun coordinamento, ora abbiamo messo in piedi un sistema di rilevazione continua degli errori». Un monitoraggio a 360 gradi sulle pratiche sanitarie che, a Udine come negli altri ospedali, risultano quelle più esposte al rischio di errori: dall’igiene delle mani, spesso fonte d’infezione dei pazienti, alla collocazione dei farmaci più pericolosi nei punti meno accessibili degli armadi, e dalla non rara caduta dei malati in reparto, al non meno infrequente scambio di persona.
Il documento, che porta la firma del direttore generale Carlo Favaretti, è stato varato il 26 marzo scorso. Ma la sperimentazione di alcuni degli strumenti che concorreranno a rilanciare il concetto di sicurezza all’interno del “Santa Maria della Misericordia” risale già a qualche mese fa. É il caso del “Fire fighting team” (ossia “squadra che combatte il fuoco”), una formazione per le emergenze formata da 32 volontari, tutti operatori socio-sanitari alle dipendenze dello stesso ospedale e tutti pronti a intervenire sulle 24 ore in caso di allarme. In attesa, nelle situazioni più gravi, dell’arrivo dei Vigili del fuoco. Ed è anche il caso dell’altra squadra presente già da qualche tempo tra le corsie e i vialetti del civile: un gruppo di sei istruttori, scelti tra quelli del team, per segnalare anomalie e irregolarità. Specie in materia di sosta selvaggia. Sono loro che, dall’inizio di febbraio, vigilano sul rispetto del divieto di parcheggio sui marciapiedi e lungo i percorsi interni all’ospedale. Un giro di vite che, a tutt’oggi, ha prodotto una quarantina di rimozioni forzate.É ormai a regime anche l’utilizzo del braccialetto elettronico, una novità assoluta nel panorama ospedaliero friulano, introdotto in via sperimentale poche settimane fa e diventato già uno degli strumenti adoperati dal personale medico e infermieristico per ridurre al minimo gli errori nell’identificazione del paziente. Ma non è finita, perchè la virata verso un maggiore grado di sicurezza in ospedale parte da più lontano: dall’organizzazione stessa del lavoro. «Il cambiamento – spiega Favaretti – dovrà investire il sistema, la cultura e la struttura stessi dell’Azienda. Perchè la sicurezza – continua – rientra tra le priorità della nostra azione, alla pari dell’equità e dell’efficacia delle cure, della tempestività dei servizi e della centralità del paziente». E dovrà coinvolgere tutto il personale, dal vertice alla base.Da qui l’istituzione di una Conferenza permanente per la sicurezza, formata da un gruppo di persone incaricate di assicurare «un approccio coordinato e integrato» alla materia, e l’individuazione di un referente per la sicurezza in ogni Dipartimento. «Rispetto al passato – spiega il professor Silvio Brusaferro, responsabile della Gestione dei rischi –, quando ci si muoveva un po’ in ordine sparso, con azioni singole senza alcun coordinamento, ora abbiamo messo in piedi un sistema di rilevazione continua degli errori». Un monitoraggio a 360 gradi sulle pratiche sanitarie che, a Udine come negli altri ospedali, risultano quelle più esposte al rischio di errori: dall’igiene delle mani, spesso fonte d’infezione dei pazienti, alla collocazione dei farmaci più pericolosi nei punti meno accessibili degli armadi, e dalla non rara caduta dei malati in reparto, al non meno infrequente scambio di persona.
Il 3º artiglieria da montagna dovrebbe essere trasferito a Udine
Tolmezzo Mobilitazione cittadina: 350 persone potrebbero perdere il lavoro
TOLMEZZO. La città si mobilita per le penne nere del Terzo reggimento, che potrebbero essere trasferiti a Udine. Un’eventualità che avrebbe, a detta di tutti, gravi conseguenze economiche: sarebbero almeno 350 i posti di lavoro a rischio, con una perdita di reddito - è stato calcolato - di 10-12 milioni annui.E la politica si attiva. La Lega Nord ha interessato il senatore Pittoni. Si muove anche il collega Collino, che assicura: una via di uscita si può trovare. Infine, il Pd, per voce del consigliere comunale Adriano Rainis, chiede «meno pubblicità elettorale e più attenzione per la città».
Il senatore Pittoni, al quale si sono rivolti Aurelia Bubisutti e Ivan Pascolo, «ha raccolto l’appello - affermano i due esponenti locali della Lega nord - e ha assicurato che si impegnerà da subito per fare sì che non ci siano interventi singoli ma un efficace proposta collegiale di tutti gli schieramenti politici della regione».«Ritengo che una via d’uscita per salvare la presenza degli alpini a Tolmezzo si posso trovare. Ne ho parlato con il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, che ha condiviso questa riflessione». afferma invece il collega Giovanni Collino (Pdl). «Uno dei problemi è proprio quello del vincolo delle Belle arti: a questo proposito Crosetto ha informato il ministro Bondi e la prossima settimana terremo un vertice a Roma per tentare di sbloccare la situazione. Non c’è dubbio che una ristrutturazione delle forze armate legate anche all’ottimizzazione delle risorse vada fatta – conclude il senatore del Pdl - però ciò non toglie il fatto che il Sottosegretario abbia compreso quale è la posizione strategica di Tolmezzo, capoluogo della Carnia, e il rapporto che la città ha con gli alpini».Infine, preoccupazione per la potenziale perdita di 350 posti di lavoro sono state espresse dal consigliere comunale di Tolmezzo del Pd Adriano Rainis. «L’interrogazione del senatore Pegorer è nata dopo che siamo venuti a conoscenza degli incontri che gli ex assessori Marsilio e Iacop avevano avuto con rappresentanti dello Stato Maggiore dell'Esercito in merito alla permanenza in alto Friuli dei militari». La richiesta era di interventi sostanziali alla “Del Din” e alla “La Marmora” per garantire abitibilità e sicurezza e si sarebbe alienata, in favore del comune di Tolmezzo, la caserma Cantore. «Purtroppo gli attuali amministratori regionali - afferma Rainis - non hanno proseguito la trattativa e Tolmezzo si trova a perdere, nonostante le rassicurazioni del senatore Saro e dello stesso vice ministro Crosetti, 350 posti di lavoro che avrebbero prodotto un reddito annuo di 10-12 milioni di euro. È questo l'occhio di riguardo di Tondo e Cacitti per Tolmezzo? Sono in ballo anche l'ospedale ed il tribunali, per i quali non sono mancate rassicurazioni ministeriali che ancora non convincono». Rainis termina chiedendo «meno pubblicità elettorale per interventi da 500mila euro e più attenzione, almeno, a mantenere le strutture storiche di impiego a Tolmezzo».
Il senatore Pittoni, al quale si sono rivolti Aurelia Bubisutti e Ivan Pascolo, «ha raccolto l’appello - affermano i due esponenti locali della Lega nord - e ha assicurato che si impegnerà da subito per fare sì che non ci siano interventi singoli ma un efficace proposta collegiale di tutti gli schieramenti politici della regione».«Ritengo che una via d’uscita per salvare la presenza degli alpini a Tolmezzo si posso trovare. Ne ho parlato con il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, che ha condiviso questa riflessione». afferma invece il collega Giovanni Collino (Pdl). «Uno dei problemi è proprio quello del vincolo delle Belle arti: a questo proposito Crosetto ha informato il ministro Bondi e la prossima settimana terremo un vertice a Roma per tentare di sbloccare la situazione. Non c’è dubbio che una ristrutturazione delle forze armate legate anche all’ottimizzazione delle risorse vada fatta – conclude il senatore del Pdl - però ciò non toglie il fatto che il Sottosegretario abbia compreso quale è la posizione strategica di Tolmezzo, capoluogo della Carnia, e il rapporto che la città ha con gli alpini».Infine, preoccupazione per la potenziale perdita di 350 posti di lavoro sono state espresse dal consigliere comunale di Tolmezzo del Pd Adriano Rainis. «L’interrogazione del senatore Pegorer è nata dopo che siamo venuti a conoscenza degli incontri che gli ex assessori Marsilio e Iacop avevano avuto con rappresentanti dello Stato Maggiore dell'Esercito in merito alla permanenza in alto Friuli dei militari». La richiesta era di interventi sostanziali alla “Del Din” e alla “La Marmora” per garantire abitibilità e sicurezza e si sarebbe alienata, in favore del comune di Tolmezzo, la caserma Cantore. «Purtroppo gli attuali amministratori regionali - afferma Rainis - non hanno proseguito la trattativa e Tolmezzo si trova a perdere, nonostante le rassicurazioni del senatore Saro e dello stesso vice ministro Crosetti, 350 posti di lavoro che avrebbero prodotto un reddito annuo di 10-12 milioni di euro. È questo l'occhio di riguardo di Tondo e Cacitti per Tolmezzo? Sono in ballo anche l'ospedale ed il tribunali, per i quali non sono mancate rassicurazioni ministeriali che ancora non convincono». Rainis termina chiedendo «meno pubblicità elettorale per interventi da 500mila euro e più attenzione, almeno, a mantenere le strutture storiche di impiego a Tolmezzo».
LE SFIDE DEL CAVALIERE
A COLPI DI SHOW di ALCIDE PAOLINI
Cogliere al volo le sfide per dimostrare le proprie capacità di risolverle fa parte certamente della filosofia del comando di Berlusconi, che in queste occasioni dà certamente il meglio di sé, essendo più libero di muoversi a suo piacimento, senza i se e i ma e le infinite regole e remore e gli obblighi e i cavilli che tanto lo infastidiscono.Negli ultimi tempi lo ha dimostrato in varie occasioni, a cominciare da quando ha copiato d’impulso l’audace sfida veltroniana di unificare Ds e Margherita per dare vita a un partito unico, il Pd, a vocazione maggioritaria, mettendo insieme, a sua volta, Forza Italia e An, a dispetto della volontà di gran parte dei partiti stessi e dei loro colonnelli, costretti a inghiottire il rospo del Pdl, di cui il Cavaliere è praticamente l’intestatario. E si è ripetuto con la crisi dei rifiuti in Campania, dove ha dimostrato ancora una volta le sue indubbie capacità padronali, oltre che manageriali, trasformando la tristissima situazione in un gigantesco spettacolo popolare, con grande ritorno di immagine per se stesso e per il suo partito. Che poi il problema di fondo non sia affatto risolto è tutta un’altra storia. In una sorta di sfida è riuscito a trasformare perfino l’approccio alla drammatica crisi finanziaria mondiale, nella quale ovviamente è stato coinvolto anche il nostro paese. Sfida che Berlusconi ha colto immediatamente, diffondendo a piene mani ottimismo, raccomandando e spiegando agli italiani che se lo avessero ascoltato, facendo praticamente finta di niente (vale a dire spendendo e spandendo), ci avrebbe pensato lui a far sì che gli effetti della crisi, almeno per il nostro paese, si risolvessero da sé, prima ancora che in altri, senza gravi sacrifici per nessuno e soprattutto senza che il governo mettesse le mani in tasca ai cittadini. E anche in questo caso, indipendentemente da come sono andate e da come andranno le cose, nel senso che il problema era ed è più grande di lui e i suoi consigli non hanno certo modificato i comportamenti di nessuno, l’effetto propagandistico ha giovato alla sua immagine di leader unico sul quale fare assegnamento. E siamo arrivati alla tragedia del terremoto in Abruzzo, l’ennesima sfida di cui il Cavaliere ha preso personalmente in mano il pallino e con straordinaria abilità promozionale (qui non ci interessa la sincerità della sua partecipazione umana, che diamo per scontata, ma la tecnica usata) ha improvvisato uno spettacolo nel quale il suo stesso Pdl praticamente scompare, perché ancora una volta il deus ex machina è lui e solo lui. E, al massimo, qualche riflesso positivo può posarsi sul suo collaboratore preferito, in questo caso Bertolaso. Naturalmente, la situazione, oltre alla drammatica tragedia umana che contempla, ha anche un grave aspetto economico-finanziario di non facile soluzione. Ma non è certo questo l’aspetto che spaventa il Cavaliere. Il quale, prima di tutto, ci ha tenuto a dichiarare pubblicamente che «non introdurrà nuovi balzelli». E dopo ha esortato la popolazione ad avere fiducia in lui, promettendo che la situazione sarebbe tornata alla normalità nel più breve tempo possibile, perché i fondi per la ricostruzione, che secondo il ministro Maroni ammonterebbero a 12 miliardi, si sarebbero trovati rapidamente. Il che, per un paese che fino a pochi giorni prima non trovava i mezzi per dare un assegno ai nuovi disoccupati e dichiarava che quelli per la cassa integrazione erano già finiti, sembrerebbe un rebus insolubile. A meno che il governo non tenga nascosto un misterioso tesoretto. Ed è per questo che ha suscitato una certa sorpresa la dichiarazione del governo che ci sarebbero già 9 miliardi disponibili. Il che induce a sospettare che o fin qui ci aveva raccontato frottole oppure si tratta della solita partita di giro, nel senso che quei miliardi verranno tolti ad altri capitoli di spesa, a cominciare, come ha già scritto qualcuno, dal Fondo per le imprese. Resta comunque difficile giustificare il fatto che ci si accinga a buttar via i 440 milioni di euro che costerebbe il referendum, se davvero non si vorrà farlo coincidere con le elezioni europee (l’election-day), solo perché la Lega è contraria. Come giustificare una decisione del genere di fronte ai terremotati? Rassicurandoli, appunto, che i soldi ci sono. In realtà è molto probabile che si tratti di pura propaganda, in attesa delle elezioni europee. Dopo si vedrà. Berlusconi, infatti, considera fondamentale un forte successo alle elezioni europee per consolidare ulteriormente l’indiscutibilità della sua leadership assoluta, anche nei confronti della Lega, la cui crescita potrebbe intralciare la sua marcia trionfale verso il 51%. Una meta per la quale sembra ormai disposto a tutto, fosse pure, ove lo ritenesse davvero necessario, alla rinuncia al Ponte sullo stretto. Che cosa ci insegnino tutte queste sfide, trasformate immancabilmente in imponenti show atti a celebrare la sua unicità, è presto detto: anche in politica, ormai, vince lo spettacolo. Basta chiedersi, dopo i tanti successi personali di Berlusconi, che gli hanno fruttato un consenso senza precedenti, in che cosa la situazione dei cittadini italiani sia migliorata. Nell’economia? Nelle liberalizzazioni? Nella sicurezza? Nella previdenza? Nell’accorciamento della distanza tra ricchi e poveri? Risponda il lettore. Quanto al terremoto, che cosa dire se si è costretti a cercare di imitare ciò che è stato fatto in Friuli? Solo che in Friuli non ci sono stati spettacolari show personali o passerelle a effetto e nemmeno grandi promesse, ma soltanto il sentimento reale della tragedia, affrontato soprattutto con grande senso di responsabilità.
SHANGHAI. «Dopo l’exploit di Monza sotto la pioggia un anno fa, Vettel si ripete nel diluvio di Shanghai. Il 21enne tedesco della Red Bull domina il Gran Premio della Cina dopo un’appassionante battaglia sul bagnato con la Brawn Gp del leader della classifica Jenson Button, terzo alla fine, e insieme al suo compagno di squadra Mark Webber regalano alla Red Bull una storica doppietta. Quarto Barrichello, mentre per la Ferrari è stato un vero disastro con il terzo Gran Premio consecutivo concluso a zero punti: Massa fuori gara per un problema elettrico e Raikkonen solo decimo. Pronti via, si parte in fila indiana dietro alla Safety Car.
Una leggera pioggia è caduta fin dalla mattina su Shanghai (il gran Premio è partito alle 15 locali) e la pista è scivolosa.Dopo otto giri dietro alla safety-car cominciano a prendere il largo le Red Bull e le Brawn Gp, ma insieme con le McLaren e alle Toyota, le Ferrari sembrano tenere il ritmo. Felipe Massa, dopo una spettacolare rimonta che l’ha portato dal 13° al terzo posto, dovrà abbandonare la gara quando mancano 35 giri alla conclusione. Anche Kimi Raikkonen combatte con le unghie e con i denti fino ad arrivare al quinto posto. La safety-car rientra al decimo giro dopo un incidente tra la Bmw Sauber di Robert Kubica e la Toyota di Jarno Trulli, che finirà col ritirarsi. Poco dopo Massa, che sembrava alla caccia di Button, si ferma, probabilmente per un guasto al sistema elettrico. Raikkonen resiste per qualche giro in più nelle prime posizioni. È ancora quinto quando il motore della sua F60 perde potenza a causa della pioggia e scivola al 15° posto. Per il resto della gara cerca di risalire, conquista qualche posizione ma non riesce ad andare oltre il decimo posto.Dietro alle due Red Bull e alle due Brawn Gp si piazza la McLaren di Heikki Kovalainen e, sesta, quella del campione del mondo in carica Lewis Hamilton. Sorprendente Adrian Sutil, il tedesco della Force India, che cede il sesto posto ad Hamilton solo a cinque giri dalla fine, per un incidente che toglie alla scuderia indiana la soddisfazione dei primi punti. Settima è arrivata la Toyota rimasta in gara, quella di Timo Glok dietro al quale ha tagliato il traguardo un altro giovanissimo di belle speranze, il 21enne Sebastien Buemi della Toro Rosso. Sfortunato dopo la bella prova nelle qualificazioni Fernando Alonso. Lo spagnolo della Renault è entrato ai box poco prima dell’uscita della safety car che aveva guidato la partenza e rientrando in pista si è trovato nelle ultime posizioni, concludendo al nono posto. Solo quattordicesimo l’altro italiano Giancarlo Fisichella su Force India al termine di una prova senza guizzi.In testa al Mondiale piloti resta l’inglese della Brawn Gp Jenson Button con 21 punti seguito dal compagno di squadra Barrichello (15), Vettel e Glock, entrambi a 10. Nella classifica costruttori al comando la Brawn Gp (36 punti) davanti alla Red Bull che con la doppietta sale a quota 19,5 e alla Toyota (18,5).«È la seconda vittoria con pista bagnata, posso solo sperare che arrivi altra pioggia», ammette il 21enne tedesco Sebastien Vettel. «È stato veramente incredibile per la Red Bull avere due primi posti, sono estremamente felice» ha affermato il giovane campione, che sul podio non è riuscito a trattenere la commozione e si è ferito ad una mano con il trofeo appena ricevuto. «È stato davvero difficile tenere la macchina in pista, a tratti sembrava di andare in motoscafo, sembrava che dalla pista scendesse un fiume», ha aggiunto il tedesco. L’impresa della Red Bull appare ancor più significativa se si pensa che la scuderia della celebre bevanda è andata più veloce di tutti gli altri team senza usare nessuna delle due diavolerie tecnologiche scoperte quest’anno dai maghi della F1: il Kers e i famosi diffusori col buco.
L’assalto dei visitatori agli antichi castelli
La pioggia non ha intimorito i visitatori di Castelli aperti. L’iniziativa, conclusasi ieri sera e promossa dal Consorzio per la salvaguardia dei castelli storici del Friuli Venezia Giulia, ha infatti contato ben 7 mila presenze durante la due giorni nei 14 manieri sparsi per la regione. La grande attrazione di quest’anno, l’ottavo di vita della manifestazione, è stata l’apertura al pubblico della Rocca Bernarda essendo la prima occasione per visitare dall’interno l’antica fortificazione costruita sul colle di Ipplis. Erano aperti al pubblico, inoltre, il castello di Muggia in provincia di Trieste, palazzo Lantieri a Gorizia, Castel Cosa, il castello di Cordovado, i palazzi d’Attimis Maniago e Panigai-Ovio nel Pordenonese e, in provincia di Udine, la casaforte La Brunelde, i castelli di Arcano, Cassacco, Susans, Villalta, Rocca Bernarda e i palazzi Steffaneo-Roncato e Romano.Niente paura per chi avesse perso l’occasione di fare un balzo di almeno sei secoli all’indietro per rivivere la storia del Friuli e dei suoi nobili: già pronto il bis della manifestazione fissato per il prossimo ottobre. Piace dunque il punto di vista proposto dal Consorzio per la salvaguardia dei castelli storici a tutti i visitatori. Spesso i manieri sono stati illustrati dai proprietari stessi, ma l’approfondimento sulla storia del territorio antico si accompagna anche alla scoperta delle eccellenze del territorio moderno. Grazie a un accordo con la Confartigianato, infatti, i turisti, giunti da tutta la regione, ma anche da Austria e Slovenia, hanno potuto assaporare con il gusto e con gli occhi le nostre specialità: quelle della cucina prima di tutto, ma anche quelle proposte da arte e botanica. Spiccava fra i molti creativi presenti Stefano Bernabei, affrescatore di fama internazionale che ha realizzato opere persino a Tokyo.Entusiasta dunque l’eterogeneo popolo dei castelli. All’uscita dei manieri nonostante la fastidiosa pioggerellina caduta per l'intera giornata tutti avevano il sorriso stampato sul volto, come nel caso dell'udinese Daniela Cietto: «È giusto e democratico organizzare una manifestazione così - ci dice - perché si dà a tutti l’opportunità di godere di meraviglie che, altrimenti, rimarrebbero appannaggio di pochi». E un plauso va anche ai proprietari che si sono resi cortesemente disponibili per un simile impegno: «L’aspetto migliore e caratterizzante nella due giorni è che spesso sono i proprietari stessi a illustrare la propria dimora - afferma Sergio Ruspone, di Udine -. Chi meglio di loro può conoscere l’evoluzione storica e la vita stessa dei castelli? In questo modo tutti possiamo cogliere lo spirito vero di questi luoghi e capire dove affondano le loro radici. Per esempio, nelle antiche cucine si possono scoprire attrezzi che un tempo erano d’uso quotidiano mentre oggi finiamo sempre con l’interrogarci sul tipo di loro utilizzo». «Opportunità imperdibile»: queste le parole che hanno messo tutti d’accordo lungo gli antichi selciati. «Purtroppo simili meraviglie spesso si possono ammirare solo dall’esterno - dice Diego Munari, di Ronchi dei Legionari, che avviciniamo mentre sta apprezzando con il naso all’insù un dipinto seicentesco -. Seguo da anni l’iniziativa e non ho mai perso l’occasione anche perché le guide che accompagnano i visitatori sono sempre valide e preparate».Gli fanno eco le parole di Gabriele Cagnani e Luca Rossi che poi sottolineano «l’importanza di manifestazioni come questa perché di solito siamo abituati ad andare fuori regione, o all’estero, per apprezzare la storia e l’arte presentate così. Inoltre, in questo modo si favoriscono il turismo "indigeno" e i proprietari dei castelli stessi che, grazie ai visitatori, possono continuare a mantenere vivi gli edifici e a curare con tanta attenzione punti di riferimento essenziali per la storia delle nostre zone». Molti sono poi i visitatori favorevolmente colpiti «dalla cura e dalla precisione delle ristrutturazioni - come testimonia Silvia Masetto -: rispecchiano l’impegno che i proprietari hanno profuso lungo i secoli e nei tempi recenti». Alcuni invece si rammaricano per il fatto «che sono troppo poche le occasioni per ammirare simili bellezze - come lamenta la pordenonese Patrizia Bossi -: certo però che essendo abitazioni private l’impegno dei proprietari è già di per sé encomiabile». La goriziana Maria Fontanin, consigliata dalla figlia guida turistica a non mancare a un’occasione del genere, trova «un po’ complicati i tragitti per raggiungere le dimore perché poco segnalate, ma - aggiunge - ne è valsa davvero la pena».Ad accogliere i visitatori, come detto, erano i proprietari che hanno deliziato i presenti narrando singolari aneddoti. Come nel caso di Marina Romano, padrona di casa nella villa Romano, a Manzano, zona dove è nata la famosa produzione di sedie. «Nell'immediato dopo guerra - ha raccontato la contessa - proprio davanti al giardino di casa erano sorti i primi laboratori per la produzione da destinare ai militari. A collaudarla era un maresciallo che teneva sempre tutti sul chi vive perché testava la bontà delle sedie scagliandole contro una colonna. Quelle che resistevano all'urto erano vendute, ma le altre...».Michela Zanutto
MANZANO
di ALESSANDRA CESCHIA
SAN GIOVANNI AL NATISONE. Dai manager della sedia ai professionisti del credito: questa la task force che l’Asdi sta preparando per dare nuove chance al Distretto, alle prese con una congiuntura che ha ridotto a mezzo migliaio il numero delle imprese artigiane attive sul territorio. Attivato il master per manager che riparte a settembre, ora si punta a preparare esperti di finanza per le Pmi.
L’idea è semplice e ambiziosa al contempo: il rapporto fra banche, aziende e Confidi si è inceppato, le rigide griglia introdotte da Basilea2 hanno ridotto drasticamente il credito e le aziende non sono più in grado di accedere al credito. Ecco perché Asdi Sedia intende tenere a battesimo un corso di formazione per operatori che si occupano della gestione delle imprese (commercialisti, consulenti aziendali, responsabili di Enti, responsabili amministrativi e finanziari della Pmi) cui, docenti di spicco garantiranno nozioni di finanza agevolata, strumenti di sostegno alle microimprese, strategie di sviluppo. L’iniziativa sarà presentata mercoledì 29 alle 17 all’Ipsia “Mattioni” di San Giovanni al Natisone. L’obiettivo è fornire una panoramica completa degli strumenti di analisi e di supporto per rispondere adeguatamente ai momenti attuali di mutamento economico.«La mission principale – continua De Sabbata – sarà la conoscenza e l’utilizzo degli strumenti finanziari a disposizione dell’imprenditore e del professionista che lo assiste e lo affianca. Sarà fornita al partecipante un’ampia panoramica di tutte le opportunità in materia di finanza agevolata e delle normali operazioni gestionali a livello strategico. In particolare saranno approfondite le operazioni per la predisposizione della documentazione specifica nelle varie forme di intervento e sarà illustrato l’approccio valutativo degli Istituti preposti».Il progetto sarà aperto anche a piccoli imprenditori interessati alla particolare tematica e sarà inserito nei percorsi formativi dei Dottori Commercialisti; l’attestato di frequenza darà infatti diritto ai crediti formativi.Maggiori informazioni sul corso sono disponibili sul sito www.asdisedia.comOltre a questo corso, che ha principalmente caratteristiche di aggiornamento sulle tecniche di finanza operativa (le iscrizioni si apriranno a maggio), a settembre prenderà il via il prestigioso “Master della Sedia” che vedrà la partecipazione del Mip di Milano e sarà rivolto principalmente a giovani manager.
L’idea è semplice e ambiziosa al contempo: il rapporto fra banche, aziende e Confidi si è inceppato, le rigide griglia introdotte da Basilea2 hanno ridotto drasticamente il credito e le aziende non sono più in grado di accedere al credito. Ecco perché Asdi Sedia intende tenere a battesimo un corso di formazione per operatori che si occupano della gestione delle imprese (commercialisti, consulenti aziendali, responsabili di Enti, responsabili amministrativi e finanziari della Pmi) cui, docenti di spicco garantiranno nozioni di finanza agevolata, strumenti di sostegno alle microimprese, strategie di sviluppo. L’iniziativa sarà presentata mercoledì 29 alle 17 all’Ipsia “Mattioni” di San Giovanni al Natisone. L’obiettivo è fornire una panoramica completa degli strumenti di analisi e di supporto per rispondere adeguatamente ai momenti attuali di mutamento economico.«La mission principale – continua De Sabbata – sarà la conoscenza e l’utilizzo degli strumenti finanziari a disposizione dell’imprenditore e del professionista che lo assiste e lo affianca. Sarà fornita al partecipante un’ampia panoramica di tutte le opportunità in materia di finanza agevolata e delle normali operazioni gestionali a livello strategico. In particolare saranno approfondite le operazioni per la predisposizione della documentazione specifica nelle varie forme di intervento e sarà illustrato l’approccio valutativo degli Istituti preposti».Il progetto sarà aperto anche a piccoli imprenditori interessati alla particolare tematica e sarà inserito nei percorsi formativi dei Dottori Commercialisti; l’attestato di frequenza darà infatti diritto ai crediti formativi.Maggiori informazioni sul corso sono disponibili sul sito www.asdisedia.comOltre a questo corso, che ha principalmente caratteristiche di aggiornamento sulle tecniche di finanza operativa (le iscrizioni si apriranno a maggio), a settembre prenderà il via il prestigioso “Master della Sedia” che vedrà la partecipazione del Mip di Milano e sarà rivolto principalmente a giovani manager.
UDINE
«Hristos a inviat». Ovvero Cristo è risorto. Proclamando questa formula rituale più volte durante la liturgia, la comunità romena ortodossa ha celebrato la Pasqua anche nel capoluogo friulano. Circa 500 fedeli si sono raccolti nella chiesa di San Basilio il Grande, in via Tomadini, per la veglia tra sabato e domenica. Secondo il calendario giuliano questo anno la Pasqua ortodossa, a differenza di quella cattolica, cadeva il 19 aprile. «Il momento pasquale è molto sentito, come Natale. Ogni anno la partecipazione è grande. Certo, c’è chi torna in Romania per qualche giorno dato che la distanza dal Friuli non è molta. Oltre ai fedeli romeni, comunque, frequentano la parrocchia anche alcuni albanesi, macedoni e serbi», spiega padre Iustinian Deac, guida spirituale della comunità romeno-ortodossa delle province di Udine e Gorizia che conta 8 mila fedeli: «Secondo l’Istat nelle due province i romeni ortodossi sono l’86%». Se la funzione è in romeno, la lingua non è un ostacolo per gli ortodossi di altre nazionalità: «La liturgia è uguale, quindi si riesce lo stesso seguire», osserva Daria Iordache, presidente dell’associazione dei romeni.Il fascino di un rito tradizionale, la veglia pasquale ortodossa, che lascia scoprire le comuni radici cristiane, al di là delle appartenenze geografiche. A presenziare per la prima volta alla Pasqua ortodossa l’altra sera, anche monsignor Giulio Gherbezza. Gremita la chiesa di San Basilio, tanto che molti fedeli sono rimasti in strada. Ma tutti con in mano una candela. Al suono della simandra (la campana in legno di abete di tradizione greca) padre Iustinian ha varcato le "Porte Imperiali", lignee e ornate dalle icone, che dividono l’altare dal presbiterio con un cero e ha invitato i presenti a prendere la luce. Tradizione vuole che si porti a casa la candela come simbolo di gioia e speranza. Quindi usciti sul sagrato della chiesa, è stato letto il passo del Vangelo di Matteo in cui Maria Maddalena e le donne scoprono il sepolcro vuoto. A mezzanotte, bussando tre volte con la croce alla porta della chiesa, il sacerdote ha annunciato che Cristo è risorto e spalancato le porte. La messa è continuata all’interno con canti e preghiere fino alle 4.30 del mattino. Suggestiva, inoltre, la distribuzione ai fedeli del pane bagnato nel vino rosso per richiamare il corpo e il sangue di Gesù. Pane che si porta a casa e consumare anche con gli ammalati.A festeggiare la Pasqua ortodossa nella nostra città anche altre comunità cristiane di rito orientale. Gli ortodossi russi, ad esempio, che fanno capo al Patriarcato di Mosca, hanno celebrato la messa pasquale ieri mattina alla Casa dell’Immacolata. Tradizione comune a tutti, però, le uova dipinte di rosso.Aurora Malta
TOLMEZZO
TOLMEZZO. Era un personaggio, una “voce”, nel vero senso della parola, della Carnia, una "penna" graffiante, precisa, scomoda alle volte; educatore (era maestro elementare); intrattenitore (chi non lo ricorda fisarmonicista nel complesso “Carlos Key” che poi voleva dire in un inglese maccheronico “quelli di Carlo”). Sabato è scomparso all'ospedale di Tolmezzo, Carlo Di Monte, classe 1931. Da maestro aveva chiuso la carriera alla scuola elementare di Casanova di Tolmezzo; da penna graffiante aveva collaborato per tanti anni con Il Gazzettino; quale voce (l'intonazione era quella roca del grande Ciotti) aveva collaborato con Radio Studio Nord nella redazione del giornale radio e con Taf (Tele Alto Friuli) per quanto riguardava gli avvenimenti sportivi della Carnia. Del calcio carnico, in particolare, sapeva di tutto. Quando l'allora Pro Tolmezzo (subito dopo il terremoto del 1976) militava nella Serie D (l'attuale Quarta Serie) non ha perso una partita, neanche in trasferta.È stato anche uno dei fondatori del Panthlon Club “Alto Friuli”. Quale maestro era di grande cultura, coinvolgente, amato dagli scolari. Politicamente si dichiarava anarchico, ma più per snob, fondamentalmente era liberale, tanto che aveva contribuito anche alla costituzione di una sezione del Pli (che aveva avuto pure l'imprimatur dell'onorevole Spadolini nel corso di una sua visita a Tolmezzo).Sergente di complemento degli alpini, nel 2004 aveva ricevuto anche una visita dell'appena eletto presidente nazionale dell'Ana Corrado Perona, con il quale aveva svolto il servizio militare.Carlo Di Monte, una volta presente a tutti gli appuntamenti cittadini, da oltre 10 anni si era ritirato a vita privata, a causa anche di problemi di deambulazione: lo tradiva un'anca, residuo di un incidente stradale, che da sempre si era rifiutato di “sistemare”. Aveva continuato a coltivare i propri hobby senza tralasciare, però, la penna che, modernizzandosi, l'aveva trsformata in computer.Ai primi di aprile si era ricoverato per un intervento, ma sono sorte complicazioni.Questa sera, nella chiesa di Santa Caterina, avrà luogo la recita del rosario mentre i funerali avanno luogo domani alle 14.30, proprio nel giorno in cui avrebbe compiuto 78 anni, nel Duomo di Tolmezzo.Fausto Coradduzza
UDINE
di GIACOMINA PELLIZZARI
Nel presidio Safilo di Martignacco, ieri, è stata una domenica di riflessione in attesa delle assemblee. Oggi gli operai decideranno se autorizzare Cgil, Cisl e Uil a proporre al tavolo aziendale l’utilizzo della Cassa integrazione straordinaria (Cigs) solo per i lavoratori friulani. Questa la proposta messa a punto, per salvare lo stabilimento di Precenicco, dalle organizzazioni sindacali dopo lo strappo con i colleghi veneti. Se sarà così i dipendenti percepiranno 815 anziché 1.100 euro al mese. La valutazione terrà conto anche della quadratura del bilancio familiare.
Ieri sotto il tendone, davanti alla fabbrica, non si parlava d’altro. Ai lavoratori non va giù il voltafaccia dei veneti dopo che questi ultimi avevano partecipato alla manifestazione in piazza, a Udine. E come se non bastasse avevano anche espresso al prefetto, Ivo Salemme, le loro preoccupazioni per il futuro occupazionale della Safilo.«La proposta ottimale sarebbe quella di estendere la Cigs a tutti i lavoratori del gruppo» ripetono i friulani ben sapendo che non potranno insistere su questa proposta perché l’Azienda, grazie alla frattura sindacale, potrebbe rispondere con la messa in mobilità. Tutto lascia supporre, insomma, che l’unica via d’uscita per mantenere aperto lo stabilimento di Precenicco, sia proprio la Cigs per uno o tre anni, a seconda se la motivazione sarà legata alla crisi o alla chiusura degli stabilimenti. I dettagli saranno definiti il 29 aprile a Santa Maria di Sala (Pd), nel nuovo confronto con il vertice aziendale.I lavoratori però fanno i conti perché in Cassa integrazione straordinaria percepiranno 815 euro al mese. E qualcuno già sta facendo notare che con quella cifra non sarà in grado di pagare il mutuo. Anche perché per qualcuno già ora, con lo stipendio pieno, è difficile far quadrare il bilancio familiare. Mediamente, gli stipendi Safilo non superano i 1.100 euro mensili. «Lavoriamo in due – riferisce Carlo Brandes – il mio stipendio però lo spendiamo tutto per il mutuo». E ancora: «Non si può stare senza lavoro». Chi cerca l’alternativa c’è, ma in periodo di crisi economica non è così scontato riuscire a trovare un altro posto di lavoro. Nello stabilimento Safilo di Martignacco lavorano anche diverse coppie: «Io da 11 anni, mia moglie da 9, se proprio devo scegliere preferisco che sia mia moglie a rimanere qui» racconta Salvatore Vizza, prima di aggiungere: «Siamo molto delusi, non avremmo mai pensato di arrivare a questo punto».Nel presidio Safilo, infatti, si vive alla giornata. Sono le parole di Virna Blaseotto, 41 anni, mamma di un bimbo di poco più di un anno, che si definisce «molto demoralizzata». Ma nonostante ciò non vuole perdere la speranza. Qui, tra le tende, emergono tutte le difficoltà. «Mio marito lavora in un’altra fabbrica con turni diversi dai miei che finora – spiega Sandra Pascolo – ci hanno consentito di non iscrivere il bambino all’asilo nido, se perdo il lavoro non so come faremo. Andrò a fare le pulizie». Irene Parlante, invece, fa notare che «con mille euro di stipendio e 460 di canone di affitto da pagare è dura. La sera quando spengo la luce la testa parte».Storie più o meno tutte uguali raccontate anche sabato sera da una delegazione dei lavoratori nel corso del monologo “Romeo e Giulietta poesia e carnalità” interpretato a palazzo Picco, a Fagagna, da Alessandro Di Pauli, in replica stasera, alle 21, nel presidio di Martignacco. L’ingresso è libero. Anche questo è un modo per portare solidarietà ai lavoratori Safilo che da diverse settimane presidiano lo stabilimento per tentare di salvare i posti di lavoro.
Ieri sotto il tendone, davanti alla fabbrica, non si parlava d’altro. Ai lavoratori non va giù il voltafaccia dei veneti dopo che questi ultimi avevano partecipato alla manifestazione in piazza, a Udine. E come se non bastasse avevano anche espresso al prefetto, Ivo Salemme, le loro preoccupazioni per il futuro occupazionale della Safilo.«La proposta ottimale sarebbe quella di estendere la Cigs a tutti i lavoratori del gruppo» ripetono i friulani ben sapendo che non potranno insistere su questa proposta perché l’Azienda, grazie alla frattura sindacale, potrebbe rispondere con la messa in mobilità. Tutto lascia supporre, insomma, che l’unica via d’uscita per mantenere aperto lo stabilimento di Precenicco, sia proprio la Cigs per uno o tre anni, a seconda se la motivazione sarà legata alla crisi o alla chiusura degli stabilimenti. I dettagli saranno definiti il 29 aprile a Santa Maria di Sala (Pd), nel nuovo confronto con il vertice aziendale.I lavoratori però fanno i conti perché in Cassa integrazione straordinaria percepiranno 815 euro al mese. E qualcuno già sta facendo notare che con quella cifra non sarà in grado di pagare il mutuo. Anche perché per qualcuno già ora, con lo stipendio pieno, è difficile far quadrare il bilancio familiare. Mediamente, gli stipendi Safilo non superano i 1.100 euro mensili. «Lavoriamo in due – riferisce Carlo Brandes – il mio stipendio però lo spendiamo tutto per il mutuo». E ancora: «Non si può stare senza lavoro». Chi cerca l’alternativa c’è, ma in periodo di crisi economica non è così scontato riuscire a trovare un altro posto di lavoro. Nello stabilimento Safilo di Martignacco lavorano anche diverse coppie: «Io da 11 anni, mia moglie da 9, se proprio devo scegliere preferisco che sia mia moglie a rimanere qui» racconta Salvatore Vizza, prima di aggiungere: «Siamo molto delusi, non avremmo mai pensato di arrivare a questo punto».Nel presidio Safilo, infatti, si vive alla giornata. Sono le parole di Virna Blaseotto, 41 anni, mamma di un bimbo di poco più di un anno, che si definisce «molto demoralizzata». Ma nonostante ciò non vuole perdere la speranza. Qui, tra le tende, emergono tutte le difficoltà. «Mio marito lavora in un’altra fabbrica con turni diversi dai miei che finora – spiega Sandra Pascolo – ci hanno consentito di non iscrivere il bambino all’asilo nido, se perdo il lavoro non so come faremo. Andrò a fare le pulizie». Irene Parlante, invece, fa notare che «con mille euro di stipendio e 460 di canone di affitto da pagare è dura. La sera quando spengo la luce la testa parte».Storie più o meno tutte uguali raccontate anche sabato sera da una delegazione dei lavoratori nel corso del monologo “Romeo e Giulietta poesia e carnalità” interpretato a palazzo Picco, a Fagagna, da Alessandro Di Pauli, in replica stasera, alle 21, nel presidio di Martignacco. L’ingresso è libero. Anche questo è un modo per portare solidarietà ai lavoratori Safilo che da diverse settimane presidiano lo stabilimento per tentare di salvare i posti di lavoro.

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